Il Commento

Ritorna l’austerità (che non è mai andata via)

L’esperienza, gli errori, le recessioni, non hanno insegnato nulla in questi anni nell’Unione Europea. I deputati europei hanno votato ieri, martedì 23 aprile, la riforma del Patto di Stabilità.

Una decisione che determinerà il futuro dei prossimi anni.

Le nuove regole, che per lo più sono una riedizione delle precedenti, non possono che condurci inevitabilmente verso una nuova recessione, tappa finale della spirale riduzione del debito – politiche di austerità – riduzione dei consumi – crisi.

Ritornano i parametri europei del 3% deficit/PIL e 60% debito/PIL (con fascia successiva dal 60% al 90%). L’unico margine di libertà lasciato ai governi riguarda la presentazione del piano a medio termine per il rientro nei parametri. E la chiamano compromesso.

La riforma è il risultato di una negoziazione, infruttuosa quanto dolorosa, tra l’Italia e i falchi del debito pubblico. Ed è una sconfitta. Una decisione politica condizionata da dogmi, interessi e preconcetti che nulla hanno a che vedere con il reale funzionamento dei sistemi macroeconomici.

Chi esulta, inspiegabilmente, per il passo avanti dello scorporo delle spese per il cofinanziamento dei programmi UE dal calcolo delle spese, non si rende conto del paradosso: gli investimenti sono necessari ma ci si autoimpone una regola che ne impedisce la realizzazione. Dunque, si crea l’eccezione per i progetti UE ma non per la sanità pubblica, l’occupazione, l’istruzione.

L’Unione Europea persevera nella stupidità e nella follia.

Abbiamo scritto, spiegato e diffuso negli anni i nessi causa effetto tra austerità e crisi. Nel nostro sito web trovate tutte le informazioni per capire perché la riforma del Patto di Stabilità non è una riforma ma una semplice riedizione di errori già noti.


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