La Teoria

Le operazioni delle Banche Centrali moderne, Principio n. 5

Le operazioni delle Banche Centrali moderne - Principio n. 5

Principio n. 5: I requisiti di riserva sono relativi ai tassi d’interesse target e non al controllo degli aggregati monetari.

Derivando solitamente dall’uso diffuso del modello del moltiplicatore della moneta nell’economia monetaria neoclassica, è stato – a lungo – dato per scontato – erroneamente – che le riserve obbligatorie frazionali fossero collegate al controllo degli aggregati monetari.

Tale fu il principio fondante delle disposizioni relative alle riserve obbligatorie nel Monetary Control Act statunitense del 1980 [atto che modificava il modo in cui operava il settore bancario, de-regolamentando i tassi d’interesse pagati dalle banche, rivedendo i parametri di riserva obbligatoria e quelli di deposito e aumentando la protezione assicurativa – la Federal Insurance Deposit Corporation, FDIC – da 40.000$ a 100.000$, ndt – fonte: www.businessdictionary.com].

Come nel Principio 3, questa convinzione è incongruente col Principio 1.

La questione è, quindi, qual è il ruolo delle riserve obbligatorie nel sistema delle banche centrali? Come spiega Bindseil (2004, 202),

c’è consenso sul fatto che il principale scopo delle riserve obbligatorie sia la stabilizzazione dei tassi d’interesse a breve termine.

Che le riserve obbligatorie siano collegate alla determinazione del tasso d’interesse è più chiaro quando si considerano – come nel Principio 1 – le operazioni delle banche centrali in assenza di riserve obbligatorie. Senza riserve obbligatorie, le banche detengono riserve solo per saldare pagamenti in termini di assegni emessi sui conti dei clienti o trasferimenti per pagamenti diretti ad altre banche, al governo o come il saldo delle transazioni nette della Clearing House (Camera di compensazione).

I prestiti creano depositi, mentre le riserve saldano solo i pagamenti e ovviamente, non pongono un vincolo operativo ai prestiti bancari.

Comunque, la domanda di riserve è estremamente inelastica rispetto al tasso d’interesse, [una volta raggiunto] il livello della quantità di saldi che le banche desiderano per regolare i pagamenti della giornata.

Se c’è un eccesso o una scarsità di saldi [di riserva] relativamente alla domanda delle banche, il tasso interbancario – rispettivamente – diminuirà al [livello del] tasso pagato dalla banca centrale sui saldi o aumenterà al [livello del] tasso di penalizzazione stabilito dalla banca centrale.

Inoltre, come nel Principio 2, se sono messi a disposizione saldi insufficienti a regolare i pagamenti della giornata, c’è la possibilità di instabilità sostanziale nel sistema di pagamenti.

Per ridurre la difficoltà del compito delle banche centrali di raggiungere il tasso d’interesse target senza un’eccessiva volatilità, laddove ci sono – in effetti – le riserve obbligatorie, le banche possono essere indirizzate a detenere riserve addizionali, ma [anche in quel caso] i prestiti creano ancora depositi e le riserve non “finanziano” la creazione di passività bancarie.

Invece, le riserve obbligatorie raggiungono questi obiettivi.

Primo, requisiti di riserva significativi aumentano la quantità di saldi detenuti e, in tal modo, riducono la probabilità che le banche terminino la giornata in scoperto, riducendo così la probabilità di instabilità nel sistema di pagamento e di aumenti non desiderati del tasso interbancario in seguito al tentativo delle banche di evitare addebiti di scoperto.

Secondo, dato un periodo di mantenimento che abbraccia più giornate, esse riducono l’inelasticità della domanda di riserve nella maggior parte dei giorni – a prescindere dalla fine del periodo di mantenimento – permettendo di raggiungere un ammontare medio di riserve detenute – nel corso dei giorni – a fronte dei requisiti di riserva; questo riduce i potenziali effetti sul tasso d’interesse target conseguenti a previsioni non corrette sulle variazioni di bilancio della banca centrale.

Terzo, riducono l’incertezza delle banche e della banca centrale riguardo alla quantità di riserve domandate al tasso d’interesse target in un dato giorno ogni volta che il periodo di mantenimento ritarda la fine del periodo di calcolo.

