La Teoria

MMP Blog #52: Conclusione: la natura della Moneta (1)

MMP Blog #52: Conclusione: la natura della Moneta (1)

Il Primer ha fatto il suo corso. Non sono riuscito ad affrontare proprio tutti gli argomenti che mi ero proposto. Comunque chi tra voi vuole l’intero Primer può leggere Il Libro: Modern Money Theory: A Primer on Macroeconomics for Sovereign Monetary Systems. Prenotate la vostra copia qui.

Come dicono i commercianti, se il Blog vi è piaciuto, amerete il Libro. Mentre proseguivamo con i blog, ho messo a punto il manoscritto. Vi ho inserito una sezione relativa alle domande e alle conseguenti risposte relative a molti dei capitoli, prendendo in considerazione le vostre risposte. Ho aggiunto argomenti che mi sembravano di vostro interesse ma che non ho avuto il tempo di affrontare nel blog. Ha anche un indice ed una bibliografia. E ho modificato l’ordine [dei capitoli] in maniera sostanziale per rendere la discussione più coerente. Il libro è al momento in stampa, quindi mi aspetto che lo possiate avere entro agosto.

Questa settimana concluderemo con una discussione sulla “natura della Moneta”. È davvero ciò a cui siamo voluti arrivare per circa 52 settimane. Credo sia questo a distinguere ciò che facciamo noi qui a NEP da altri blogger che capiscono gran parte dei fondamenti. Non si tratta solo del fatto che uno Stato sovrano non è soggetto a vincoli finanziari, eccetto quelli che si auto-impone. Non è solo che le vendite di Titoli di Stato sono un drenaggio di riserve. Non è solo che il PLG offre un’ancora salariale. Secondo me la MMT è un approccio che ci permette di comprendere la natura della Moneta nel tipo di economia in cui viviamo. E, siccome la Moneta è l’istituzione economica più importante della nostra economia, non possiamo assolutamente capire il nostro sistema economico se fraintendiamo la Moneta.

Attenzione: quest’ultimo blog sarà più teorico – potreste persino dire filosofico o esistenziale – rispetto ai precedenti. Se siete come me, questo può farvi addormentare. Sfortunatamente, quando vi addentrate nella natura delle cose non c’è alternativa. Tutti ricordate quel corso di filosofia al primo anno dell’università: “chi sono io e perché sono qui?”, “Se una foglia cade nella foresta, produce un suono se nessuno è lì per ascoltarlo?”. Dunque, cos’è la Moneta e qual è il punto?

Siccome questo è un blog piuttosto lungo, aspettate di avere un’ora libera prima di leggerlo. Non è il genere di cose che potete leggere di sfuggita.

Prima una rapida nota sui commenti al Blog #51. Avete notato che non ho risposto. Ho trovato che molti [commenti] fossero angoscianti. Presumo provenissero da una voce di minoranza che non ha prestato molta attenzione alle scorse 51 settimane di blog. Molti erano spinti dall’ideologia. Sono perplesso dal fatto che qualcuno di ideologia totalmente opposta alla MMT e al PLG sprechi il suo tempo a leggere e commentare i blog. Io di certo non andrei sui loro blog, né tantomeno li commenterei.

Ad ogni modo, penso di poter scrivere un commento utile che è strettamente correlato al blog conclusivo di questa settimana.

Nel loro immaginario, i nostri amici del libero mercato evocano un particolare tipo di economia con inclinazioni piuttosto specifiche. Questo si fonda essenzialmente sul più semplice modello che viene presentato sul libro di economia del primo anno: un’economia perfettamente competitiva, senza Moneta e con agenti economici “razionali” (nel senso egoistico [del termine]) che massimizzano l’utilità. C’è una mano invisibile che, in modo infallibile, guida questi ammassi omogenei di cellule colme di desiderio (termine di Veblen) in direzione di uno stato ottimale di mutua beatitudine (l'”ottimo di Pareto”, come orgogliosamente viene chiamato dal professore di economia).

Come ho discusso nell’ultimo blog, in questo semplice modello, termini come “produttività” ed “efficienza” sono ragionevolmente ben definiti, e possiamo immaginare che la mano invisibile premi i comportamenti produttivi ed efficienti e punisca i loro opposti. Lo fa attraverso i prezzi, che offrono salari e profitti ai meritevoli, bancarotta e disoccupazione agli indegni.

