La Teoria

MMP Blog #52: Conclusione: la natura della Moneta (2)

MMP Blog #52: Conclusione: la natura della Moneta (2)

Introduzione: cos’è la Moneta?

In un certo senso, il nostro compito lungo il corso di quest’anno è stato quello di sviluppare una teoria della natura della Moneta. Quando si chiede “cos’è la Moneta”, la maggior parte delle persone risponde – in modo abbastanza ragionevole – che la Moneta si usa per comprare qualcosa. Questo fa riferimento all’uso della Moneta come mezzo di scambio, l’uso ovviamente più comune. Se messa ulteriormente sotto pressione, la maggior parte delle persone risponderebbe anche che la Moneta è qualcosa che si può detenere come riserva di valore. In effetti, gli economisti riconoscono nella Moneta la riserva di valore più sicura e liquida a disposizione – fatta eccezione per le situazioni caratterizzate da elevata inflazione, [situazioni] in cui il valore della Moneta decresce rapidamente. Alcuni accenneranno anche all’uso della Moneta per il pagamento dei debiti, [situazione] in cui la Moneta è utilizzata come mezzo di pagamento, o mezzo di pagamento definitivo di impegni contrattuali.

Infine, se chiedessimo alle persone “quanto vale” – puntando il dito verso una cosa qualsiasi – una risposta comune sarebbe quella di valutare il valore in termini di Moneta, la quale agisce in questo caso da unità di conto usata per misurare la ricchezza, i debiti, i prezzi, il valore economico.

Queste risposte ci portano abbastanza lontano dal capire cos’è la Moneta, poiché ciascuna si concentra su una funzione o su un utilizzo della Moneta differente, ma ampiamente condiviso. Ma potremmo provare a scavare più a fondo e chiedere: qual è la natura della “cosa” che assolve queste funzioni?

Quando andiamo in un negozio potremmo usare contanti, un assegno bancario o una carta di credito in plastica come mezzi di scambio. Quando presentiamo la nostra dichiarazione dei redditi al Tesoro, potremmo semplicemente fare un pagamento elettronico. Possiamo comprare libri e Barbie da collezione su Internet usando PayPal. Ma possiamo stimare il valore di un’auto usata in termini di un’unità di conto puramente rappresentativa – un po’ come possiamo ipotizzare il peso del nostro vicino in libbre, chilogrammi o pietre, unità che non possiamo toccare.

La Moneta è una cosa fisica?

I più credono, in maniera abbastanza istintiva, che la Moneta debba avere una qualche [forma di] esistenza fisica, o che almeno debba essere “garantita” da riserve di metalli preziosi tenute al sicuro nei caveau dello Stato. Alcuni che sanno che non è vero temono che la Moneta che usiamo oggi sia in qualche modo illegittima, una Moneta “falsa” proprio perché [sotto forma di] pezzi di carta o dati elettronici “senza valore” depositati in banca. Questa è una tipica risposta dei “goldbug”, vicini alla scuola Austriaca e spesso seguaci di Ron Paul (ex-candidato alla Presidenza USA e spina nel fianco della Fed).

Ciò che abbiamo provato a fare in questo Primer è presentare una descrizione attenta e coerente della natura della Moneta. Abbiamo sempre distinto tra la Moneta di conto (Dollaro, Sterlina, Yen) e gli oggetti-Moneta denominati in quella Moneta di conto. Abbiamo affermato che tutti quegli oggetti-Moneta sono a loro volta passività, obbligazioni, ITD del loro emettitore. Allo stesso tempo, essi sono asset per chi li possiede. La natura dell’impegno dell’emettitore è questa: deve sempre accettare un suo ITD quando riceve un pagamento. La banca che emette depositi a vista come proprie passività deve accettare i suoi depositi a vista nel pagamento dei mutui, che sono per lei asset. Lo Stato che emette la sua valuta come ITD attraverso i suoi pagamenti deve accettare la sua valuta nei pagamenti in proprio favore (per canoni, multe e tasse).

