La Teoria

MMP Blog #32: La Finanza Funzionale nella versione di Milton Friedman: una proposta per l’integrazione di politica fiscale e politica monetaria (1)

MMP Blog #32: La Finanza Funzionale nella versione di Milton Friedman: una proposta per l’integrazione di politica fiscale e politica monetaria (1)

Nell’ottica della conoscenza convenzionale corrente circa i pericoli dei deficit di bilancio, gli approcci di Lerner (esaminati la settimana scorsa) appaiono in qualche modo radicali. Ciò che è sorprendente è che, all’epoca, non lo erano poi così tanto. Come tutti sanno, Milton Friedman è stato un economista conservatore ed un aperto critico dello “Stato interventista” e dell’economia Keynesiana. Nessuno, rispetto a Friedman, ha qualifiche più solide sull’argomento della limitazione tanto della politica fiscale quanto di quella monetaria. Eppure, nel 1948 egli fece una proposta quasi identica a quella dell’approccio della finanza funzionale di Lerner. Da una parte, questo dimostra quanto oggi il dibattito si sia allontanato da una chiara comprensione del margine politico [di manovra] a disposizione di uno Stato sovrano, ma dimostra anche che le idee di Lerner devono essere state “nell’aria”, per così dire, largamente condivise tra gli economisti lungo lo spettro politico. Al termine di questa sottosezione leggeremo anche il commento di Paul Samuelson su questo argomento – esso fornisce una valida spiegazione circa l’odierna confusione su politica fiscale e politica monetaria. Come suggerisce Samuelson, la confusione è stata creata intenzionalmente, per confondere il tema.

In breve, nell’articolo di Milton Friedman del 1948 “A Monetary and Fiscal Framework for Economic Stability” [1], l’autore avanzò una proposta per la quale lo Stato realizzerebbe un pareggio di bilancio solo in condizioni di piena occupazione, mentre incorrerebbe in deficit durante una recessione e in surplus durante i boom economici. Non ci sono tanti dubbi sul fatto che la maggior parte degli economisti nel periodo del primo dopoguerra condividessero le opinioni di Friedman al riguardo. Ma Friedman andò oltre, avvicinandosi moltissimo all’approccio della finanza funzionale di Lerner: tutta la spesa pubblica sarebbe finanziata attraverso l’emissione di Moneta di Stato (valuta e riserve bancarie); una volta pagate le tasse, questa Moneta sarebbe “distrutta” (proprio come stracciate i vostri ITD quando vi vengono restituiti). Pertanto, i deficit di bilancio portano alla creazione netta di Moneta. I surplus porterebbero alla riduzione netta di Moneta.

Egli propose pertanto di combinare la politica monetaria con quella fiscale, usando il bilancio per controllare l’emissione monetaria in maniera anticiclica (Friedman avrebbe anche eliminato la creazione di moneta privata da parte delle banche attraverso una riserva obbligatoria del 100% – un’idea che mutuò da Irving Fisher e Herbert Simons nei primi anni ’30 del secolo scorso – pertanto, non ci sarebbe creazione “netta” di Moneta ad opera delle banche private. Esse espanderebbero l’offerta di Moneta bancaria solo nel momento in cui accumulano le riserve di Moneta emessa dallo Stato. Non affronteremo [però] questa parte della proposta). Questo è in netto contrasto con gli approcci convenzionali successivi (come quelli associati al modello IS-LM insegnato nei libri di testo [2]) che considerarono la politica monetaria e quella fiscale processi “dicotomici”. In seguito, anche Friedman sostenne che la Banca Centrale dovrebbe controllare l’offerta di Moneta, eliminando nei suoi lavori successivi la connessione tra politica fiscale e politica monetaria. Ma, almeno in questo paper del 1948, egli le considerò chiaramente interdipendenti coerentemente all’approccio di Lerner.

Friedman credeva che la sua proposta avrebbe innescato potenti forze anticicliche che avrebbero favorito – a loro volta – la stabilizzazione dell’economia, grazie all’azione combinata delle politiche monetaria e fiscale: deficit e creazione netta di Moneta nel momento in cui fosse esistita disoccupazione; surplus e distruzione netta di Moneta in condizioni di piena occupazione. Inoltre, il suo piano di stimolo anticiclico era fondato su regole, non su una politica discrezionale – avrebbe operato in maniera automatica, rapidamente, sempre e proprio al livello necessario. Più tardi, come ben noto, egli divenne famoso per la sua mancanza di fiducia nei confronti della politica discrezionale, sostenendo le “regole” piuttosto che le “autorità”. Questo paper del 1948 offre un chiaro modo di legare la politica e le regole, in modo da stabilizzare automaticamente la produzione e l’occupazione ad un livello prossimo alla piena occupazione.

Osserviamo che la “proposta” di Friedman è in effetti abbastanza vicina ad una descrizione del modo in cui le cose funzionano in un Paese sovrano. Quando lo Stato spende, lo fa creando “Moneta ad alto potenziale” (HPM) [3] – cioè accreditando riserve bancarie. Quando tassa, esso distrugge HPM, addebitando le riserve bancarie. Un deficit comporta necessariamente un’iniezione netta di riserve, ossia ciò che Friedman chiamava creazione di Moneta. Quasi tutti sono giunti a credere che lo Stato finanzia la sua spesa attraverso le tasse, e che i deficit lo obbligano a riprendere in prestito la sua stessa Moneta, così da poter spendere. Tuttavia, qualunque attenta analisi degli effetti delle operazioni fiscali sui libri contabili mostra che Friedman (e Lerner) erano sulla strada giusta.

Ma se è così, perché non riusciamo a mantenere la piena occupazione?

 

Note del Traduttore

1.^ Un Quadro Monetario e Fiscale per la Stabilità Economica

2.^ IS-LM: Il modello Investment Saving – Liquidity Money è la sintesi dell’approccio Keynesiano. Esso sostiene che l’equilibrio macroeconomico generale si raggiunge quando il mercato reale e quello monetario sono simultaneamente in equilibrio, ossia in ognuno la domanda aggregata è pari all’offerta aggregata

3.^ HPM = High Powered Money, o Base Monetaria

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Originale pubblicato il 15 gennaio 2012

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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