La Teoria

MMP Blog #45: Il PLG e la questione dell’accessibilità, con specifiche considerazioni per i Paesi in via di sviluppo

MMP Blog #45: Il PLG e la questione dell'accessibilità, con specifiche considerazioni per i Paesi in via di sviluppo

La questione dell’accessibilità. Come abbiamo visto nel corso dei 44 blog precedenti, un Paese sovrano che emette valuta propria in regime di tasso di cambio fluttuante può sempre permettersi, in termini finanziari, di realizzare un PLG/DLUI [Piano di Lavoro Garantito o del Datore di Lavoro di Ultima Istanza, NdT]. Fintanto che ci sono lavoratori pronti e disposti a lavorare al salario previsto dal Piano, lo Stato si può “permettere” di assumerli. Paga i salari accreditando i [loro] conti bancari. Se accredita conti per un ammontare superiore a quanto addebita attraverso le tasse, il risultato è un deficit. Si tratta inizialmente di un accredito netto al sistema bancario, detenuto sotto forma di riserve. Se l’ammontare di riserve detenuto è eccessivo, le banche provocano una riduzione del tasso d’interesse overnight. Lo Stato può quindi scegliere di lasciare che il tasso overnight crolli a zero (o al livello del tasso di sostegno, nel caso in cui lo Stato paghi un interesse sulle riserve) o può intervenire con la vendita di titoli fruttiferi al tasso di sostegno che preferisce; questo drenerà le riserve in eccesso. La spesa pubblica relativa al PLG/DLUI non è in alcun senso vincolata né dal gettito fiscale né dalla domanda di Titoli di Stato.

E la spesa dovuta al PLG/DLUI non aumenterà senza limiti. Come discusso in precedenza, la dimensione del bacino di lavoratori fluttuerà con il ciclo [economico], contraendosi automaticamente nel momento in cui il settore privato è in crescita. In recessione, i lavoratori esclusi dal settore privato troveranno un posto di lavoro grazie al PLG/DLUI, che aumenterà la spesa pubblica e stimolerà – in tal modo – il settore privato così che cominci a (re)impiegare attingendo dal bacino [dei lavoratori PLG]. Phil Harvey e Wray hanno stimato il valore della spesa pubblica netta relativa ad un PLG/DLUI rivolto a chiunque sia disposto a lavorare essere di molto inferiore all’1% del Pil per gli USA; la spesa lorda imputata al programma Jefes argentino (un PLG/DLUI limitato) ha avuto un picco pari all’1% del Pil (valore che senza dubbio sovrastima la spesa netta, perché in assenza del programma Jefes lo Stato avrebbe dovuto destinare una spesa superiore ad altri programmi di contrasto alla povertà).

Come abbiamo detto, un tasso di cambio fluttuante offre un “grado di libertà” che consente allo Stato di spendere senza preoccuparsi del fatto che l’aumento dell’occupazione e della domanda [aggregata] possano compromettere il rispetto di un vincolo sul tasso di cambio – a causa del rischio che aumentino l’inflazione nazionale e/o le importazioni. Pertanto, la politica fiscale è “libera” di perseguire altri obiettivi anziché restare ostaggio del mantenimento del vincolo. Analogamente, la politica monetaria può fissare il tasso d’interesse overnight per perseguire altri obiettivi anziché essere determinata dal livello di tasso coerente con il vincolo del tasso di cambio.

Questo non vuol dire che lo Stato eviterà necessariamente di considerare gli effetti sui tassi di cambio nel momento in cui pianificherà la politica fiscale e quella monetaria. Tuttavia, se si crede che l’obiettivo della piena occupazione sia in conflitto con il mantenimento di un tasso di cambio fisso, con un regime di tasso di cambio fluttuante lo Stato può scegliere la piena occupazione. D’altra parte, con un regime di tasso di cambio fisso, uno Stato che non possegga una quantità sufficiente di riserve in valuta estera potrebbe non “essere in grado” di spendere per promuovere la piena occupazione, nel caso in cui questo comportasse la perdita di riserve. Nella prossima sezione vedremo come uno Stato del genere potrebbe comunque implementare una versione del PLG/DLUI.

