Approfondimento

Non si balla più il tango: la fine del sistema bipartitico in Spagna

Elezioni Spagna 2015

Abbiamo chiesto a Stuart Medina Miltimore, esponente di spicco della Asociación Para el Pleno Empleo y la Estabilidad de Precios (APEEP), associazione MMT spagnola sorella di Rete MMT che abbiamo conosciuto durante il Mosler Tour in Spagna (qui le tappe: 1, 2, 3 e 4), di darci una visione d’insieme dell’attuale situazione politica nel suo Paese.

La Spagna si trova a subire una situazione peggiore della nostra, la disoccupazione è al 21,18% ed il tasso di disoccupazione giovanile addirittura al 47,7%. Per molti versi questa situazione anticipa il futuro dell’Italia.

(la Redazione)


Sabato 12 dicembre 2015

Non si balla più il tango: la fine del sistema bipartitico in Spagna

Un’analisi della situazione politica, richiesta dai compagni di Rete MMT

Sarebbe giusto dire che la Spagna ebbe il sistema politico più stabile in tutta l’Europa occidentale. Per quarant’anni, dall’approvazione della Costituzione del 1978, due partiti politici si sono alternati al potere: i Social Democratici del Partido Socialista Obrero Español (PSOE, Partito Socialista Operaio Spagnolo), la più antica organizzazione politica del Paese, fondata nel 1879, ed il conservatore Partido Popular (PP, Partito Popolare). Il sistema elettorale, tecnicamente proporzionale ma fortemente distorto verso la formazione di maggioranze grazie ai numerosi distretti scarsamente popolati, ognuno dei quali manda un piccolo numero di deputati al Parlamento, assicura spesso una sequenza di maggioranze assolute nelle due Corti Generali. La tradizione politica dei due partiti politici risale al periodo della “Restauración” tra 1871 e 1927, sistema che crollò con il collasso di quel regime e l’instaurazione della Seconda Repubblica. Poi sono sorti una miriade di partiti politici, che hanno reso difficile la formazione di governi stabili. Il trauma della Guerra Civile e la lunga dittatura che ne è seguita aiutano a spiegare sia l’inclinazione del sistema elettorale verso grandi formazioni partitiche, sia il carattere conservatore dell’elettorato.

L’ordito in questo contesto era costituito dai diversi partiti, perlopiù di centro-destra, nazionalisti e regionalisti, specialmente quelli della Catalogna e dei Paesi Baschi. Il Partito Comunista, che non è mai stato una grande forza prima della Guerra Civile, ma che si è distinto nella battaglia contro il Fascismo, vide deludenti risultati nelle prime elezioni democratiche e ha languito fino a coalizzarsi con altri frammenti di partiti per formare Izquierda Unida (IU, Sinistra Unita), un partito di protesta per votanti socialisti delusi o scontenti e comunisti duri a morire.

Il picco del “bipartidismo” è stato nel 2008. I due partiti principali hanno ottenuto il 92% di tutti i posti nella Camera Bassa del Parlamento. Il nostro sistema è in una disordinata fase di cambiamento, e sta entrando in un territorio inesplorato, forse per sempre. Il problema che si ha nei sistemi caratterizzati da due grandi partiti è che si generano dispute politiche estremamente aspre che lasciano poco spazio alle posizioni di mezzo. I media di proprietà privata hanno interpretato un gioco settario con poco rispetto verso l’oggettività con cui dovrebbero esser date le notizie, e i media pubblici lavorano per il partito che sta al potere. Il bipartidismo ha creato le condizioni d’impunità per la corruzione legata ai partiti, specialmente attraverso il controllo combinato dell’apparato giudiziario e del compiacente silenzio dei media. La maggior parte dei casi di corruzione erano legati al finanziamento dei costosi partiti politici e delle campagne elettorali. Il boom del settore immobiliare, che è scoppiato quando la Spagna è entrata nell’Euro, ha fornito ampio foraggio per i numerosi casi di traffico d’influenze ed appropriazione indebita. Le banche spagnole e nordeuropee hanno fondato compagnie di costruzione che, a turno, erano incaricate di convincere le autorità regionali, quelle che detenevano le chiavi della lottizzazione, che questo o quel lotto meritasse di essere costruito, frequentemente con una totale indifferenza verso ogni tipo di previsione di servizi pubblici o ambientali. Sia il PSOE che il PP sono stati coinvolti in notori casi, sebbene pare che il partito conservatore abbia più frequentemente agito senza alcuna vergogna.

