L'Editoriale

Economia, progresso e… Ritorno al Futuro

Ritorno al Futuro

Quando ero bambino, mi è capitato diverse volte di vedere il film Ritorno al Futuro. Vederlo, costituiva per me un esercizio di speranza. La voglia di scoprire le innovazioni, le esperienze ed il progresso che il futuro mi avrebbe riservato, mi rendevano impaziente. Volevo vedere il futuro. Volevo crescere. Volevo scoprire quali cose avrei potuto fare. Bello vedere film così!

Negli ultimi anni, mi è capitato ancora di guardare film che parlassero di un futuro prossimo, un futuro in cui avrei potuto vivere (sono nato nel 1989), ma la narrazione, pur facendo sempre riferimento all’accelerazione di fenomeni riscontrabili nel presente, delineava uno scenario molto cupo e sicuramente non desiderabile. Interstellar, In Time ed Elysium sono i primi titoli che mi vengono in mente. In ognuno di questi film, la prospettiva futura cambia drasticamente rispetto a Ritorno al Futuro: lo standard della vita futura di larga parte della popolazione viene sempre presentato in modo molto peggiore rispetto all’attuale. Gravi disuguaglianze, persone trattate come cose, vite relegate ad un continuo conto alla rovescia o penalizzate dalla scarsità di risorse, uomini e donne che sembrano dover lavorare con ritmi ancora più pressanti di quelli odierni.

Pensandoci, ho realizzato che, probabilmente, questi film vanno a ricalcare la visione diffusa attualmente della società del futuro, una visione basata su ciò che si sperimenta nel presente. Nel 1985, quando è uscito il film Ritorno al Futuro, le popolazioni occidentali provenivano da trent’anni di intenso progresso sociale, economico e tecnico, perciò, poteva apparire del tutto ragionevole immaginare che il progresso sarebbe continuato allo stesso ritmo nei decenni successivi.

Oggi, al contrario, la società occidentale sta sperimentando una continua deprivazione economica, cui fanno seguito la regressione sociale (di cui siamo tutti testimoni) e l’immaginario collettivo sul quale i film di fantascienza fanno leva.

Ritorno al Futuro aveva torto? Era destino che le cose prendessero il corso che hanno preso? Il progresso è un fatto naturale, spontaneo? La risposta è no! Il progresso si costruisce con investimenti tesi a costruirlo e in condizioni sociali che lo rendano tale, al di là della dimensione economica.

La piena occupazione non è solo la condizione necessaria affinché la società riesca ad esprimere il massimo del suo potenziale, è anche la base sociale, che toglie dalla ricattabilità chi lavora, dando spazio alla società di sperare, immaginare e costruire un futuro diverso. Il progresso nasce da una società e da uno Stato finalmente liberi dall’ideologia dell’austerità, quindi in grado di esprimere la capacità progettuale dell’uomo.

A questo punto, mi pongo una domanda: le invenzioni sono una gran cosa, ma è davvero necessario che vi siano nuove invenzioni, ottenute per mezzo di investimenti importanti, per elevare ancora di più lo standard di vita dell’umanità? La risposta è no!

Quanto realmente è importante l’innovazione? Abbiamo già la capacità di alzare lo standard di vita al livello che Keynes pensava avremmo raggiunto fra 15 anni? Livello in cui tutti, e dico tutti, possano avere cibo, vestiti, abitazioni, in misura ampiamente oltre le loro necessità, e vite felici? Assolutamente! Non abbiamo bisogno di innovazioni, noi sappiamo già come fare tutto ciò. Abbiamo le tecnologie per farlo. E possiamo farlo in un anno. Non ho dubbi su questo.

[Prof. Randall Wray durante una delle sue lezioni di macroeconomia presso l’Università di Bergamo]

Non è sufficiente sapere come si costruisce una smart city, non lo è neppure sapere come si ricostruiscono e mettono in sicurezza le zone alluvionate e terremotate, oppure come si approvvigiona la popolazione di servizi. Per creare progresso, è sufficiente attivare questa capacità produttiva già esistente e, nell’ambito di un’economia monetaria, le risorse reali disponibili si attivano con la spesa monetaria!

Tutto ciò che è fisicamente possibile è finanziariamente possibile.

[Prof. Stephanie Kelton, Capo Economista dello staff democratico di minoranza della Commissione Bilancio del Senato USA]

Potenzialmente, se rinunciamo a perseguire l’ideologia dell’austerità, l’anno prossimo potremmo vivere in un mondo migliore di quello in cui arrivò Marty McFly.

In alto il deficit costruttore di progresso! Viva la vita!


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