Approfondimento

Non emettere più titoli di Stato sarebbe una gran cosa

Non emettere più titoli di Stato sarebbe una gran cosa

Meno rendite parassitarie e meno disorientamento culturale

L’emissione di titoli di Stato non finanzia la spesa pubblica.

Se si comprende che le valute sono delle creazioni statali – e che non sono i privati o i “mercati” ad averle istituite, create e distrutte – è naturale chiedersi: perché gli Stati, anche quelli monopolisti della propria valuta (per es. USA, Svizzera o Norvegia), emettono titoli di Stato?

Innanzitutto è necessario fare un salto indietro nella storia, quando le valute avevano un cambio fisso con metalli preziosi. In tale contesto i titoli di Stato (tdS) erano uno strumento che drenava valuta convertibile dalla circolazione e consentiva, tramite la variazione del tasso di interesse, di mantenere il cambio fisso tra valuta in circolazione e il metallo prezioso (per es. oro e argento). In altri termini l’interesse sui tdS impediva che la domanda di metallo prezioso salisse al punto di alzarne il prezzo, facendo saltare la convertibilità a cambio fisso tra metallo prezioso e valuta: il tasso d’interesse serviva per deviare la domanda dall’oro ai tdS. Tale meccanismo valeva anche per le valute che avevano il tasso di cambio fisso con valute estere.

Ma oggi – e qui veniamo alla risposta – in un mondo nel quale la grande maggioranza dei paesi non usa valute in regime di cambio fisso (né con metalli preziosi, né con valuta estera), i tdS sono poco più che un’inerzia storica. Possono essere usati per sostenere il tasso d’interesse interbancario (il tasso d’interesse sulle riserve bancarie che le banche si prestano tra loro), ma non vi è in realtà alcun motivo per un loro utilizzo. Forse ricoprono più una funzione di supporto ad una narrazione che attribuisce ai mercati il potere finanziario “da cui non si può scappare”.

Inoltre emettere tdS significa sostenere – tramite gli interessi – rendite parassitarie macroeconomicamente anche molto rilevanti. Si potrebbe dire che i tdS creano un “reddito di cittadinanza” per coloro che possono permettersi di comprarli.

Eliminarli comporterebbe la scomparsa di rendite parassitarie che sottraggono ai lavoratori parte della produzione, orientandola verso chi ha una rendita. Si può comprare solo ciò che si produce e quindi se qualcuno ha ottenuto potere d’acquisto senza produrre niente, non può che averlo sottratto a chi ha contribuito alla produzione economica. Arrestare la loro emissione avrebbe quindi un immediato effetto distributivo virtuoso.

Oltre a ciò vi sarebbe anche un effetto culturale-politico molto importante: verrebbe meno l’idea – assolutamente sbagliata – che lo Stato abbia bisogno di “chiedere in prestito soldi ai ricchi” per spendere e renderebbe più chiaro il concetto per cui tutto ciò che è tecnicamente possibile è sempre finanziabile. Niente più scuse per mancate ricostruzioni post terremoti o sotto investimenti in settori fondamentali come istruzione e sanità.

Per approfondimenti consiglio “Exchange rate policy and full employment”, Warren Mosler (qui parte 1 e qui parte 2).

 

Articolo pubblicato sul numero di giugno 2019 della rivista Bergamo Economia Magazine


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