Dunque c’è davvero qualcosa a garanzia degli oggetti-Moneta: la promessa dell’emettitore di riprenderli indietro. Spesso gli emettitori aggiungono un’ulteriore promessa per aumentare l’accettabilità [degli ITD]: quella di convertire i loro ITD negli ITD emessi da qualche entità le cui passività siano ancora più accettabili. Questo ci porta al concetto di piramide del debito. Le passività delle famiglie e delle imprese sono convertite in depositi bancari a vista (si promette di consegnare passività bancarie per rimborsare i propri debiti) e gli ITD bancari sono convertibili in valuta di Stato (contanti e riserve – HPM [1]).

Sostanzialmente i “goldbug” l’hanno capita al contrario: non era l’oro a dare alla Moneta il suo valore, ma – al contrario – l’oro aveva valore come Moneta perché le autorità pubbliche vincolavano il suo prezzo in Moneta. Questo avveniva promettendo di restituire oro in cambio di valuta ad un tasso di cambio fisso.

Ad ogni modo, analizziamo l’economia in cui viviamo, con il sistema monetario che effettivamente esiste. È un sistema basato su una Moneta di conto scelta dallo Stato e quasi ovunque soggetta alla regola “un Paese, una valuta”. Uno Stato sovrano emette valuta quando spende e la ritira con il pagamento delle imposte ed altri pagamenti effettuati a suo favore. Anche se in un certo periodo è esistito lo standard aureo e persino se questo avesse funzionato senza intoppi come fantasticano i goldbug, non importa più in alcun modo.

Tre affermazioni sulla natura della Moneta

Concludiamo con le tre affermazioni:

  1. Come notoriamente disse Clower (1965), la Moneta compra beni e i beni comprano Moneta, ma i beni non comprano beni.
  2. La Moneta è sempre debito; dalla prima affermazione, non può essere una merce perché se lo fosse significherebbe che un particolare bene sta comprando beni.
  3. Il default sul debito è possibile, il che significa che il merito creditizio è importante. Non tutti gli oggetti-Moneta nascono uguali.

Queste tre affermazioni offriranno una struttura sufficiente a scavare un po’ più a fondo nella nostra teoria della Moneta. La discussione che segue sarà ad un livello teorico, sostanzialmente logico.

Ciò richiederà qualche accenno a teorie e storie alternative sulla Moneta. Pertanto richiederà una maggiore familiarità con le tipiche descrizioni dei libri di testo. I lettori potrebbero voler ripassare un po’ sul loro testo di Samuelson.

I beni non comprano beni. Ora si sa fin troppo bene che la tipica storia sulle origini della Moneta che troviamo sui libri di testo richiede molta riflessione: a causa dell’inefficienza del baratto, i commercianti scelsero una particolare merce che fungesse da merce-Moneta. Lo scambio è quindi facilitato dall’uso di quella merce-Moneta rispetto allo scambio diretto di beni. Un ipotetico processo evolutivo tocca la scoperta di un moltiplicatore monetario (banconote emesse sulla base di riserve della merce-Moneta, come l’oro), la monopolizzazione delle riserve della merce da parte dello Stato, per giungere infine alla sostituzione della Moneta-merce con una Moneta fiat, che non è garantita da una merce.

Tuttavia, se iniziamo con l’affermazione che i beni non possono comprare beni, allora dobbiamo guardare altrove per [indagare] la natura della Moneta, perché una Moneta-merce non sarebbe mai potuta esistere. E non possiamo supporre che i mercati appaiano prima della Moneta per la semplice ragione che non possono esserci “scambi” (vendite) finché non esiste la Moneta. Inoltre, la Moneta non è una cosa che si produce – non è una merce prodotta dal lavoro (altrimenti sarebbe un “bene che compra un bene”), né è qualcosa di cui si va in cerca per soddisfare direttamente il genere di bisogni e di desideri individuali che motivano la produzione di merci. Al massimo possiamo dire che cerchiamo la Moneta perché offre accesso alle merci che soddisfano quei desideri.

È importante [il fatto] che la Moneta non sia prodotta direttamente dal lavoro. Immaginate se potessimo “far crescere la Moneta sugli alberi” o nei campi come il grano – cosa che vostra madre saprebbe essere impossibile. I lavoratori che perdessero il loro posto di lavoro potrebbero andare a raccogliere la Moneta sugli alberi o dagli stocchi, come produttori autonomi di Moneta.

