Approfondimento

Storia di ordinaria follia europea: la morte dei piccoli Comuni

Elio Mameli è dal 2003 Sindaco di un Comune della provincia di Cagliari, Villaspeciosa, una cittadina di 2500 abitanti, con la stessa storia e la stessa situazione di migliaia di altri Comuni in Italia. È un Comune che non ospita impianti eolici, discariche, non ha autovelox e neppure seconde case di villeggiatura. Il sindaco non può che contare su trasferimenti dello Stato e della Regione e i tributi comunali, imposti sui cittadini, artigiani e commercianti di Villaspeciosa. Nell’Eurozona di oggi lo Stato ha ridotto i trasferimenti diretti ai Comuni ed indiretti alle Regioni, e così Mameli ha capito che il suo ruolo di sindaco stava subendo una decisa trasformazione: da amministratore a esattore. Gli era chiesto di mettere le mani in tasca ai cittadini.

Quella non era l’unica trasformazione con cui ha dovuto fare i conti: la zona industriale di Villaspeciosa ampliata per ospitare altre 60 imprese che avevano fatto richiesta è oggi un’area desolata. Nessuna delle 60 imprese che aveva presentato domanda si è più rivista.

Elio Mameli ha scritto una lettera a Renzi con un preciso messaggio: i piccoli Comuni non sono Comuni di serie B e come sindaco non vuole prestarsi a essere complice della distruzione del tessuto sociale ed economico del territorio.

Come molti altri sindaci ha compreso che l’austerità sta portando avanti un processo di distruzione della civiltà. Lo abbiamo incontrato.

Quali sono le spese che il suo Comune deve affrontare?

Sono spese indispensabili: l’illuminazione pubblica, la mensa scolastica, la pulizia delle strade, la tenuta del cimitero, il funzionamento degli uffici. La maggior parte di questi appalti sono già assegnati al ribasso per cui non si può più tagliare sugli stessi se non eliminando o riducendo drasticamente i servizi. Con il governo Monti c’è stata una fortissima accelerazione dei tagli dei trasferimenti Stato-Comune e Stato-Regione-Comune. Siamo al limite della gestibilità. I margini di autonomia dei sindaci sono stati azzerati e le scelte economiche e finanziarie dello Stato diventano prioritarie su tutto. Per un comune sotto i 5000 abitanti il patto di stabilità è una follia: io non ho flussi di soldi che mi permettano di elevarlo e quindi spendere!

Come riesce a compensare la riduzione delle risorse dello Stato e gestire nello stesso tempo la cittadina?

Dal 2003 ad oggi ho ridotto progressivamente le spese del Comune in modo da non aumentare le tasse ai cittadini, ma oggi non c’è più margine. L’unica soluzione che lo Stato ci ha lasciato è aumentare le aliquote delle tasse. I tagli ai trasferimenti ai Comuni sono stati studiati per essere compensati dall’aumento delle tasse ad opera dei sindaci. Il risultato è che la faccia dobbiamo metterla noi.

Prima da amministratore mi occupavo della crescita del paese. Quella era la missione principale di un amministratore locale. Un ruolo svilito dalle norme attuali.

Oggi l’obiettivo personale che mi pongo è di dare una mano alle famiglie per salvarle dal disastro a cui ci hanno condannato. Dieci anni fa il salario di un capofamiglia permetteva una vita decorosa, di mandare i figli a scuola, e anche di togliersi qualche piccolo sfizio. Oggi le stesse famiglie sono dietro la porta del Comune a chiedere aiuto per mandare avanti “la baracca”. L’assistente sociale mi segnala le persone che non riescono a pagare la TARI, tante, troppe. Come può lo Stato chiedere alle persone di pagare le tasse se poi non le mette nelle condizioni di lavorare? Tra il pane e le tasse la gente oggi sceglie il pane. Ma se questa situazione riesco a capirla io, sindaco di un piccolo paese, perché non se ne accorgono i grandi economisti che vengono consultati dai politici?

Nella lettera a Renzi fa riferimento al decreto di giugno 2014. Cosa vi viene chiesto con questo decreto?

A metà del 2014 il Governo ci dice di aver sbagliato i conti del 2013, ci hanno dato soldi in più (in realtà c’è da chiedersi in più rispetto a cosa)e ora li rivogliono indietro. Si tratta di una situazione inverosimile. Devo restituire dei soldi che ho già speso per le attività essenziali e devo ulteriormente tagliare le spese su quello che verrà trasferito nel 2014. Una volta che hanno “spremuto” i cittadini qual è il passaggio successivo? Fare come in Grecia, buttar fuori i dipendenti pubblici?

Le amministrazioni locali sono rimaste l’unico riferimento per i cittadini che hanno perso la fiducia nell’Unione Europea, e prima ancora nello Stato, nelle Regione e nelle Provincia. È in atto un percorso di delegittimazione anche dei Comuni che passa attraverso i tagli. Usano l’economia per “chiudere” i piccoli Comuni e renderli sobborghi della aree metropolitane. Stiamo morendo per asfissia. Senza soldi non abbiamo ossigeno.

Secondo lei cosa succederà in futuro?

Mi auguro che in Regione si abbia un sussulto, uno scatto di orgoglio identitario, che ascoltino i sindaci e non Roma. Mi domando poi a cosa serva anche questa Unione Europea che di fatto non esiste? Gli Stati prendono in prestito i soldi dalle banche che ti fanno pagare gli interessi, soldi che sono quelli che gli gira la stessa Banca Centrale Europea. La mia è una battaglia, non una protesta; noi vogliamo costruire perché così stiamo rinunciando alla nostra sovranità. Mi piacerebbe vedere i 6700 sindaci dei piccoli comuni andare tutti a Roma in piazza, davanti a Montecitorio (perché dentro probabilmente non ci fanno entrare ) per dire basta alla politica e all’economia che opprime i comuni e quindi le famiglie. Dobbiamo mettere il governo di fronte alla sua responsabilità perché sta portando avanti le politiche di austerità che ci stanno distruggendo.


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