L'Editoriale

La Corte dei Conti, senza l’oste

Singolare destino quello di Raffaele Squitieri, il Presidente della Corte dei Conti che il 5 febbraio scorso ha tenuto il discorso inaugurale davanti alle principali cariche dello Stato.

Il discorso (che potete trovare qui) inizia con la drammatica analisi del contesto macroeconomico italiano: al termine del 2016 il livello di PIL sarà minore del 7% rispetto al 2007. Un disastro.

Squitieri elenca quelli che ritiene essere i quattro fattori che opereranno in direzione di una “consistente modifica dello scenario di riferimento”:

  • Caduta verticale del prezzo del petrolio
  • Deprezzamento dell’euro
  • Le nuove politiche della commissione europea in materia di maggiore flessibilità
  • L’allentamento quantitativo ad opera della BCE

È inutile dire che alla prossima inaugurazione dell’anno giudiziario la Corte dei Conti avrà difficoltà a spiegare come questi 4 fattori non abbiano determinato un impulso alla crescita economica e all’occupazione.

Ma l’elemento che maggiormente viene evidenziato nella relazione è

che il perdurare a lungo di condizioni di bassa crescita, se non di stagnazione, oltre a moltiplicare le difficoltà di gestione del bilancio pubblico e, quindi, di implementazione degli interventi necessari per affrontare la crisi, predispone un terreno favorevole a fenomeni di mala gestione e di corruzione.

Inconsapevolmente, Squitieri coglie il problema: la recessione e la stagnazione predispongono il terreno fertile per la corruzione.

Ma al problema non si può dare una risposta perché, afferma Squitieri, la Corte dei Conti ha una carenza di organico pari al 30% che impedisce di portare avanti una sufficiente azione di contrasto al dilagare della cattiva gestione e corruzione.

E così la battaglia di Squitieri contro la corruzione è intrinsecamente destinata a fallire a causa di un elemento che cita nel suo stesso discorso

In coerenza con l’autonomia, costituzionalmente riconosciuta agli enti locali, il controllo della Corte mira, in particolare, a perseguire una gestione amministrativa e contabile efficiente e trasparente, in un ampio quadro che vede anche regioni ed enti locali chiamati a concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, al consolidamento dei conti ed al rispetto del principio del pareggio di bilancio.

Riassumendo: l’austerità induce bassa crescita e stagnazione, che facilitano la mala gestione e corruzione, che non possono essere contrastate adeguatamente a causa dell’austerità che riduce le risorse per gli enti di controllo. In un loop senza soluzione.

Lo stesso Squitieri concorrerà al rispetto del pareggio di bilancio e nello stesso tempo lui stesso concorrerà all’impossibilità di far funzionare la Corte dei Conti a causa di quel 30% di organico che non può integrare perché lo Stato che fa il pareggio di bilancio non ha più risorse da spendere.

Il destino di Squitieri è uguale a tutti quelli che condannano l’unica cosa che può salvarli: la spesa pubblica a deficit.


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