PLG/DLUI per un Paese in via di sviluppo. Un piccolo Paese in via di sviluppo presenta molte sfide. Primo, potrebbe produrre materie prime su piccola scala ed importare un gran numero di beni che non produce (anche se molti di essi potrebbero non entrare direttamente nel paniere di consumo di gran parte della popolazione). Inoltre, le sue esportazioni potrebbero essere limitate ad una quantità di materie prime ancora più ridotta. La crescita del reddito monetario potrebbe esercitare immediatamente una pressione sul tasso di cambio.

Secondo, il settore formale potrebbe essere di portata limitata, mentre la maggior parte della produzione e dell’occupazione potrebbe ricadere in quello informale, con una grande disparità tra i salari pagati nel mercato del lavoro formale e in quello informale. Terzo, la capacità di amministrazione del Governo nazionale potrebbe essere abbastanza limitata. Le infrastrutture nazionali potrebbero non essere adeguate a consentire un’espansione della capacità produttiva di dimensioni significative. Infine, è verosimile che il tasso di cambio del Paese sia vincolato.

Se si implementa un programma PLG/DLUI a livello nazionale, con un salario pari al salario minimo del settore formale, si verificherebbe un’esondazione di lavoratori dal settore informale. I redditi monetari aumenterebbero e la domanda di beni di consumo crescerebbe – compresa, cosa più importante, quella dei beni d’importazione “di lusso” che erano fuori dalla portata della maggior parte della popolazione. La bilancia commerciale si deteriorerebbe e lo Stato perderebbe rapidamente le riserve di valute internazionali necessarie a mantenere il vincolo [sul tasso di cambio]. Aumenterebbero i prezzi nazionali (anche se le pressioni dirette sui prezzi dei beni prodotti sul suolo nazionale sarebbero limitate se questi beni fossero più scadenti e acquistati principalmente dalle famiglie povere), ma, cosa più importante, i prezzi delle importazioni aumenterebbero con il deprezzamento della valuta. Una crisi del tasso di cambio innescherebbe, probabilmente, una crisi economica.

Esiste un modo per evitare queste conseguenze?

Primo, vediamo come questo Paese può ridurre l’impatto sui prezzi, sul tasso di cambio e sulla bilancia commerciale. Dovrà limitare l’impatto del Piano sulla domanda che si avvale di Moneta, cosa che si può fare mantenendo il salario monetario del Piano prossimo al livello del salario medio del settore informale. Quindi il salario, invece di essere fissato al livello di quello minimo del settore formale, è fissato al livello di quello del settore informale.

Comunque, è possibile ridurre la povertà se il pacchetto retributivo totale del PLG/DLUI comprende l’offerta fuori-mercato di beni di prima necessità. Questi potrebbero includere le produzioni nazionali di cibo, abbigliamento, case e servizi di base (assistenza sanitaria, all’infanzia, agli anziani, istruzione, trasporti). Siccome questi sarebbero offerti “in natura”, i lavoratori del programma avrebbero meno possibilità di usare il reddito monetario per sostituire con le importazioni la produzione nazionale. La produzione dei lavoratori, inoltre, potrebbe offrire molti o la maggior parte di questi beni e servizi – minimizzando l’impatto sul bilancio pubblico, così come quello sulla bilancia commerciale.

Se il programma rende direttamente disponibili beni di prima necessità e un reddito monetario pari a quello ottenuto in precedenza nel mercato informale, ci sarà un certo impatto netto sulla domanda tramite Moneta. Inoltre, la produzione dei lavoratori PLG/DLUI potrebbe aver bisogno dell’importazione di strumenti o altri fattori necessari al processo di produzione. Un’attenta pianificazione da parte dello Stato può contribuire a minimizzare gli effetti indesiderati.

Ad esempio, l’importazione di strumenti e materiali necessari può essere legata ai redditi da esportazioni o all’aiuto internazionale. Siccome le tecniche produttive usate nel PLG/DLUI sono flessibili (la produzione non è costretta a sottostare alle necessità di profitto tipiche del mercato – come ha dimostrato Mat Forstater), lo Stato può gradualmente aumentare i “capital ratio” in linea con la sua capacità di finanziare le importazioni. Inoltre è possibile sviluppare i progetti PLG/DLUI al fine di incrementare la capacità produttiva nazionale per le esportazioni. L’esempio più ovvio è la realizzazione di infrastrutture pubbliche, per ridurre i costi delle aziende ed attrarre l’investimento privato.

