Il Commento

Nell’austerità troverai la felicità

Ieri mattina trovo nella cassetta della posta lo speciale “Italia che ce la fa” del Corriere della Sera. Mi guardo a destra e a sinistra, lo hanno anche i vicini. Il sospetto che la propaganda ti insegua c’è, ma lo leggiamo comunque. La prefazione è

Dare un altro racconto del nostro Paese.

Un altro rispetto a quale?

Ti aspetti di trovare la storia dell’amico dei tuoi genitori che sta resistendo con le unghie e con i denti per non chiudere l’impresa di manutenzione anche se gli sono rimasti tre dipendenti, Equitalia che lo aspetta anche nel bagno di casa e due ore di sonno al giorno. No, non si parla di lui, è un altro il racconto dell’Italia che ce la fa.

È l’elogio di un nuovo modello sociale e di un nuovo modo di interpretare le cose che per semplicità potremmo definire un think positive impermeabile all’evidenza dei fatti. È l’Italia che sa accontentarsi, che sa vedere i vantaggi e opportunità nell’austerità, che sa fare del sacrificio uno stile di vita da amare.

Il direttore De Bertoli ci ricorda che ci lamentiamo che la crisi ha falcidiato redditi e risparmi ma poi non sappiamo vedere la positività che ci circonda. E se non riusciamo a vederla il Corriere della Sera comunque ce la indica: il modello Eataly

che ci riporta alla maggiore considerazione del consumatore

(ma non a quella del lavoratore), l’aumento dell’auto-impiego dei giovani (e delle nuove 50.000 partite IVA nuove ogni anno senza sicurezza né pensione), del welfare aziendale che ha sostituito quello statale (per pochi e pressoché inutile). È tempo di cambiamenti, signori, e per definizione non possono che essere positivi.

Il tuo nuovo life style deve essere positivo, accogliente, mai conflittuale. Lamentarsi ti fa brutto (e porta pure sfiga), individuare dei colpevoli è infantile, pretendere è deresponsabilizzante. Saprai vedere così i lati positivi dell’austerità. Ci viene proposto l’esempio positivo di una famiglia con quattro figli e 3000 euro è intimamente felice di aver rinunciato a tutto tranne ai bisogni “autentici”

Tommaso sorride

(scrive l’articolo)

niente vacanze ma grandi giri in bicicletta per la città. Siamo ottimisti, c’è in gioco il futuro dei nostri figli.

È l’elogio di quello che viene eufemisticamente chiamato “la responsabilità collegiale” ovvero la famiglia che sa trovare soluzioni sfidanti (ma anche se vinci la sfida non c’è il premio) per farsi carico della precarietà lavorativa dei figli e delle nuove forme dell’abitare. Tradotto: tu sostieni i tuoi figli che guadagnano 700 euro e vivono pure con te (puoi trovare nuove forme dell’abitare soppalcando il soggiorno). Il tema ricorre spesso: meno Stato e più condivisione tra cittadini perché le risorse sono poche. Lo Stato spende poco e riduce il deficit, tu spendi al posto dello Stato e aumenti il tuo deficit. La ripartenza del tuo Paese dipende da te e da nessun altro, se vuoi puoi, se vedi positivo tutto diventerà positivo. Nel mondo della negazione non c’è dialettica, non c’è macroeconomia, non c’è conflitto, non ci sono pretese. Non c’è neanche lo Stato. Perché come è scritto nello speciale “nonostante tutto bisogna sorridere”.


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