Complicazioni e preferenze del settore privato. Spesso vengono mosse due obiezioni all’affermazione che la spesa pubblica avviene essenzialmente accreditando contemporaneamente i conti bancari dei destinatari e le riserve bancarie: a) dev’essere più complicato di così; b) e se la spesa e le preferenze di portafoglio del settore privato non sono in linea con il risultato [atteso] del bilancio dello Stato?
La prima di queste obiezioni è stata trattata con cura in una lunga serie di articoli pubblicati e di working paper (scritti da Bell – cioè Kelton, Bell e Wray, Wray, Fullwiler, e Rezende, i quali analizzano le procedure operative attuali in USA, Canada e Brasile; darò i riferimenti e maggiori dettagli in seguito). In pratica, quando il Tesoro desidera spendere non può accreditare direttamente i conti bancari [del settore privato, NdT].
Ogni volta che il Tesoro spende o tassa è invece necessaria una complessa serie di passaggi che coinvolgono il Tesoro, la Banca Centrale e le banche private. La Banca Centrale e il Tesoro sviluppano queste procedure per assicurare che lo Stato sia in grado di spendere, che i pagamenti effettuati dai contribuenti al Tesoro non portino all’emissione di assegni a vuoto, e — cosa più importante — che non ci siano effetti indesiderati sulle riserve del sistema bancario. Anche se il risultato finale è esattamente quello sopra descritto (la spesa del Tesoro porta ad accrediti bancari, le tasse ad addebiti e i deficit di bilancio comportano accrediti netti ai depositi a vista e alle riserve bancarie), [il meccanismo] è più complicato [di così].
Spesso questo fa sorgere un’altra domanda: e se la Banca Centrale si rifiutasse di cooperare con il Tesoro? La risposta è che la Banca Centrale non raggiungerebbe il tasso d’interesse overnight target (e, alla fine, potrebbe mettere a repentaglio il sistema dei pagamenti, perché gli assegni inizierebbero ad essere emessi a vuoto). I lettori facciano riferimento alla considerevole letteratura che tratta [tale] cooperazione (nei prossimi blog arriveranno maggiori dettagli per i pignoli). Ai non esperti possiamo assicurare che è sufficiente la semplice spiegazione data in precedenza: la conclusione di un’attenta analisi è che i deficit dello Stato portano ad accrediti netti di riserve e che, se ne vengono create in eccesso, esse sono drenate tramite vendite di Titoli volte a mantenere il tasso d’interesse della Banca Centrale al livello target.
Dal punto di vista operativo, l’effetto della vendita di Titoli è quello di sostituire riserve con Titoli di Stato — è come mettere a disposizione delle banche un conto di risparmio (Titoli di Stato) al posto di un conto corrente (riserve) presso la Banca Centrale. Questo lo si fa per ridurre la pressione al ribasso sul tasso d’interesse overnight.
Riguardo alla seconda obiezione, dobbiamo prima notare che se la linea [di politica] fiscale dello Stato non è coerente con il desiderio di risparmio del settore privato, allora spesa e reddito varieranno finché il risultato [atteso della politica] fiscale e il saldo del settore privato non saranno allineati. Per esempio, se lo Stato provasse a realizzare un deficit più ampio rispetto al surplus desiderato dal settore privato, allora si creerebbe una qualche combinazione di maggiore spesa da parte del settore privato ([quindi] minore risparmio privato e minore deficit di bilancio [pubblico]), maggiore gettito fiscale (quindi un deficit di bilancio inferiore e minore risparmio), o maggiore reddito del settore privato (così che il maggior desiderio di risparmio sia pari al maggiore deficit).
Poiché il gettito fiscale (così come parte della spesa pubblica) è determinato endogenamente dalle prestazioni dell’economia, [allora] la linea fiscale è, almeno in parte, determinata endogenamente; per lo stesso motivo, il saldo effettivamente conseguito dal settore privato è determinato endogenamente dal reddito e dalla propensione al risparmio. Per identità contabile (introdotta in precedenza), non è possibile che il saldo del settore privato differisca da quello del settore pubblico (con il segno opposto — uno realizza un deficit e l’altro un surplus); ciò significa, inoltre, che è impossibile che il risparmio aggregato del settore privato sia inferiore (o superiore) al deficit di bilancio [pubblico].
Queste sono dunque le risposte generali a quelle obiezioni. Più avanti scriverò un blog “pignolo” con maggiori dettagli. Ma la settimana prossima vedremo più nel dettaglio la decisione di risparmio del settore privato.
Originale pubblicato il 16 ottobre 2011
Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo