L'Editoriale

Per chi suona la campana

Per chi suona la campana

Il 21 marzo scorso, sessantotto università italiane pubbliche e private hanno dato vita alla “Primavera dell’Università“, manifestazione organizzata dalla Conferenza dei rettori, la Crui, per lanciare al pubblico, come riporta La Repubblica, un urlo preoccupato.

Una manifestazione che arriva già con anni di ritardo: dal 2009 al 2016, l’Italia ha diminuito la spesa universitaria del 9,9% togliendo 902 milioni ai 7,46 miliardi del fondo di finanziamento ordinario.

La giornata del 21 marzo merita però alcune riflessioni.

Risulta alquanto patetico il modo con cui una protesta, di sicuro legittima, venga chiamata con nomi neutri come convegno, dibattito oppure passeggiata e mai con il nome più opportuno (e forse più degno), cioè sciopero o protesta. Questo è inquietante perché mostra la debolezza dei rettori verso l’arroganza dei politici, che possono decidere delle sorti dell’Università e degli studenti; e i politici non devono essere impensieriti dagli scioperi, ma al più richiamati ad una maggior sensibilità sul problema delle università italiane.

Ancora peggio è aver visto sfilare i politici della maggioranza insieme al corpo docente delle università e agli studenti esponenti: la sfilata dei carnefici insieme alle loro vittime. Possiamo parlare di buona fede nel caso di un politico che applica le politiche di austerità ma annuisce convinto all’urlo preoccupato dei rettori?

Veniamo al ruolo delle università. Vengono proprio dai dipartimenti di economia delle università quei professori che fanno da consulenti ai nostri politici e che consigliano quanto e dove tagliare. Spesso è proprio in quelle università che sono state emarginate le scuole economiche non mainstream e non allineate a neoliberismo e neomercantilismo; se quelle scuole venissero ascoltate, ci porterebbero rapidamente fuori dalla devastazione dell’austerità.

Le manifestazione del 21 marzo non è stata fatta per salvare l’Università, ma più tristemente per comunicarci che il diritto alla studio sancito dalla nostra Costituzione è morto, e con lui anche un pezzo fondamentale della nostra democrazia. Al funerale erano presenti oltre ai rettori anche i sicari del delitto. I mandanti erano a Bruxelles.

 


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