Quarto, data la ridotta inelasticità della domanda di riserve, può esserci un bisogno ridotto di operazioni da parte della banca centrale per sostenere il tasso target; per esempio, la Fed (caratterizzata da un periodo di mantenimento di due settimane) e la BCE (caratterizzata da un un periodo di mantenimento di un mese) realizzano operazioni meno frequentemente (al momento, circa una al giorno la Fed; una a settimana la BCE) rispetto alla Banca del Canada o alla Banca d’Inghilterra, entrambe delle quali non hanno riserve obbligatorie e (come evidenziato nel Principio 4) realizzano operazioni più frequentemente.

Questo punto è ulteriormente confermato quando – considerando che prima della riduzione delle riserve obbligatorie dovute alla proliferazione dei retail sweep [conti di intermediazione il cui saldo di cassa è automaticamente trasferito in un investimento remunerativo, come – ad esempio – un mercato dei fondi monetari, ndt; fonte: http://www.businessdictionary.com] negli U.S.A. – la FED non ha avvertito un bisogno di operazioni di mercato aperto temporanee in circa il 25-30% di giorni lavorativi.

Vale la pena di notare, comunque, che c’è almeno un po’ di trade-off nel fatto che le riserve obbligatorie possono anche introdurre alcune complessità addizionali per raggiungere e sostenere il tasso target.

Primo, meno è ritardato il periodo di mantenimento rispetto alla fine del periodo di calcolo, più incertezza ci sarà per le banche nel determinare il [proprio] bisogno di riserve e, quindi, anche per la banca centrale nello stimare correttamente la domanda di riserve; poiché lo scopo delle riserve obbligatorie è la stabilizzazione dei tassi d’interesse a breve termine, più i periodi di mantenimento e di calcolo sono “simultanei”, più – ceteris paribus – il regime di riserva obbligatoria può essere controproducente.

Secondo, come nota Whitesell (2006) – senza qualche sorta di disposizione per posticipare le carenze o i surplus da un periodo di mantenimento al successivo – negli ultimi giorni del periodo di mantenimento, il tasso interbancario può essere volatile poiché termina la capacità di raggiungere un ammontare medio dei saldi detenuti nel corso dei giorni.

Terzo, è difficile per la banca centrale rispondere precisamente alle temporanee devianze precedenti – siano esse contingenti o attese – rispetto al tasso d’interesse target poiché può essere difficile o persino impossibile per il sistema bancario “smaltire” l’eccesso di saldi o “ricostituirli” dalla scarsità, entro la fine del periodo di mantenimento.

Infine, le banche speculeranno nella direzione del breve termine del tasso over-night [depositi che devono essere estinti entro il primo giorno lavorativo successivo al giorno in cui sono costituiti, ndt; fonte: http://www.borsaitaliana.it] e, in presenza di un ammontare medio di scorte, queste aspettative possono auto-realizzarsi; questo perché spesso non è ragionevole per la banca centrale compensare completamente queste attività poiché probabilmente significherebbe lasciare il sistema bancario in una condizione di eccesso o di scarsità troppo rilevante (e.g. Krieger 2002, Whitesell 2003).

Come indica Lavoie (2005),

raggiungere un ammontare medio di scorte rende orizzontale il segmento della curva di domanda di riserve, ma tende anche a indurre cambiamenti verticali nella parte centrale orizzontale della curva di domanda, (cambiamenti) dovuti alla variazione attesa dei tassi overnight, che possono differire dal tasso target (704 – 705).

Negli U.S.A. tali “effetti anticipazione” si ritiene siano collegati alle variazioni del tasso target, alle serie storiche delle deviazioni del tasso rispetto al target nel periodo di mantenimento, ai giorni di alti flussi di pagamento, e a eventi relativi al calendario come quello della fine del trimestre “window dressing” [pratica ingannevole che consiste nell’avvalersi di tranelli contabili per rendere il bilancio di un’impresa migliore di quanto sia effettivamente, ndt; fonte: www.investorwords.com] dei bilanci della banca (Carpenter and Demiralp 2006, Krieger 2002).

 

Paper originale pubblicato il 1 giugno 2008

Traduzione a cura di Maria Consiglia Di Fonzo

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