Poletti sui ritardi dell’entrata dei giovani nel mercato:
Meglio laurearsi prima con voti bassi che dopo e con voti alti
Questa che avete letto non è la ricetta proposta da un responsabile della selezione del personale, ma la ricetta di un Ministro del Lavoro.
Lunedì scorso sono stati resi pubblici i dati Istat riguardanti il lavoro su base mensile; la disoccupazione giovanile cresce dello 0,3%.
Un uomo di Stato si chiederebbe come dare lavoro a tutti questi giovani che lo cercano ma che non lo trovano. Penserebbe a come creare tanti posti di lavoro quanti sono i disoccupati. Un responsabile della selezione invece pensa a trovare l’uomo migliore per il posto di lavoro vacante e forse sceglierebbe il giovanissimo laureato ma con voti bassi.
Ma il problema è dato dai pochi posti di lavoro, non dai tanti giovani.
Nella Costituzione non è scritto “il lavoro è un diritto di chi si laurea prima con voti bassi e lo è meno per chi si laurea bene ma con ritardo”. È scritto, e non a caso, che il lavoro è un diritto. Punto.
La frase di Poletti non va letta come l’ennesimo caso di uscita infelice (è riuscito a dire anche di peggio negli ultimi giorni) ma è la chiara visione su come il Governo (e l’Unione Europea prima ancora del Governo) intende affrontare il dramma della disoccupazione: un problema di offerta.
Secondo questa impostazione i giovani disoccupati non sono abbastanza competitivi, non abbastanza proattivi, non abbastanza informati su come si trova un lavoro e non “si fanno trovare” facilmente dalle aziende che cercano personale. Affrontare la disoccupazione dal lato dell’offerta e non della domanda equivale a potenziare i servizi che aiutano i ragazzi a farsi trovare dalle aziende che assumono, così però si offusca la comprensione del vero problema.
Se ci sono 10 giovani disoccupati e un’azienda che ne cerca 5 da assumere, anche quando l’offerta incontrerà la domanda, 5 di questi giovani rimarranno disoccupati. E anche quando tutti e 10 saranno diventati competitivi, formati e informati 5 di loro saranno sempre disoccupati.
Il nostro Ministro del lavoro direbbe “ma saranno i 5 peggiori a restare disoccupati”! Esattamente come direbbe un responsabile della selezione del personale (ma non un uomo di Stato).
Un uomo di Stato penserebbe a creare altri 5 posti di lavoro, rispettando la Costituzione. Il problema è la domanda, troppo bassa per quei giovani laureati di cui parla Poletti, così come per i diplomati o per i tanti che non hanno un titolo di studio ma hanno capacità lavorative. Un uomo di Stato saprebbe che l’unico strumento a sua disposizione per aumentare l’occupazione è la spesa pubblica in deficit.
Invece abbiamo Poletti.
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