La Teoria

MMP Blog #23: Il dibattito sui limiti al debito (il caso USA)

MMP Blog #23: Il dibattito sui limiti al debito (il caso USA)

Questa settimana daremo uno sguardo ad un “caso particolare”, un caso che ha recentemente preoccupato Washington. Come sappiamo, gli Stati spendono tramite clic su una tastiera, [clic] di cui non potranno mai rimanere sprovvisti — uno Stato sovrano che emette una propria valuta mediante clic [su una tastiera] non sarà mai soggetto ad un vincolo finanziario. Tuttavia può decidere di “legarsi le mani dietro alla schiena”, imponendo regole e procedure che limitano i suoi clic. Potrebbe, ad esempio, semplicemente imporsi un limite di “100 clic all’anno”.

Potrebbe esigere che il Segretario del Tesoro scali il Monte Everest, o che cerchi l’approvazione di divinità terrestri o extraterrestri prima che gli sia concesso di cliccare su una tastiera. Potrebbe esigere il verificarsi di un’eclissi solare o di un “miracolo” simile, prima che gli sia concesso di accreditare un libro contabile.

Non dovremmo farci prendere in giro da simili vincoli autoimposti. Dovremmo essere in grado di non farci ingannare e capire che, poiché essi sono imposti dal Governo a sé stesso, possono essere rimossi. Sfortunatamente, praticamente tutti gli economisti e i policymaker arrivano a ritenere “naturale” tali vincoli autoimposti, qualcosa di inviolabile. Oggi daremo uno sguardo al “limite [imposto] al debito” degli USA, [argomento] che ha logorato i policymaker nella scorsa estate — e che probabilmente verrà ancora affrontato.

Prima di procedere, ammetto di aver promesso ai nostri lettori pignoli qualche bilancio e un’analisi dettagliata delle procedure operative interne di cui la Fed e il Tesoro si avvalgono per aggirare i vincoli autoimposti. Non l’ho dimenticato. È materia per un post futuro.

Negli Stati Uniti, il Congresso stabilisce un limite al debito pubblico federale. Quando l’ammontare del debito pubblico federale pendente si avvicina a tale limite, il Congresso deve approvarne un aumento. Si noti che questo limite al debito è deciso dalla politica, non dai mercati — cioè l’attività del Congresso è dovuta alle regole del Congresso stesso, e non alla pressione del mercato. Pertanto la questione non è se il Governo USA possa vendere una quantità maggiore di Titoli o meno, né riguarda il tasso d’interesse che pagherà sul debito che vende.

A seguito del Collasso Finanziario Globale del 2007, il deficit di bilancio degli USA è aumentato (principalmente per via della riduzione delle entrate fiscali, come discusso in un precedente blog). Prevedibilmente, l’ammontare di debito pendente è cresciuta sino al limite che, quindi, ogni anno il Congresso ha dovuto aumentare.

Questo blog analizzerà le procedure attuali, per capire se esiste un’alternativa all’aumento del livello limite — [un’alternativa] che permetta al Tesoro, al contempo, di continuare a spendere. Abbiamo esaminato la maggior parte dei dettagli delle procedure operative in un blog precedente; in questo blog, le approfondiremo sino a giungere ad una procedura alternativa. Utilizzeremo la distinzione tra Base Monetaria (banconote della Federal Reserve, riserve e monete del Tesoro) e Debito del Tesoro (Titoli ordinari e altri Titoli) — [quando si parla di] limiti al debito si considera solo il Debito del Tesoro, anche se noi sappiamo che tutti [banconote della Federal Reserve, riserve, monete del Tesoro, Titoli ordinari e altri Titoli] sono ITD del Governo.

Vediamo come poter sciogliere i cordoni della borsa dello Zio Sam accettando, allo stesso tempo, gli attuali limiti al debito. In realtà è una cosa relativamente semplice da fare, che richiede solo una modesta modifica procedurale.