Quando il Paese è entrato a far parte dell’Eurozona, il denaro ha iniziato a scorrere in Spagna come mai prima di allora. Le persone comuni hanno avuto accesso al credito per poter acquistare beni durevoli, case e costose auto tedesche. Un afflusso di lavoratori stranieri è arrivato per soddisfare la domanda di lavoratori nel settore delle costruzioni finché la popolazione straniera ha raggiunto il 12% del totale. Per un decennio, per usare la frase coniata dal Presidente Aznar, “España iba bien” (“la Spagna sta andando bene”). Comunque, una grande montagna di debito [privato, NdT], che si è poi manifestata in un crollo dei bilanci, ha contribuito a gonfiare la bolla immobiliare.

Nessuno ha messo in discussione l’Unione Monetaria Europea, con l’eccezione del leader di IU Julio Anguita. Il progetto europeo era visto all’unanimità come un’opportunità per integrare il Paese negli affari europei da cui si era disconnesso per troppo tempo. L’euroentusiasmo spagnolo collimava con l’ingenuità ed il fervore per la nuova conversione. Nessun referendum verso l’integrazione europea è stato perso, come invece è successo in Francia. Solo un referendum infatti, quello relativo all’abortita Costituzione Europea, si è tenuto per chiedere all’elettorato di esprimere la sua opinione sulle questioni europee.

La crisi economica originatasi nel 2008 pose fine bruscamente al boom immobiliare e al credito fatto dalle banche del nord Europa al settore privato spagnolo. Con l’eccezione di pochi attempati economisti keynesiani che ancora sopravvivono e l’hanno vista venire, pochi hanno avvertito la crisi imminente che avrebbe seguito il crollo del credito. Le conseguenze sono state terribili. La disoccupazione ha visto il record del 27%, la disoccupazione giovanile ha iniziato ad oscillare intorno al 50%. Il fenomeno immigratorio è stato rimpiazzato da una emigrazione delle parti più talentuose della popolazione giovane. L’incombente crisi demografica ha visto le morti sorpassare le nascite per la prima volta quest’anno.

La risposta iniziale del governo Zapatero è consistita in una politica fiscale espansiva che ha portato il deficit del governo al 9% del Pil nel 2010. Se avessero consentito al piano di continuare avrebbe probabilmente funzionato. Comunque la reazione attraverso le politiche di austerità, disegnata da Merkel, Sarkozy, Barroso e Trichet per salvare le banche tedesche e francesi nel 2010, ha stroncato la ripresa sul nascere. La lettera nera di Trichet ha spinto Zapatero a cambiare il corso verso “l’austerità espansiva” e la “svalutazione interna”.

Pib de España

Figura 1: Pil della Spagna

Le elezioni del 2011 sono state il canto del cigno del bipartidismo. I votanti irritati hanno infatti abbandonato il PSOE che ha visto i peggiori risultati della loro storia recente. La recessione ha spinto il vacuo e privo di immaginazione Rajoy al governo con un livello di supporto senza precedenti. Le ricette dell’austerità hanno portato ad una crisi da disoccupazione ancora più profonda, e la popolarità di Rajoy è precipitata. Il tentativo di privatizzare parti dell’eccellente sistema sanitario in Madrid, la soppressione della tredicesima per i lavoratori pubblici e i ripidi aumenti nelle tasse gli hanno alienato parte del tradizionale consenso della classe media. Il cambiamento in corso verso l’espansione fiscale sulla scia del piano di Draghi per salvare l’euro era probabilmente troppo ridotto, troppo tardivo anche se è tornato un po’ di ottimismo.

Dopodiché un diluvio di scandali legati alla corruzione ha sbattuto il PP in prima pagina. L’omertà si è rotta probabilmente perché il denaro per tenere la gente calma ha smesso di scorrere. Per di più i giudici erano irritati nel vedere il loro stipendio ridursi. Nuovi giornali on-line e televisioni hanno ampiamente parlato degli scandali che riguardavano PSOE e PP. Abbiamo visto importanti membri dei partiti sfilare dentro il Parlamento e dentro e fuori dal carcere.

