L'Editoriale

Riflessioni sulla seconda Conferenza Internazionale sulla MMT – Parte 1

Riflessioni sulla seconda Conferenza Internazionale sulla MMT – Parte 1

Ho davvero poco tempo libero oggi. Mi trovo a Dublino e presto viaggerò verso Galway per l’evento di questa sera (vedi più avanti). Ieri sera ho incontrato alcuni politici irlandesi al parlamento irlandese e intrattenuto conversazioni interessanti. Rifletterò sulle interazioni che ho avuto finora in Irlanda in un post successivo. Ma oggi (e nel prossimo post) ho intenzione di riflettere brevemente sui miei pensieri circa la seconda [Conferenza] Internazionale sulla MMT tenutasi lo scorso fine settimana a New York. Erano presenti circa 400 partecipanti, il che rappresenta un progresso eccezionale. Le sensazioni dell’incontro sono state di ottimismo, entusiasmo e, si potrebbe dire senza prendersi eccessiva licenza, di energia illimitata. Quindi un grande passo avanti considerato da dove veniamo. Detto questo, alle diverse sessioni e alle conversazioni informali avute in quei tre giorni ho avuto reazioni contrastanti, che possono servire come moniti per non essere precipitosi. Questo post è la prima parte della raccolta di alcuni di quei pensieri. Riflettono, in una certa misura, i commenti conclusivi che ho fatto nell’ultimo dibattito domenica scorsa.

Quelle che seguono sono alcune riflessioni nell’ordine in cui le ho discusse nel mio contributo al dibattito finale domenica scorsa alla Conferenza sulla MMT di New York.

Spero che questi commenti vengano presi con lo spirito giusto.

Mettere insieme una struttura di dibattiti così varia ha richiesto agli organizzatori un grandissimo sforzo. Credo che l’equilibrio sia stato leggermente spostato dal contenuto didattico supportato da sforzi di ricerca fondati sulle evidenze verso una varietà di opinioni, alcune delle quali non del tutto nell’ambito di quello che chiamo paradigma della MMT.

E non sto parlando di disaccordo.

Piuttosto, parlo di iniziare dalle radici reali della MMT e di usare quella prospettiva per strutturare l’attivismo. Ci sono state molte proposte da parte di persone che ho concluso avessero solo la minima consapevolezza di cosa fosse in realtà la MMT e questo è risultato, a volte, in un dibattito poco efficace.

Troppo spesso ho sentito i relatori dire “dobbiamo lavorare su questo” o “non abbiamo ancora considerato questo”, quando la realtà è che la letteratura costruita negli ultimi 25 anni (circa, almeno) ha considerato tutte queste prospettive.

Così, anche se c’erano un entusiasmo coinvolgente e ottimismo tra i partecipanti, cose che penso promettano bene per il futuro, abbiamo bisogno di mantenere un approccio realistico: c’è ancora un enorme lavoro da fare.

Mentre è innegabile che la MMT adesso sta penetrando sempre più nel dibattito pubblico, queste “sfide tra idee” sono solitamente lente. In qualsiasi disciplina accademica occorre molto tempo per lanciare una sfida efficace ai processi mentali dominanti.

La MMT non è uno slogan

Ho percepito che c’è una tendenza tra chi è nuovo alla Teoria Monetaria Moderna (MMT) ad usare il termine MMT come uno slogan invece che a riferirvisi come a un lavoro accademico di teoria economica e pratica, coerente e sviluppato in modo meticoloso.

Molte persone con cui ho parlato e che ho ascoltato sembravano limitare la loro concezione della MMT come a dire che la capacità dello Stato di finanziare progetti è illimitata e che quindi c’è un grande spazio di manovra per introdurre ogni sorta di politica progressista.

Il corollario a questo è una tendenza che ho osservato (ascoltato) a considerare la MMT una sorta di calderone di idee dal quale possiamo prendere e scegliere a seconda delle nostre preferenze. In questo senso, tutti i diversi progetti di lavoro garantito che sono saltati fuori negli ultimi mesi sono sintomatici di questa tendenza. Si veda di più su questo più avanti.

Entro un certo limite questo è vero, ma costruire la MMT come una sorta di mera licenza per gli Stati a fare qualsiasi cosa si voglia è una semplificazione che invita al criticismo.

E non apprezzare l’intera storia della MMT – studiandone la letteratura – significa che un approccio “scegli e prendi” può spesso portare a proposte di politiche inattuabili e aprirsi alle critiche severe degli economisti mainstream.