Chi ha letto la Teoria Generale di Keynes ricorderà il suo ragionamento per cui la Moneta “non può essere facilmente prodotta: gli imprenditori non possono destinare lavoro a volontà per produrre moneta”, ed anche il suo ragionamento secondo cui “la disoccupazione si sviluppa perché, per così dire, le persone vogliono la luna; non si possono impiegare gli uomini quando l’oggetto del desiderio (cioè la Moneta) è qualcosa che non si può produrre e la cui domanda non si può stroncare senza difficoltà”. Anche se potrebbe essere piacevole far crescere la Moneta nei vasi sui davanzali, se lo facessimo il nostro mondo economico apparirebbe abbastanza diverso da com’è ora.

E se potessimo far crescere la Moneta sugli alberi, come questa potrebbe questa mantenere il suo valore? Le foglie di Moneta sarebbero raccolte dagli alberi finché la quantità di sforzo necessaria a produrre Moneta in modo diretto sarebbe pari alla quantità di Moneta che sarebbe possibile ottenere indirettamente, attraverso altri processi produttivi (sotto forma di salari e profitti). La raccolta di foglie determinerebbe comunque uno standard minimo. Mantenere una relativa scarsità di Moneta ne conserva il valore, ma questo significa allo stesso tempo che non dovrebbe essere qualcosa che si produce col lavoro.

C’è però da dire una cosa più importante. Altrove – in particolare nelle bozze della Teoria Generale – Keynes presume in maniera esplicita che, in un’economia monetaria, il fine della produzione sia quello di accumulare Moneta. È questo desiderio di accumulare Moneta, ma allo stesso tempo l’incapacità di utilizzare il lavoro per produrla, che impedisce che il lavoro sia destinato alla sua produzione. Il ragionamento di Clower per cui “i beni non comprano beni”, che la Moneta non è una merce prodotta dal lavoro, dev’essere pertanto alla base del pensiero di Keynes. Ed è per questo motivo che la disoccupazione si sviluppa quando le persone vogliono la “luna” (la Moneta), ma non la possono produrre con il lavoro.

Anche Karl Marx, Thorstein Veblen e i loro seguaci sostenevano che l’economia capitalistica è un'”economia monetaria di produzione”. Per farla semplice, il fine della produzione è quello di accumulare Moneta – non quello di scambiare con altre merci le merci prodotte. Come afferma Robert Heilbroner, questo fornisce alla produzione una “logica” che rende possibile fare analisi economiche. In effetti, la nostra precedente analisi sui saldi settoriali e sulla coerenza stock-flusso, e persino il computo dello stesso Pil, si basano tutti su questa “logica”.

Da un certo punto di vista, si tratta di qualcosa di ovvio. Per motivi contabili abbiamo bisogno di un’unità [di conto] per aggregare voci eterogenee: salari, profitti, rendite; investimento, consumo, spesa pubblica; mele, arance e gingilli. Come disse Keynes, sono solo due le unità di conto ovvie a disposizione – le ore lavorate e l’unità di salario monetario. La tradizione classica (che seguì Marx) si concentrò sulla prima, mentre la maggior parte dei seguaci di Keynes si concentrò esclusivamente sulla seconda, anche se alcuni, come Dillard, usandole entrambe seguirono l’esempio di Keynes.

Ma la teoria monetaria della produzione di Marx-Veblen-Keynes intende dire qualcosa di più del fatto che, per ragioni contabili, abbiamo bisogno di un’unità monetaria universale che sia pratica. La Moneta è l’oggetto della produzione – non è solo il modo in cui misuriamo il valore della produzione. Il fatto che la Moneta non assuma alcuna particolare forma di merce è la ragione per cui può essere lo scopo della produzione di ogni singola merce. È la rappresentazione generale del valore – la Moneta compra tutte le merci e tutte le merci comprano la Moneta (o almeno cercano di comprarla).