I nostri sostenitori del libero mercato e i loro compagni apologeti tra gli economisti ortodossi presentano un’economia immaginaria vista da alcuni come una versione utopistica della nostra, ma un’economia che funziona senza Moneta. Per agevolare la mano invisibile, scelgono poi una merce che funga da mezzo di scambio.

Per aggiungere una patina di realismo, immaginano poi un’evoluzione verso banconote garantite dall’oro o depositi a vista in modo da ridurre i costi delle transazioni. Ma uno Stato malvagio sopraggiunge, abbandona l’oro e adotta uno standard basato sulla Moneta fiat. Senza nulla di “reale” a garantire la Moneta, la mano invisibile viene presa in giro, visto che i prezzi nominali si discostano da quelli reali, provocando un temporaneo scostamento dalla beatitudine del punto di equilibrio generale in cui i mercati si compensano. Poiché lo Stato continua a “stampare Moneta” otteniamo un’accelerazione dell’inflazione ed, infine, l’iperinflazione.

Per fortuna sul lungo periodo non puoi prenderti gioco della mano invisibile, quindi non importa quanto rapidamente aumentano i prezzi nominali, si torna all’equilibrio, anche se ad uno meno desiderabile perché lo Stato estrae preziosi fluidi corporei come fosse un qualche malvagio Dottor Stranamore.

Meglio quindi distruggere o almeno contenere lo Stato, e tornare all’oro o almeno manovrare il sistema monetario come se avessimo adottato uno standard aureo (come Greenspan sostenne di aver fatto in qualità di Presidente [della Fed]).

Il Governo migliore è quello che governa il meno possibile, lasciando che le invisibili forze del mercato producano la massima efficienza e produttività punendo al contempo il debole, il pigro e l’imprudente. Questo ci riporterebbe al tempo in cui “il ghiaccio si stava sciogliendo… quando il clima era incantevole e la mente libera di essere feconda di nuove idee – nelle isole delle Esperidi o Atlantide o qualche Eden dell’Asia centrale”, com’era solito dire Keynes.

È un bel piccolo mondo immaginario e (presumibilmente) a tutti noi dovrebbe piacere viverci. Non vanta alcuna relazione con nessuna società mai esistita o che mai esisterà. È inutile allo sviluppo di una comprensione del mondo in cui realmente viviamo; è meno che inutile, a dire il vero, poiché è davvero pericoloso. Quasi tutti i problemi economici che affrontiamo nel nostro mondo reale derivano, in realtà, dal fatto che erroneamente questo modello sia applicato al nostro mondo. Proseguirei nel dire che la maggior parte dei problemi sociali che affrontiamo (sessismo, razzismo, discriminazione verso gli anziani e la semplice, pura crudeltà) derivano anch’essi dal “confezionamento” che proviene da una visione del mondo basata (anche inconsapevolmente) su questo modello.

È un’arma di distruzione di massa, e gli economisti sono vergognosamente implicati nella sua introduzione nel nostro mondo.

In che mondo viviamo realmente? Un mondo di Sabotaggio, come diceva Veblen. Ma non solo Veblen. Persino il libro più mainstream lo insegna – anche se, solitamente, non prima del secondo anno di economia. Ma pochi studenti vedono così lungo, dopo tutte le assurdità annoia-cervello insegnate al primo anno. Al secondo anno, finalmente, superiamo la competizione perfetta.

La solita analisi degli oligopoli e dei monopoli insegna che l’imprenditore riduce intenzionalmente la produzione e l’occupazione per incrementare i profitti. Veblen lo chiamava “sabotaggio della produzione”, e predisse (correttamente) un’imminente grande depressione (anni ’30 del 1900) conseguente alle propensioni dei cartelli di imprenditori.

Per gli imprenditori del mondo reale, il livello “efficiente” di produzione è sempre quello che offre profitti monetari elevati. Nessun imprenditore del mondo reale si preoccupa di attività “efficienti” o “produttive” in termini di quantità “reali” prodotte – è solo la Moneta che conta.

