Principio 2: la storia della disoccupazione e del Lavoro Garantito
In un’economia che funziona normalmente, ci sarà sempre un certo ammontare di disoccupati dovuto al fatto che le persone cambiano lavoro. Solitamente questa condizione dovrebbe essere transitoria e riguardare una bassa percentuale di coloro che sono in condizione di lavorare e disposti a farlo. Consideriamo questo livello di disoccupazione impossibile da ridurre [1] e potrebbe attestarsi intorno all’1 o 2%, a seconda del Paese considerato.
Ad ogni modo, la disoccupazione in eccesso rispetto a tale livello minimo è chiamata disoccupazione di massa.
E, tirando le somme dei concetti sopra esposti, possiamo concludere che la disoccupazione è l’evidenza che la spesa dello Stato non è sufficiente ad impiegare tutte le persone che la tassazione dello Stato ha reso disoccupate.
Nel secondo dopoguerra, quando il cosiddetto consensus “Keynesiano” era in essere, la disoccupazione di massa era considerata come una disoccupazione “da carenza di domanda”, a indicare una situazione in cui complessivamente c’è scarsità di lavori [retribuiti] rispetto all’offerta di risorse lavorative disponibili (persone e ore) ai livelli di salario corrente.
La definizione andava oltre la descrizione, poiché questa indicava che tale disoccupazione si manifestava a causa di una scarsa spesa aggregata.
La disoccupazione di massa così varia nel corso del ciclo economico, aumentando quando la spesa aggregata diminuisce al di sotto del livello necessario per impiegare completamente la forza lavoro disponibile e diminuendo quando la spesa aggregata è prossima al livello necessario per impiegare completamente l’offerta di lavoro.
Questo concetto è del tutto coerente con la modalità con cui la MMT definisce la disoccupazione di massa. La differenza sta nell’enfasi che la MMT pone sul ruolo dello Stato e sulle operazioni legate alle passività fiscali [2].
Così, la disoccupazione di massa emerge perché, dopo che il settore privato ha realizzato le proprie decisioni di spesa e di risparmio, il livello di spesa non è sufficiente a generare vendite e produzione commisurate alla quantità di posti di lavoro necessari ad assorbire l’offerta di lavoro di coloro che sono nelle condizioni e sono in grado di lavorare.
L’enfasi posta dalla MMT è sul fatto che questa scarsità emerge poiché, per un dato livello di passività fiscali [tasse], la spesa pubblica è insufficiente.
Comprendiamo quindi che il rimedio è una maggiore spesa nel settore privato (il che potrebbe implicare il fatto di assumere direttamente i disoccupati) e/o una riduzione della pressione fiscale.
Warren direbbe che lo Stato dovrebbe aumentare la spesa fino al momento in cui i disoccupati tornino [impiegati] nel settore privato.
Il suo punto di vista è che, inizialmente, lo Stato dovrebbe approvvigionarsi come desidera dell’ “ammontare appropriato” [di risorse], come illustrato. E, una volta raggiunto l’ammontare appropriato desiderato, i disoccupati restanti possono essere re-impiegati nel settore privato.
Io esprimerei questo punto in modo lievemente differente, ammettendo la possibilità che il Piano di lavoro garantito possa essere una collocazione lavorativa permanente per alcuni lavoratori del gruppo coinvolto, se loro scelgono che lo sia. Il fatto di avere una minima rigidità della riserva [di disoccupati] non intacca le peculiarità del Piano relative alla stabilità dei prezzi.
Mi rendo conto, inoltre, che uno potrebbe perorare la causa di rendere questi posti di lavoro permanenti in quella parte di settore pubblico in cui non vige il Piano di Lavoro garantito, il che – allora – si collega direttamente al riferimento di Warren al concetto di “ammontare appropriato”.
Ma il punto è che lo Stato che emette valuta sceglie sempre [l’ammontare di] disoccupazione corrente, una volta che le decisioni di spesa e di risparmio del settore privato sono state realizzate.
Nell’epoca attuale, gli Stati utilizzano la disoccupazione come una riserva per fissare un prezzo àncora per i salari nel sistema economico.
Nel periodo “Keynesiano” della piena occupazione, gli Stati consideravano la disoccupazione di massa come un obiettivo politico. L’ammontare di disoccupati doveva essere mantenuto quanto più basso possibile nei limiti dell’inflazione esistente.
Invece, nell’era neoliberista, gli Stati usano la disoccupazione come uno strumento politico per disciplinare le rivendicazioni salariali e per diminuire le vendite di beni (dettando così una disciplina alle imprese che potrebbero cedere alle rivendicazioni salariali).
L’approccio della riserva di disoccupati (a volte chiamato approccio NAIRU) è il modo in cui è gestito il controllo dell’inflazione.
Ad ogni modo, quanto più a lungo le persone restano disoccupate, tanto maggiore è la perdita delle loro abilità e i datori di lavoro del settore privato tendenzialmente preferiscono assumere reclutando tra coloro che sono già occupati o che sono stati disoccupati solo per brevi periodi di tempo.