Il decesso della classe media spagnola, le cui aspettative sono state frustrate dalla crisi, e la montante irritazione verso il PP, hanno aperto una finestra di opportunità a nuovi partiti politici. Molti votanti non sono tornati indietro al PSOE, che è stato screditato per la sua gestione della crisi. Che Podemos sia il partito della classe media è evidente: il supporto verso di loro è più alto tra le persone con redditi alti e laureate.

Il vero shock per il sistema politico è arrivato durante le elezioni del 2014. Il complesso dei molteplici nuovi partiti correva per la prima volta, ma la sorpresa è stata l’apparizione repentina di Podemos (Possiamo), un partito di professori della Scuola di Scienze Politiche, che hanno agito come consulenti per IU e per alcuni governi di sinistra in America Latina e che hanno partecipato al movimento degli “Indignados” del 2011. Il giovane leader con il codino Pablo Iglesias ha acquisito notorietà partecipando ad alcuni programmi televisivi. Hanno anche creato una canale on-line, “La Tuerka Tv”, probabilmente con fondi provenienti dal Venezuela. Podemos usa un nuovo e radicale linguaggio, denunciando la “Casta” – l’élite della politica e degli affari – e chiedendo un’abrogazione del Debito, suggerendo anche la possibilità di lasciare l’euro, se necessario. Pablo Iglesias parla della “Terra dei padri” dandogli un significato progressista in una nazione in cui l’esser patriottico è visto come peculiarità dell’ala destra. Podemos è riuscito a prendere cinque posti nel Parlamento Europeo ed è arrivato al terzo posto a Madrid. Curiosamente, sebbene molti di loro provengano dalla Gioventù Comunista, loro non vogliono esser classificati né di destra né di sinistra; stavano cercando di andare ad attrarre elettori del PP malcontenti. Comunque quel posizionamento ambiguo nell’ampio spettro destra-sinistra era instabile.

Un protagonista ancora più vecchio è il partito Catalano Ciudadanos (Cittadini), originariamente una reazione alle politiche nazionaliste catalane che imponevano l’insegnamento del catalano a tutti i bambini a scuola. Insoddisfatti rispetto all’ambigua posizione dei Socialisti Catalani sulla questione, molti dei votanti di Ciudadanos sono infatti immigranti da altre regioni e non nativi catalani. Quando Podemos ha iniziato a crescere nei sondaggi elettorali con il suo discorso radicale è divenuto evidente all’establishment quanto rappresentasse una seria minaccia. A metà del 2015 Podemos ha raggiunto il terzo posto nei sondaggi elettorali raccogliendo il 25% delle stime di voto. El País e El Mundo, i principali giornali madrilegni, hanno cominciato una campagna di discredito verso di loro, rivelando le loro connessioni con il Venezuela. Comunque, non è stato sufficiente. È apparso chiaro come le grandi compagnie avessero bisogno di un partito di centro destra, con un’immagine più moderna e non macchiata dagli scandali di corruzione. Podemos ha deriso il leader di Ciudadanos, Albert Rivera, come l’ala pulita del PP. Comunque, nelle elezioni municipali e regionali Ciudadanos è arrivato terzo, contro le aspettative, ma il centro destra può contare su un nuovo cavallo. In queste elezioni Podemos ha deciso di non correre da solo, ma ha stabilito alleanze che sono riuscite a piazzare i loro candidati in città chiave come Madrid e Barcellona.

In Catalogna, l’insoddisfazione verso la situazione economica, anni di agitazioni nazionaliste [noi diremmo regionalistiche catalane, NdT] relative ai finanziamenti regionali e la gestione maldestra del nuovo Statuto, dichiarato parzialmente incostituzionale dalla Corte Costituzionale, hanno contribuito a covare la rinascita di un sentimento pro-indipendenza senza precedenti. A Barcellona è facile criticare Madrid per le politiche di austerità. Gli scandali legati alla corruzione che hanno macchiato il vertice del partito conservatore, Convergència I Unió (CiU), stanno probabilmente dietro alla precipitosa radicalizzazione della leadership dell’organizzazione: nell’indipendenza quest’ultima vede una via di uscita ai futuri problemi giudiziari e penali del partito.

