Come se non ci fosse bastato Poletti quando sentenziò che il Jobs Act sarebbe stato efficace contro la disoccupazione giovanile perché “staccava dal divano un milione di giovani”, abbiamo ora anche la Lorenzin che vuole combattere il crollo delle nascite ricordando alle donne il tic-tac dell’orologio biologico. Ma si tratta di un problema di donne e di coppie che negli ultimi anni hanno scelto di rinunciare consapevolmente alla genitorialità?
Secondo la campagna Fertility Day del Ministero della Salute prevista per il 22 settembre, sembra proprio così.
Ancora una volta, la responsabilità di un problema collettivo è buttata addosso ai singoli, riconosciuti come artefici di un destino che in realtà non hanno né progettato né scelto. È l’austerità che decide per loro.
Cosa c’è in comune tra l’infelice frase di Poletti e l’altrettanto infelice campagna della Lorenzin? La totale assenza di analisi delle variabili che determinano il crollo dell’occupazione giovanile come di quelle responsabili del crollo delle nascite. In queste affermazioni è evidente la rimozione della componente macroeconomica, come se le scelte di politica economica non intervenissero nelle vite dei singoli. Ohibò! Ma in pochi decidono di non lavorare di fronte all’offerta di un lavoro pagato in maniera giusta, e in pochi decidono di rinunciare alla genitorialità di fronte alla certezza di un futuro di lavoro sicuro, edilizia agevolata e servizi garantiti. In tutti e due i casi, lo Stato gioca un ruolo fondamentale: se investe e spende crea posti di lavoro e servizi che sostengono la fiducia nel futuro e quindi anche la scelta di fare figli. Al contrario, non c’è spazio per la speranza e la progettualità in un contesto dove non hai lavoro da giovane, risparmio negli anni della maturità e pensione da anziani.
Abbiamo governi che si prodigano per promettere all’Unione europea di proseguire nella riduzione del deficit e che abdicano al dovere di investire e progettare un futuro sereno per la collettività. Le politiche macroeconomiche dell’Eurozona condizionano la tua vita e le tue scelte. Il problema non sei tu, è l’Eurozona.