L'Editoriale

Il fastidio della democrazia

Il fastidio della democrazia

La nostra posizione sulle elezioni USA era chiara: con Bernie Sanders fuori dai giochi, difficilmente si poteva sperare in un una politica fondata sull’interesse pubblico, sull’occupazione e sui servizi garantiti a tutti. Non potevamo sperare questo con Hillary Clinton così come non possiamo sperarlo oggi con Trump.

La vittoria di Trump ha un sapore misto: sconcerto, smarrimento, rabbia ma, ad essere sinceri, nessuno di questi sentimenti riguarda lui, piuttosto gli altri. Quelli che non hanno voluto vedere e quelli che, purtroppo, continueranno a non vedere.

È un susseguirsi oggi di opinionisti che ammettono di non aver capito il disagio di un Paese ma che, in realtà, avevano scelto semplicemente di non descriverlo. È ancora accesa la speranza in noi che i giornalisti e gli opinionisti riacquistino la lucidità e l’obiettività necessarie a descrivere i problemi e le aspettative della gente (e magari anche quello che sta avvenendo in Europa).

Chi di sicuro non ha colto le inquietudini del mondo sono i tecnocrati europei.

La dichiarazione di stamattina di Dombrovskis, vice-presidente della Commissione europea, ne è un esempio:

Con l’aumento dell’incertezza globale, è ora più importante che mai perseguire politiche macroeconomiche e di bilancio equilibrate e prudenti

Che è come dire che nulla può far cambiare traiettoria al progetto di devastazione dell’Eurozona.

Anche l’affermazione di Giorgio Napolitano non va sottovalutata, visto che ha parlato dell’esito del voto come di

Uno tra gli eventi più sconvolgenti della storia del suffragio universale

Le parole suffragio universale non sono state usate per caso, e sottolineano l’aspetto della cattiva scelta degli elettori dotati di un’eccessiva responsabilità.

E qui da noi, in Eurozona, si fa più forte la paura che si consolidi una già avviata prassi: evitare di far votare i cittadini


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