CiU ha deciso di chiedere un referendum regionale plebiscitario due mesi fa unendo le forze con il centro destra di Esquerra Republicana de Catalunya (Sinistra Repubblicana di Catalogna) in una coalizione chiamata Junts pel Sí (Insieme per il Sì). L’obiettivo era ottenere la maggioranza per avere l’indipendenza. Loro si sono avvicinati al 48%, insufficiente per proseguire la strada per ottenere l’indipendenza. Comunque i due vincitori morali sono stati Ciudadanos, arrivato secondo, e in secondo luogo, il partito libertario radicale pro-indipendenza CUP, che ha vinto abbastanza posti per porre le regole all’ala pro-indipendenza. Ad oggi Junts pel Sí e CUP non sono stati capaci di accordarsi per formare un nuovo governo. Comunque le elezioni catalane hanno rivelato come Ciudadanos sia un valido contendente mentre invece Podemos non ha ottenuto buoni risultati. Ciudadanos ha ormai sradicato il partito centrista anti corruzione, UPyD, alle radici.

Il declino dei voti di Podemos ha provato l’efficacia della campagna contro di loro. Per di più sembra che Podemos abbia moderato il suo discorso nello sforzo di togliere voti a PSOE, hanno comunque perso i voti del centro destra che avevano attaccato nella prima ora; questi ultimi votanti si sentono ora bene con Ciudadanos.

Rajoy ha indetto le elezioni per Dicembre 2015. I risultati non sono mai stati più imprevedibili. I sondaggi elettorali hanno disegnato uno scenario in cui i tre principali partiti hanno quasi gli stessi voti, e Podemos ha perso consenso, ma sembra aver ripreso terreno nelle ultime due settimane. Ogni risultato è ora possibile.

Figura 2: Evoluzione dei voti per partito. Fonte: El Diario

Figura 2: Evoluzione dei voti per partito. Fonte: El Diario

Ciudadanos sta correndo con un programma neoliberale disegnato dall’economista Luis Garicano. Le proposte di spicco includono un credito d’imposta per i redditi più bassi, un singolo tipo di contratto di lavoro, riforme strutturali, semplificazione del sistema fiscale, politiche per l’occupazione attive (active employment policies), le classiche ricette della Commissione Europea. Podemos sta proponendo un programma social democratico che include reddito di base, il cambiamento delle politiche del lavoro introdotte dal PP, promozione dell’energia pulita, riforme per una maggiore redistribuzione del carico fiscale, aumento del salario minimo, ed introduzione di un sistema di versamenti contributivi per la Sicurezza Sociale proporzionali ai redditi dei lavoratori autonomi. La proposta chiave è la revisione del Debito Pubblico. Entrambi i nuovi partiti hanno condiviso proposte per garantire alla democrazia spagnola più trasparenza in modo da contrastare la corruzione.

Il candidato di Izquierda Unida, Alberto Garzón, è un amico della Teoria della Moneta Moderna. Sono gli unici che portano avanti la proposta di un programma di lavoro garantito, ma è improbabile che ottengano una rappresentanza parlamentare. Garzón ha cercato di costruire una coalizione con Pablo Iglesias. Sembra che veterani del IU siano riusciti a disfare la “Confluencia” della sinistra, ma Podemos, IU e piccoli partiti di sinistra hanno formato coalizioni in Catalogna, Galizia e Valencia.

Il PSOE, con il suo nuovo giovane leader Pedro Sánchez, ha presentato un programma economico che prevede la parziale ripetizione delle riforme del lavoro introdotte da Rajoy, enfasi sull’uguaglianza di genere ed una riduzione del deficit più graduale. Ciudadanos, Podemos e PSOE hanno condiviso l’ impegno di aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo, questione che il PP ha certamente trascurato. Il PP ha invertito la sua precipitosa corsa verso l’austerity nel 2013, probabilmente troppo tardi per vincere le elezioni, ma sufficiente a recuperare parte dei voti persi. Stanno cercando di convincere la gente che era la pillola amara, fatta mandar giù nella prima parte del loro mandato, che oggi viene compensata da maggiore crescita e occupazione.

I vecchi partiti avranno bisogno di formare una coalizione per governare la Spagna nel 2016. La questione è che non hanno esperienza in questo. Quello che è chiaro è che hanno un problema generazionale: la loro base di voti è sempre più anziana.

Figura 3: Voti stimati per gruppo d'età

Figura 3: Voti stimati per gruppo d’età

 

Traduzione a cura di Veronica Frattini

Supervisione alla traduzione di Ivan Invernizzi

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