Un’implementazione del programma per fasi aiuterà ad attenuare gli effetti indesiderati sul mercato formale e su quello informale, limitando al contempo l’impatto sul bilancio pubblico. Inoltre, andare per gradi aiuterà lo Stato ad ottenere le competenze necessarie a gestire un programma su scala più ampia. L’Argentina, ad esempio, ha limitato il suo programma consentendo la partecipazione solo al capofamiglia di ogni famiglia povera.

Inizialmente il Piano può essere perfino più limitato, consentendo ad ogni famiglia di iscrivere il capofamiglia ma distribuendo i posti di lavoro con una lotteria, in modo che il Piano cresca ad un ritmo predefinito. I migliori progetti proposti da singole organizzazioni della comunità (ad esempio, a livello di villaggio) possono essere scelti per dare impiego ad un certo numero di capifamiglia della comunità (ancora, scegliendo i lavoratori con una lotteria).

La decentralizzazione dello sviluppo del progetto, della supervisione e dell’amministrazione può alleviare il fardello amministrativo sulle spalle del Governo centrale, assicurando al contempo la soddisfazione delle necessità locali.

Un altro esempio è l’India, che ha implementato un PLG desinato unicamente ai lavoratori rurali, che ora hanno diritto a richiedere 100 giorni di lavoro. Limitare il programma ai lavoratori locali aiuta a fermare la migrazione della popolazione in cerca di lavoro verso le città, e limitare il programma a 100 giorni di lavoro l’anno riduce il numero di progetti da creare (ed anche gli inconvenienti per il settore agricolo locale, che solitamente ha bisogno di lavoro solo per un periodo dell’anno; il programma impiega lavoratori quando non sono occupati nel settore agricolo).

Le agenzie di aiuto internazionale possono erogare alcuni finanziamenti per il piano DLUI, come hanno fatto nel caso del programma argentino. Certo, uno Stato sovrano può sempre pagare i salari nella valuta nazionale. Quindi l’aiuto internazionale non è necessario per pagare i salari. Tuttavia, se le importazioni aumentano per via della riduzione della povertà, l’aiuto internazionale può offrire la valuta internazionale necessaria. Inoltre, il Piano potrebbe avere bisogno di alcuni strumenti o attrezzature che è necessario importare. Per queste ragioni, l’aiuto internazionale sotto forma di valuta estera potrebbe, in alcuni casi, essere il benvenuto.

Il prestito internazionale andrebbe tuttavia evitato a meno che il PLG/DLUI aumenti direttamente le esportazioni per onorare il debito internazionale. Parte della produzione del programma PLG/DLUI può essere venduta sui mercati nazionali e forse su quelli internazionali per generare un reddito. I lavoratori Jefes in Argentina, ad esempio, hanno prodotto vestiti e mobili da vendere nei mercati formali. Inoltre, parte della produzione del Piano può sostituire gli acquisti dello Stato; ad esempio, i lavoratori Jefes producono uniformi per lo Stato. In generale, comunque, la produzione PLG/DLUI non dovrebbe competere con il settore privato. E lo Stato dovrebbe evitare di accumulare debito in valuta estera che sarebbe difficile da ripagare.

Infine, lo Stato può usare i metodi tradizionali per proteggere la bilancia commerciale ed i suoi vincoli sul tasso cambio: tariffe, controllo delle importazioni e controllo sui [flussi di] capitali.

Ricordate: il PLG è un programma aggiuntivo. Nella misura in cui il PLG/DLUI aumenta i salari monetari ed il consumo tramite Moneta, il suo effetto sulla bilancia commerciale e sui tassi di cambio è simile all’impatto della crescita nazionale più in generale. Gli argomenti a favore e contrari all'”intervento” nell’ambito del commercio internazionale e dei flussi di capitali sono ben noti e non richiedono alcuna ulteriore discussione in questa sede. Anche se c’è stata una forte propensione contro questo intervento, in anni recenti il consenso si è in parte spostato verso l’opinione per cui il protezionismo è accettabile, valutando caso per caso.

 

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Originale pubblicato l’8 aprile 2012

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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