L'Editoriale

Inflazione zeropercento

Ormai la pubblicazione dei dati Istat sull’inflazione non risulta più interessante, soprattutto se questi ristagnano su valori intorno allo zero. Segnalare variazioni di pochi decimi di punto percentuale sembra inutile e per questo degno di poca attenzione. Ma leggiamo questi dati con un’altra prospettiva.

L’inflazione ha storicamente rappresentato il terreno di scontro tra le due principali scuole economiche di questi ultimi cento anni, Keynesiani e neoclassici.

Per i Keynesiani, ed oggi i post-Keynesiani, il principale problema economico da risolvere è la disoccupazione.

Per i neoclassici, che in politica economica sono sempre quasi liberisti, oggi per il mainstream economico, il principale problema dell’economia è l’inflazione, che deve essere sempre sotto controllo anche a discapito dell’occupazione che, nella loro lettura, ne rappresenterebbe una delle principali cause.

Per comprendere le ragioni economiche e storiche dello scontro possiamo fare riferimento al libro di Nicholas Wapshott, autore di Keynes o Hayek. Lo scontro che ha definito l’economia moderna, edito dall’universale economica Feltrinelli/Storia. Ben scritto, ed anche ben tradotto, il volume ripercorre circa 70 anni di storia economica attraverso la vita e il rapporto tra i due economisti.

Pertanto gli anonimi dati Istat sull’inflazione sono nella realtà il risultato di 100 anni di storia politica ed economica su cui riflettere, perché dentro questo dibattito si sono decise le sorti delle economie mondiali.

A questa riflessione è senza dubbio utile aggiungere gli ulteriori spunti che il buon libro di Wapshott suggerisce.

  • J. M. Keynes, nonostante la sua straordinaria e talentuosa bravura comunicativa ed i suoi rapporti con la politica ai massimi livelli, ha dovuto aspettare tanti anni prima che le sue idee diventassero mainstream per le politiche economiche, probabilmente pagando lo scotto di proporre visioni economiche troppo avanti per i suoi contemporanei e soprattutto mirate al bene comune.
  • Il pensiero economico di Hayek non rappresenta un modello alternativo rispetto a quello keynesiano di operare nell’economia, bensì descrive un modello teorico economico a cui ispirarsi. È sorprendente (ma non è una novità) leggere i principi del modello economico hayekiano e trovare una perfetta corrispondenza con la struttura dell’unione europea.
  • È difficile comprendere il valore scientifico del premio Nobel consegnato ad Hayek quanto è facile comprenderlo nel suo valore ed utilizzo “strumentale e politico”. Nella propaganda politica anticomunista Hayek era il paladino del capitalismo poiché attaccava l’interventismo statale di Keynes, ritenuto un pericoloso preludio e avvio al centralismo statale sul modello sovietico.
  • È divertente notare come il paladino del laissez-faire, cioè Hayek, sia stato sempre uno stipendiato dello Stato mentre Keynes, lo statalista, fosse in grado di far vivere bene lui e i suoi amici di libero mercato.
  • L’ultima riflessione è sulla signora Thatcher, che pur ispirata dalle letture hayekiane ha deciso di star fuori dall’eurozona che di fatto rappresenta quanto di più vicino sia stato realizzato in termini economici al pensiero di Hayek [1].

In ultima analisi, questa contraddizione della Thatcher ha rappresentato negli ultimi decenni il modus operandi dell’attuale pensiero economico mainstream. Prendere un’ideologia, innalzarla a simbolo e modello assoluto di libertà (solo il libero mercato può garantire la libertà di ciascuno nel determinare il proprio destino: libero uomo in libero mercato) ed utilizzarla come foglia di fico all’azione politica ed economica dei liberisti, che si è sempre tradotta nell’operare in un mercato vincolato ad esclusivo vantaggio degli interessi di pochi e potenti gruppi finanziari.


Note

1.^ Hayek era contro un’unione monetaria e contro l’esistenza stessa della banca centrale.

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