Il Commento

Trani: un’assoluzione che rivela la nostra condanna

Trani: un'assoluzione che rivela la nostra condanna

Giovedì scorso il collegio giudicante del Tribunale di Trani si è espresso riguardo l’accusa a S&P’s di manipolazione di mercato aggravata portata avanti tramite i report tecnici sulla situazione italiana. Gli imputati sono stati tutti assolti. L’inchiesta è stata condotta a seguito della denuncia del 2012 di Adusbef e Federconsumatori. Il processo ha approfondito il ruolo tenuto dalle agenzie di rating nella delicata fase della politica italiana contrassegnata dalle dimissioni del governo Berlusconi e dall’insediamento del governo tecnico Monti. L’accusa era questa: in quei mesi fu condotta una chiara strategia di manipolazione dei mercati finanziari, i quali si mossero sulla base di report pilotati. Obiettivo della manipolazione, influenzare le decisioni del Governo per il solo interesse dei governi esteri e dei soggetti sovranazionali.

La sentenza di assoluzione dello scorso giovedì è articolata su due livelli. I giudici hanno riconosciuto corretto l’operato degli analisti finanziari nell’emissione dei report; le previsioni di S&P non contenevano una precisa volontà di alterare i mercati. In secondo luogo, i manager di Standard & Poor’s sono stati assolti perché il declassamento del rating italiano non costituisce reato.

In attesa delle motivazioni della sentenza, possiamo esprimere però una prima valutazione.

La legislazione italiana non può proteggere i cittadini dalla speculazione finanziaria operata dai mercati perché il nostro attuale ordinamento non la considera reato.

Le agenzie di rating possono influenzare decisioni politiche ed economiche a scapito dell’interesse pubblico? Sì, è quello che avviene!

È giusto che gli indirizzi di politica economica siano influenzati dalle valutazione sulla “insolvibilità” degli Stati che incombe come una spada di Damocle appesa al sottile filo della garanzia informale del whatever it takes di Mario Draghi? No, non è giusto.

Eppure è quello che è stato deciso, dunque legittimato e dunque reso operativo.

Difficilmente questa situazione troverà soluzione nell’ambito giudiziario che valuta ciò che è difforme dalla legge. Quando lo Stato rinuncia ad essere monopolista della valuta diventa un soggetto finanziariamente debole e ricattabile, incapace di difendersi dagli interessi finanziari che dettano il bello e il cattivo tempo.

Le associazioni di consumatori che hanno denunciato i fatti dovrebbero fare una profonda riflessione su come la difesa del singolo consumatore debba essere oggi una difesa collettiva dei cittadini. La difesa della collettività prende corpo a partire dalla conoscenza dei sistemi monetari e delle diverse scelte macroeconomiche che la politica può fare. Alcune sono a favore della collettività, altre no. Si può scegliere di guardare al benessere della collettività e dunque avere uno Stato monopolista della valuta e libero dai dogmi dell’austerità. Si può scegliere di rendere il cittadino un risparmiatore in balia del libero mercato e di subordinare le scelte politiche agli interessi delle oligarchie capitalistiche. In questo caso si vorrà uno Stato esattamente come quello che abbiamo: privato della prerogativa di essere monopolista della propria valuta. E non ci saranno denunce che possano salvarlo.


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