Per esempio, ora che siamo quasi andati oltre la risposta istintiva degli economisti mainstream per cui lo Stato resterà a corto di soldi – la prima solita risposta comune nei primi giorni della MMT – ad una dichiarazione istantanea per cui avere continui deficit fiscali sia in ultima istanza inflazionistico, è importante che comprendiamo i meccanismi di stabilità dei prezzi presenti nella letteratura MMT.

È un progetto il fatto che il dibattito si sia spostato dalla solvibilità alle distorsioni inflazionistiche. In parte è un progresso, perché concentra il dibattito sulla questione piuttosto che sul fumo negli occhi.

L’inflazione è un rischio per qualsiasi spesa, pubblica o meno. E anche se è un male inferiore rispetto alla disoccupazione di massa, è comunque desiderabile, e il cuore del gruppo della MMT certamente enfatizza il fatto che le nostre strutture di policy non stimolano un’accelerazione dell’inflazione.

Questo significa che gli attivisti devono essere molto consapevoli di come l’approccio MMT attenui il rischio inflazionistico della spesa pubblica e non proponga politiche che minano quei meccanismi. Mi riferisco ai meccanismi occupazionali di tipo buffer stock che sono intrinseci alla MMT.
Considerare semplicemente che questi meccanismi siano progetti per la creazione del lavoro e credere che possiamo avere versioni migliori di questi progetti di creazione di posti di lavoro (si veda più avanti), molti dei quali violano gli aspetti essenziali del concetto di ancora dei prezzi che stabilizza l’inflazione, vuol dire minare la credibilità della MMT come ortodossia macroeconomica alternativa.

Scrivo altro su questo più avanti.

In altre parole, operare all’interno dei parametri di quello a cui oggi ci riferiamo come MMT – intendendo che si accetti la letteratura che abbiamo sviluppato – non consente di affermare che “vale tutto”.

Il cuore del gruppo MMT ha speso quasi 25 anni insieme (in diversi modi) per creare questo corpus letterario.

Il fatto è che capirlo porta a comprendere che gli Stati possono operare solo in un regime fiscale strettamente disciplinato se desiderano essere responsabili e servire l’interesse di molte persone.

Sebbene non ci siano vincoli fiscali per uno Stato che emette la propria valuta, ci sono certamente limiti molto stringenti sulle risorse reali. Lo spazio di intervento dello Stato è limitato da questi vincoli reali.

I deficit fiscali sono davvero importanti. E la sfida per tutti gli attivisti è capire in che modo siano importanti – ovvero, in quale senso gli economisti MMT lo dicono e distinguere questa preoccupazione dal modo in cui gli economisti mainstream costruiscono la narrazione del “problema del deficit”.
Ho scritto di questo nel post La condizione di deficit fiscale di pieno impiego (13 aprile, 2011).

Ad ogni modo, ciò non significa dire che “vale tutto”.

Nel mondo reale, probabilmente (sicuramente) ci saranno scelte politiche difficili che devono essere prese costantemente, che riguardano l’allocazione di fondi statali tra obiettivi che sono in competizione per le risorse produttive.

In questo contesto è cruciale che il braccio attivista del nostro programma consideri come proprio punto di partenza la ricca letteratura sviluppata riguardo a cosa sia la MMT e le implicazioni delle sue proposizioni fondamentali.

Questo condizionerà il tipo di opzioni che saranno proposte.

Non possiamo avere tutto quello che vogliamo.

Per esempio, con una mentalità basata sulla MMT, un politico può introdurre facilmente un’offerta di lavoro senza condizioni a un salario fisso. Questa proposta creerebbe lavoro ma, allo stesso tempo, non porrebbe pressione sul livello dei prezzi.

Ma non ne consegue necessariamente che lo stesso Stato possa creare opportunità di impiego nel settore pubblico in competizione con il settore privato per le risorse produttive, ai prezzi di mercato, senza andare incontro a conseguenze negative, inflazionistiche e altro.

Quindi dobbiamo essere consapevoli del contesto.

Non avere vincoli finanziari è una cosa e grazie a qualcuno, finalmente, stiamo condizionando il dibattito portandolo oltre la concezione errata che Stati che emettono la propria valuta possano restare a corto di soldi.

Ma sapere quando usare quella capacità fiscale è un’altra cosa e non dobbiamo pensare che qualsiasi cosa sia possibile.

Non lo è. Devono essere comunque fatte scelte tra le priorità.

C’è solo un programma di Job Guarantee

Nei miei commenti nel dibattito finale ho puntualizzato che come gli studi della Disney hanno creato i 101 Dalmata nel 1996, sembra che ora ci siano 101 o più proposte di piani di lavoro garantito (job guarantee) che circolano, molte delle quali affermano di derivare dalla MMT.

