Approfondimento

Il DEF di Padoan, quello di Monti e i 5 anni trascorsi

Il DEF di Padoan, quello di Monti e i 5 anni trascorsi

In questi giorni è in corso un vivace dibattito che ha per oggetto i dati programmatici del Governo, presentati nella nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2016.

Per la Banca d’Italia le stime del DEF sono “ambiziose”, mentre per l’Ufficio Parlamentare di Bilancio sono direttamente da bocciare

Entrambe le valutazioni concordano su un fatto: il quadro programmatico dei conti pubblici dipinto dal Governo nella Nota di aggiornamento del DEF è troppo ottimistico nelle sue previsioni per il 2017!

Non era necessario il giudizio delle due istituzioni per capire quanto i dati di Padoan fossero inattendibili e funzionali al solo tentativo di dare una rappresentazione del futuro in termini di sviluppo e crescita. Invece sarà un futuro di austerità.

Sorprende invece che questi stessi istituti esaminarono nel 2012 il DEF dell’allora Premier Mario Monti, in quel periodo osannato come il salvatore della Patria (a colpi di machete, austerità e sacrifici). Di seguito la tabella del DEF 2012 di Monti:

DEF 2012 - Tavola I.1: Indicatori di Finanza Pubblica: Obiettivi (in percentuale del PIL)

DEF 2012 - Tavola II.2c: Mercato del Lavoro

Confrontiamo le stime di Monti per il 2015 con il consuntivo reale del 2015: Monti nel 2012 aveva previsto per il 2015 un indebitamento netto dello 0,0%, mentre al 2015 si è consuntivato un -2,6%; aveva programmato un rapporto Debito pubblico/PIL ridotto a 114,4%, mentre abbiamo consuntivato un rapporto pari a 132,7%. L’ottimistica previsione di un tasso di disoccupazione del 8,6% è diventato a consuntivo un 11,7% (circa un milione di famiglie in più senza uno stipendio!). Credere che durante una crisi economica, con 2 milioni di disoccupati, sia possibile aumentare il PIL e ridurre il rapporto debito/PIL riducendo allo stesso tempo il deficit statale è un arrogante atto di presunzione verso le regole della macroeconomia. Il risultato si conta in termini di migliaia di disoccupati in più. È la spesa a deficit dello Stato, nell’adattarsi alla volontà di risparmio del settore privato, che, espandendosi nei momenti in cui il settore privato tende a risparmiare, è in grado di assicurare un livello di spesa sempre adeguato ad una produzione di beni e servizi che può garantire la piena occupazione.

Anche in quel caso con il DEF si mentì sapendo di mentire, presentando alle persone una crescita che non poteva arrivare perché dettata dall’ortodossia neoliberista: riduzione del deficit statale, tagli alla spesa pubblica, abbassamento dei salari. Questo era il DEF ieri e questo è anche il DEF di oggi.


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