In realtà, se una merce non può comprare Moneta non è davvero una merce – non ha alcun valore di mercato. Le merci derivano il proprio valore – diventano merci – scambiandole con la Moneta, rappresentazione universale del valore sociale. Per lo stesso motivo, ottenere Moneta ci permette di accedere a tutte le merci che stanno cercando di comprare Moneta.

Questo rischia di deludere: i frutti della produzione accedono al mercato, ma non riescono a comprare Moneta. L’incapacità di vendere i beni prodotti presenta [alcune] conseguenze, tra cui la scelta di cessare la produzione. La stessa forza lavoro è una merce prodotta (eccetto ovviamente il lavoratore libero, che non può essere acquistato o venduto), che cerca di essere scambiata con Moneta ma potrebbe, invece, trovare la disoccupazione.

Comunque, ottenere Moneta non solo è il fine della produzione, ma lo stesso processo produttivo è una “produzione di merci attraverso merci”, come diceva Sraffa. Sarebbe a dire che è necessario avere a disposizione merci per produrre – occorrono materie prime, attrezzature e forza lavoro per realizzare una produzione.

E quelle merci (inclusa la forza lavoro ed altri mezzi di produzione prodotti) possono essere acquistate solamente con oggetti-Moneta (ITD denominati nella Moneta di conto). In altri termini, lo stesso processo produttivo “inizia con la Moneta” sulla base della speranza di terminare con “più Moneta” (M-C-C’-M’, come diceva Marx – inizia con la Moneta per acquistare merci come risorse, produrre una merce diversa e poi venderla in cambio di una maggiore quantità di Moneta). Non solo è necessario che dalla produzione derivino vendite in cambio di (oggetti-) Moneta, [la produzione stessa] deve anche iniziare con (oggetti-) Moneta.

La produzione è completamente monetaria, dall’inizio alla fine. Non può iniziare con le merci, perché le merci devono essere state prodotte per la vendita in cambio di (oggetti-) Moneta. Anche l’analisi, pertanto, deve iniziare con la Moneta.

Senza dubbio la necessità di produrre merci e poi venderle in cambio di Moneta sta alla base del capitalismo. Se la Moneta si potesse produrre in modo diretto nei vasi per fiori, non avremmo bisogno di commercializzare la produzione – e la maggior parte delle peculiarità dell’economia in cui viviamo non sarebbero necessarie.

Non possiamo iniziare con il paradigma del baratto. Non possiamo rimuovere dall’analisi la Moneta, come se esistesse un qualche velo a nascondere la vera natura della produzione. Non possiamo immaginare che in qualche ipotetico futuro la Moneta diventerà in qualche modo una forza neutrale, come invece si suppone fosse al tempo in cui Robinson Crusoe barattava con Venerdì. In un’economia monetaria di produzione, iniziare col baratto non getta alcuna luce sulla produzione.

In realtà, se ci pensate, se scambiate una merce con un’altra non c’è alcuna necessità di Moneta, neppure come unità di misura. Io ho delle noci di cocco e tu hai del pesce; io preferirei avere il pesce e tu le noci di cocco, quindi commerciamo. Dobbiamo contrattare per raggiungere un accordo sul rapporto di scambio – quanti pesci per ogni noce di cocco. Questo ci dà un “prezzo relativo” misurato in cose reali. Non abbiamo bisogno di alcuna unità di misura. Senza dubbio questo genere di scambi avviene in ogni momento: se tu cucini la cena, io laverò i piatti; io scambierò due figurine di baseball di Barry Bonds per una di Mickey Mantle.

O due Mickey se tu pulirai il bagno. Non abbiamo bisogno di nessuna stupida Moneta!

Iniziamo allora con una Moneta di conto in cui “diamo un prezzo” ai beni e ai servizi che compriamo e vendiamo. E usiamo qualche cosa denominata in quella Moneta di conto – ricevendola quando vendiamo e consegnandola quando compriamo.

Cos’è questa “cosa”? È una merce, come l’oro denominato in Dollari? No!

 

Note del Traduttore

1.^ HPM: High Powered Money, o Base Monetaria

 

Originale pubblicato il 27 giugno 2012

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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