Per prima cosa dobbiamo analizzare come funzionano solitamente le cose. Il Congresso (con la firma del Presidente) approva un bilancio che autorizza la spesa. Il Tesoro, a quel punto, può sia staccare un assegno, sia accreditare direttamente il conto in banca di un ricevente. Anche se la Costituzione degli USA investe il Congresso del potere di creare Moneta, nella pratica, il Tesoro si avvale della Banca Centrale statunitense — la Fed — per gestire i pagamenti. La procedura attuale prevede che il Tesoro detenga i depositi sul suo conto presso la Fed allo scopo di effettuare i pagamenti. Pertanto, quando esso stacca un assegno o accredita un conto bancario privato, il deposito del Tesoro presso la Fed viene addebitato.

Al termine di ogni giornata, il Tesoro cerca di mantenere un deposito di 5 miliardi di Dollari. Le [somme relative alle] tasse pagate al Tesoro vengono dapprima conservate in conti di deposito ad esso intestati presso speciali banche private. Quando esso desidera rifornire il suo deposito alla Fed, il Tesoro sposta i depositi da queste banche. Ovviamente ci sono due complicazioni: la prima, le entrate fiscali si concentrano intorno alle scadenze fiscali; la seconda, normalmente il Tesoro incorre in un deficit di bilancio annuale — di oltre mille miliardi di Dollari nel 2011. Questo significa che il conto del Tesoro presso la Fed è spesso a corto [di denaro].

Per ottenere depositi, il Tesoro vende Titoli (con varie scadenze). La cosa più semplice da fare sarebbe quella di venderli direttamente alla Fed, che accrediterebbe il deposito a vista del Tesoro, compensato, sullo stato patrimoniale della Fed, dal debito del Tesoro. In effetti è ciò che qualunque banca fa — ti concede un prestito entrando in possesso del tuo ITD ed accredita il tuo deposito a vista così che tu possa spendere.

Ma le procedure attuali proibiscono alla Fed di acquistare i Titoli di Stato direttamente dal Tesoro (con qualche piccola eccezione); essa deve invece acquistare Titoli di Stato da chiunque, eccetto che dal Tesoro. Se ci pensate è uno strano divieto da porre ad un emettitore sovrano di valuta, ma [questa] è una lunga storia che non esploreremo in questa sede. Si presume che questo [modo di operare] impedisca alla Fed di “battere Moneta” semplicemente per “finanziare” deficit di bilancio tanto ampi da provocare un’elevate inflazione — come se l’autorità di bilancio del Congresso (e il rischio del veto presidenziale) non fosse sufficiente a limitare il livello di spesa pubblica federale in modo da far sì che gli USA non intraprendano il cammino verso l’iperinflazione.

Così, invece, il Tesoro vende i Titoli di Stato (Titoli ordinari e altri Titoli) alle banche private che creano depositi per il Tesoro, il quale può poi spostarli sul suo [conto di] deposito alla Fed. Quindi la Fed acquista Titoli di Stato dalle banche private, per fornire nuovamente le riserve che esse perdono quando il Tesoro sposta i depositi. Afferrato il concetto? La Fed si ritrova con i Titoli di Stato, e il Tesoro si trova con i depositi a vista sul suo conto presso la Fed — che è esattamente ciò che tanto desiderava, ma che gli è proibito fare direttamente. Il Tesoro quindi stacca gli assegni ed effettua i suoi pagamenti. I depositi sono accreditati su conti presso banche private, a cui vengono simultaneamente accreditate riserve dalla Fed.

In tempi normali le banche si troverebbero ad avere più riserve di quante ne desiderano, quindi le offrirebbero sul mercato dei fondi federali overnight. Questo tende a spingere il tasso sui fondi federali al di sotto del livello target della Fed, innescando una vendita di Titoli di Stato sul mercato aperto al fine di drenare le riserve in eccesso. I Titoli di Stato si spostano dal bilancio della Fed al settore bancario (con la Crisi Finanziaria Globale, la Fed ha in qualche modo cambiato le sue procedure operative — ha iniziato a pagare un interesse sulle riserve e ha adottato il “Quantitative Easing”, che lascia di proposito un eccesso di riserve nel sistema bancario. Questo è un argomento per un altro blog).