Allo stesso modo, nella decisione di assumere [lavoratori], nessun imprenditore nella realtà guarda alla produttività “reale” della forza lavoro: il falegname che è in grado di appendere il maggior numero di porte in un’ora rispetto a chiunque altro sulla terra, non serve a nulla all’imprenditore edile che non può ottenere profitti in Moneta dalla vendita delle abitazioni completate.

E nessun imprenditore del mondo reale impiegherà più lavoratori (ad appendere porte o a farsi le ossa) di quelli assolutamente necessari a produrre la quantità di beni e servizi che possono essere venduti e dare profitto.

Tutti gli imprenditori del mondo reale cercano continuamente di cavarsela con meno lavoratori. La “mano visibile” dell’imprenditore è una distruttrice di posti di lavoro.

Ed ecco il punto conclusivo. NON esistono forze di mercato che conducono l’economia allo stato di beatitudine immaginato dai sostenitori del libero mercato. In effetti, nella realtà accade esattamente l’opposto. Le forze del mercato fanno marciare l’economia nella direzione opposta alla beatitudine.

Verso le crisi finanziarie. Verso l’elevata disoccupazione. Verso i bassi salari. Verso disuguaglianza, povertà e sofferenza intollerabili. Verso alti tassi di criminalità e gli elevati tassi di carcerazione che ne derivano. Verso la discriminazione ed altre forme di odiosa distinzione.

Ora, lo so che i nostri sostenitori del libero mercato affermeranno che riconoscere tutto questo è “anti-capitalismo”. Far notare che i nostri imprenditori hanno una naturale tendenza a distruggere i posti di lavoro, non a crearli, è in qualche modo anti-americano. Probabilmente sinistroide!

No, è la Teoria della Moneta Moderna; o chiamatelo Realismo della Moneta Moderna, se vi piace.

La MMT è una descrizione; è una teoria; è un approccio; e porta ad un insieme di proposizioni politiche [valide] per il mondo in cui realmente viviamo.

Riconosce i problemi e tenta di risolverli. Non condanna il capitalismo né i suoi imprenditori. Ma, che voi siate favorevoli o contrari al capitalismo, gli MMTer credono che lo dobbiate perlomeno comprendere.

Ma i critici della MMT hanno in mente qualcosa di completamente diverso. Vogliono una politica per un mondo che non è mai esistito, anzi, a dire il vero per uno che in realtà non può esistere. Le loro proposte politiche non sono formulate per la realtà, ma piuttosto per mondi immaginari. E questo è vero sia a destra – quelli che vogliono la disoccupazione e la povertà per disciplinare i lavoratori, in particolare, ma anche per incentivare i nostri imprenditori – sia a sinistra, dove tollerano di buon grado la disciplina che dà la disoccupazione solo se concediamo un qualche sussidio che renda la povertà leggermente meno dura. Formulano politiche per risolvere problemi immaginari e politiche impotenti per [risolvere] i problemi reali.

I disoccupati vogliono un lavoro? Dategli il welfare – è più efficiente. Teneteli disoccupati, fa bene al carattere. Allenateli e formateli per aumentare la loro produttività, in modo che possano portar via il lavoro ad altri.

I nostri imprenditori subiscono un calo delle vendite? Date loro più sussidi. Riducete la normativa. Riducete le tasse alle imprese. Incoraggiateli ad aumentare l’efficienza, così che possano cavarsela con salari ridotti.

La nostra economia vacilla? Pareggiamo il bilancio. Abbattiamo le barriere commerciali. Togliamo [il fiato del]lo Stato dal collo dei nostri imprenditori. Tagliamo i salari ed eliminiamo la protezione dei lavoratori per distruggere il mercato [di sbocco] della produzione degli imprenditori [stessi].

Tutto questo potrebbe avere senso in qualche universo. Ma non nel nostro.

E la confusione si riduce principalmente ad un’errata comprensione della natura della Moneta.

Cos’è la Moneta? Cos’è la “produzione monetaria”? Concludiamo questo blog e questo Primer esaminando tre proposizioni. Di certo non intendo affermare che queste tre proposizioni, da sole, siano sufficienti. Ma prima avete avuto 51 settimane di blog, quindi tutto ciò che stiamo cercando di fare qui è di mettere a posto qualche cosa nella maniera più “efficiente” possibile.

 

Originale pubblicato il 27 giugno 2012

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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