Si noti l’uso delle lettere minuscole “j” e “g” nel paragrafo precedente.

Ecco alcuni avvertimenti.

Primo, il gruppo originale della MMT non afferma di avere inventato il concetto di “diritto al lavoro”. Questo risale almeno al tredicesimo secolo e c’è stata una costante battaglia tra coloro che volevano aumentare la forza lavoro e quelli che desideravano una riserva di disoccupati per contenerla.
Quindi lo sviluppo del Job Guarantee (si notino le maiuscole) non è un tentativo di sostituire il concetto di “diritto al lavoro”. Infatti, e non voglio che questo punto sia frainteso, lo sviluppo del concetto di Job Guarantee nell’ambito della MMT non ha necessariamente nulla a che vedere con le visioni filosofica o morale del “diritto al lavoro”.

Cosa stai dicendo? Come può essere? Allora adesso Bill Mitchell sta dicendo che non crede nel “diritto al lavoro”?

Come ho detto, voglio che il punto non sia frainteso.

Personalmente ho un profondo e costante impegno nei confronti del concetto di “diritto al lavoro”. Non ci sono dubbi su questo.

Ma il mio lavoro di sviluppare il concetto del Job Guarantee all’interno della MMT può essere visto come separato dal valore di quell’impegno.
Il Job Guarantee all’interno della MMT è un costrutto tecnico progettato per rimpiazzare la curva di Phillips del pensiero mainstream ([che presume] il trade-off tra disoccupazione e inflazione). Tornerò su questo punto nella seconda parte.

Il Job Guarantee è un meccanismo di tipo buffer stock migliore, rispetto alla disoccupazione di massa, per mantenere la stabilità dei prezzi.

E questo significa che, anche senza possedere una dedizione filosofica o morale nei confronti del “diritto al lavoro”, si può comunque auspicare un Job Guarantee (nello stile MMT) in contrapposizione all’approccio NAIRU [Non-Accelerating Inflation Rate of Unemployment, NdT] che utilizza la disoccupazione come ancora dei prezzi del buffer stock.

Dovrebbero concordare che in termini di efficienza – relativamente allo spreco di risorse ecc. – l’approccio basato sulla riserva di lavoro è superiore all’alternativa attualmente dominante.

Il punto mostra perfettamente il malinteso comune che la MMT sia un regime al quale possiamo aderire se solo proviamo a farlo.

Come ho evidenziato spesso, la MMT non è un regime che si “applica” o “a cui si passa” o “si introduce”.

Sembra che questo punto sfugga all’attenzione di molti critici (e della seconda generazione di attivisti MMT, allo stesso modo).

Piuttosto, la MMT è una lente che ci permette di vedere il vero (intrinseco) funzionamento di un sistema monetario fiat.

Ci aiuta a capire meglio le scelte a disposizione di uno Stato che emette la propria valuta.

Non è un regime, ma una prospettiva accurata della realtà.

Solleva il velo imposto dall’ideologia neo-liberista e porta a porre le vere questioni e le scelte allo scoperto.

In questo senso la MMT non è né di destra né di sinistra, né liberale né illiberale, né di qualsiasi altra descrizione di sistemi di valore che sia d’interesse portare avanti.

Con questo intendo che mentre la MMT fornisce una chiara lente per vedere il sistema, per avanzare specifiche piattaforme politiche, bisogna imporre un sistema di valori (un’ideologia) nell’ambito di questa conoscenza.

Non ha significato parlare delle prescrizioni della MMT. Chiunque parli in questi termini rivela di non aver capito completamente la distinzione tra una lente e un’applicazione di valori.

Il punto è che la MMT è quello che già esiste. Non è una questione di spostarsi alla MMT.

Evitando l’uso discrezionale della politica fiscale e imponendo regole fiscali non si stanno esercitando opzioni politiche “non-MMT”.

La lente MMT ci permette di individuare e prevedere in modo più accurato le conseguenze di tale politica fiscale.

Ma non ci sono politiche “non-MMT”. Questo non è compreso molto bene.

Quindi il Job Guarantee nella MMT è un costrutto tecnico. Va al cuore delle nostre specifiche di stabilizzazione dei prezzi.

Conclusioni

Continuerò questa analisi nella 2 parte – forse domani, dipende dal tempo a disposizione.

 

Originale pubblicato il 3 ottobre 2018

Traduzione a cura di Luca Giancristofaro, Supervisione di Andrea Sorrentino


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