Ed è qui che colpisce il problema dello stallo sul tema del debito. I Titoli di Stato in possesso di banche, famiglie, imprese e stranieri, sono computati come debito pubblico (e ricchezza privata per identità contabile!), e sono pertanto soggetti al tetto imposto al debito. Le riserve bancarie, di contro, non vengono incluse nel calcolo del debito pubblico (una soluzione è semplicemente quella di fermare le vendite di Titoli di Stato sul mercato aperto per lasciare le riserve nel sistema bancario. Che è essenzialmente ciò che fa il Quantitative Easing 2 di Bernanke: la Fed sta acquistando centinaia di miliardi di Titoli di Stato per iniettare nuovamente riserve nelle banche — riserve che, in prima istanza, erano state drenate vendendo i Titoli di Stato alle banche). Quindi stiamo rimettendo i Titoli di Stato sul bilancio della Fed, eppure lo stallo permane perché ci sono ancora troppi Titoli di Stato fuori dal bilancio della Fed.

Di seguito è riportata una proposta per cambiare le procedure in modo tale da eliminare la necessità di aumentare i limiti al debito. Quando lo Zio Sam ha bisogno di spendere e trova la sua credenza vuota, può rimpinguare i suoi depositi a vista alla Fed emettendo una “garanzia” non vendibile, che la Fed può detenere come un asset. Con la piena fiducia e il credito di cui gode lo Zio Sam, questa garanzia è un asset privo di rischio che pareggia i conti della Fed. La garanzia è solo un ITD interno — da una branca dello Stato ad un’altra — davvero nulla più che una tenuta di conti interna. Se lo si desidera, il Congresso può imporre un basso tasso d’interesse fisso che la Fed può guadagnare su queste garanzie in suo possesso (da dedurre dai profitti in eccesso che normalmente “gira” al Tesoro al termine di ogni anno). In cambio, la Fed accrediterebbe il conto di deposito del Tesoro per consentire al Governo di spendere. Quando il Tesoro spende il suo conto è addebitato, e la banca privata che riceve un deposito vede accreditate le sue riserve presso la Fed.

Dalla sua prospettiva, la Fed si ritrova con la garanzia del Tesoro come asset e le riserve bancarie come proprie passività. Il Tesoro è in grado di spendere secondo quanto autorizzato dal Congresso, e il suo deficit è compensato dalle garanzie emesse in favore della Fed. Il Congresso imporrebbe l’esclusione di queste garanzie dai limiti al debito, essendo esse nulla più di una registrazione del fatto che una branca del Governo (la Fed) vanta crediti nei confronti di un’altra (il Tesoro). L’asset della Fed è compensato dalla garanzia del Tesoro — quindi sommano a zero.

E il Congresso non avrebbe bisogno di aumentare il limite al debito al sopraggiungere di una crisi che comporta un aumento dei deficit di bilancio.

Questa proposta mostra semplicemente quanto sia ridicolo legare le mani del Tesoro dietro alla schiena attraverso l’imposizione di limiti al debito. Prima che il Tesoro possa spendere, pretendiamo già l’approvazione di un bilancio. Quel vincolo è necessario per imporre la responsabilità al Tesoro. Ma, una volta che un bilancio è approvato, per quale assurdo motivo dovremmo impedire al Tesoro di creare con un clic sulla tastiera le voci di bilancio necessarie, in conformità con la spesa approvata dal Congresso?

La procedura di bilancio dovrebbe tenere in considerazione le proiezioni sull’evoluzione delle variabili macroeconomiche quali il Pil, la disoccupazione e l’inflazione. Dovrebbe tentare di assicurare che i clic del Governo non siano eccessivi, non alimentino l’inflazione. È certamente possibile che il Congresso possa sbagliare le previsioni — e possa voler rivedere il suo piano di spesa alla luce degli sviluppi. O, nel caso in cui l’inflazione venga alimentata, che possa introdurre stabilizzatori automatici per ridurre la spesa o aumentare le tasse. Ma non ha senso approvare un percorso di spesa e poi rifiutare arbitrariamente di digitare la spesa [sul computer] semplicemente per via del raggiungimento di un arbitrario limite al debito.

 

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Originale pubblicato il 7 novembre 2011

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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