In altre parole, la forza della disciplina della disoccupazione esige che il disoccupato costituisca una minaccia per coloro che stanno lavorando, così che essi moderino le loro rivendicazioni salariali.
Ad ogni modo, nel tempo, la minaccia che proviene da questa riserva di disoccupati inizia ad affievolirsi, man mano che i disoccupati continuano a perdere abilità e le imprese introducono nuove tecnologie e processi.
In questo caso il cosiddetto NAIRU deve essere spinto in alto e ancora più in alto mediante politiche fiscali e monetarie restrittive, perché sia mantenuto lo stesso livello di minaccia.
Ci sono inoltre costi di massa implicati sia nella perdita di reddito sia nelle patologie personali (esclusione sociale, disagio psicologico, ecc.) che concorrono ad aggravare ulteriormente il quadro generale degli svantaggi derivanti dall’adottare la riserva di disoccupati come meccanismo di stabilità dei prezzi.
Sulla base di motivi ragionevoli, quindi, questo approccio alla stabilità dei prezzi è molto costoso e – in ultima analisi – disfunzionale in un’economia moderna.
Livelli di disoccupazione elevati e sostenuti, in ultima analisi, indeboliscono la stabilità sociale e politica di una nazione, il che crea costi non stimati che vanno ben oltre quelli sopra elencati.
Questi post del blog offrono un discussione più approfondita su questi punti:
- Buffer stocks and price stability – Part 1 (26 aprile 2013)
- Buffer stocks and price stability – Part 2 (13 maggio 2013)
- Buffer stocks and price stability – Part 3 (17 maggio 2013)
- Buffer stocks and price stability – Part 4 (24 maggio 2013)
- Buffer stocks and price stability – Part 5 (31 maggio 2013)
L’alternativa proposta dalla MMT è che lo Stato introduca una politica del Lavoro Garantito per costituire una riserva di occupati che offra un’ancora ai prezzi a un livello più elevato rispetto a quello della politica attuale che usa – invece – la disoccupazione come riserva.
Warren considera la riserva di occupati come uno strumento per promuovere la transizione dalla condizione di disoccupato a quella di occupato nel settore privato.
Dal mio punto di vista, questo si può fare, ma potrebbe anche costituirsi un gruppo permanente di lavoratori che non saranno mai in grado di ottenere un’occupazione nel settore privato ai salari correnti. La mia preferenza è per non privilegiare l’occupazione privata rispetto al pubblico impiego.
Ma questo non modifica il fatto che il Lavoro Garantito è una politica contro l’inflazione che in aggiunta produce esternalità positive di maggiori lavori retribuiti per tutti coloro che sono nelle condizioni e disponibili a lavorare.
Anche questi post del blog sono importanti:
- Whatever – its either employment or unemployment buffer stocks (30 dicembre 2011)
- MMT is biased towards anti-crony (28 dicembre 2011)
Il Lavoro Garantito è un approccio volto alla stabilità macroeconomica, il che significa che è molto più di una semplice politica pubblica di creazione di lavoro.
Con l’acquisizione di popolarità della MMT, è venuto fuori un certo numero di differenti proposte di lavoro garantito, molte delle quali rivendicano di discendere dalla MMT.
Notate l’uso del minuscolo per le lettere l e g nel paragrafo precedente.
Ad ogni modo c’è solo un Lavoro Garantito nella MMT.
Il Lavoro Garantito della MMT è un costrutto tecnico progettato per rimpiazzare la curva di Phillips del mainstream (il trade-off tra disoccupazione e inflazione).
Il Lavoro Garantito è un meccanismo di riserva migliore di quello della disoccupazione di massa per mantenere la stabilità dei prezzi.
E questo significa che anche chi non dovesse condividere l’afflato filosofico o morale al “diritto al lavoro”, promuoverebbe ugualmente il Lavoro Garantito (di matrice MMT) in opposizione all’approccio-NAIRU che utilizza la disoccupazione come riserva per ancorare il livello dei prezzi.
Costoro dovrebbero concordare sul fatto che in termini di efficienza – concetto relativo allo spreco di risorse etc – l’approccio di riserva di occupati è migliore dell’attuale alternativa dominante.
Il Lavoro Garantito disciplina l’inflazione perché lo Stato offre a tutti un lavoro a un salario fisso che è il livello minimo dei range salariali.
In tempi di pressione inflazionistica, lo Stato può usare la politica fiscale per redistribuire i lavoratori dai settori inflazionistici al settore del Lavoro Garantito a prezzo fisso.
Chiaramente, è desiderabile mantenere la riserva [di occupati] del Lavoro Garantito al livello minimo [indispensabile].
E così gli aggiustamenti di politica fiscale possono essere attuati per mantenere il blocco di lavoratori del Lavoro Garantito ai livelli minimi richiesti necessari per raggiungere la stabilità dei prezzi desiderata.
Note del Traduttore
1.^ Disoccupazione frizionale.
2.^ Tassazione.
Originale pubblicato il 13 dicembre 2018
Traduzione a cura di Daniele Basciu