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Sovranità economica e monetaria dell’Africa: sottoscriviamo la lettera aperta

Sovranità economica e monetaria dell'Africa: sottoscriviamo la lettera aperta

Rete MMT Italia sottoscrive la lettera aperta per la Sovranità economica e monetaria dell’Africa, iniziativa nata tre anni fa in preparazione The Quest for Economic and Monetary Sovereignty in 21st Century Africa del 2019.

Tra i firmatari: Fadhel Kaboub, Stephanie Kelton, Michael Hudson, Marshall Auerback, Steve Keen, Pavlina Tcherneva, James Galbraith, L. Randall Wray, Bill Mitchell, Mathew Forstater.

Qui l’elenco completo dei firmatari (in aggiornamento).


La Risposta alla Pandemia dell’Africa Richiede la Rivendicazione di Sovranità Economica e Monetaria: una Lettera Aperta

Mentre finora l’Africa è stata risparmiata dai peggiori effetti sulla salute pubblica della pandemia Covid-19, la conseguente chiusura economica ha portato a chiara luce le deficienze economiche e le vulnerabilità strutturali dell’Africa. Da continente ricco di risorse [reali], l’Africa ha la capacità di fornire una qualità di vita dignitosa a tutti i suoi abitanti. L’Africa è in grado di offrire servizi pubblici universali, quali ad esempio l’assistenza sanitaria e l’istruzione, e di garantire occupazione per le persone che vogliono lavorare, assicurando al contempo un dignitoso sistema di sostegno al reddito per coloro i quali non possono lavorare. Ad ogni modo, decenni di sconvolgimento socio-economico coloniale e post-coloniale esacerbato dalla liberalizzazione del mercato hanno costretto i Paesi Africani in un circolo vizioso comportando parecchie deficienze strutturali caratterizzate da:

  1. una mancanza di sovranità sul cibo,
  2. una mancanza di sovranità sull’energia,
  3. manifatturiero a basso valore aggiunto e industrie estrattive.

Questa innaturale trinità produce una dolorosissima pressione al ribasso sui tassi di cambio africani, che implica prezzi più alti per importazioni di necessità vitali quali, ad esempio, cibo, carburante e prodotti medici salva-vita. Al fine di proteggere le persone da questo tipo di inflazione importata, i governi africani prendono in prestito valuta straniera allo scopo di tenere le valute africane artificialmente “forti” rispetto al dollaro USA e all’euro. Questa soluzione temporanea artificiale costringe le economie africane [a perseguire] un irrequieto modo di attività economica focalizzata esclusivamente a guadagnare [dall’estero] dollari o euro per onorare questo debito esterno [denominato in valuta straniera].

Di conseguenza, le economie africane sono state intrappolate in un modello di austerità, spesso imposto tramite condizioni stabilite dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), così come dalla pressione costante da parte di altri creditori per proteggere i loro interessi economici e politici, che ulteriormente viola la sovranità economica, monetaria e politica dei Paesi africani.

Le condizioni imposte dall’FMI e dai creditori internazionali solitamente si focalizzano su cinque strategie politiche problematiche e infruttuose:

  1. crescita orientata alle esportazioni,
  2. liberalizzazione di investimenti diretti esteri (IDE),
  3. sovra-promozione del turismo,
  4. privatizzazioni di imprese di proprietà pubblica (IPB),
  5. liberalizzazione dei mercati finanziari.

Ciascuna di queste strategie rappresenta una trappola mascherata da soluzione economica. La crescita trainata dalle esportazioni aumenta le importazioni di energia, di beni strumentali ad elevato valore aggiunto, di componenti industriali e incoraggia l’accaparramento di terra e risorse [naturali], ma aumenta solo le esportazioni di prodotti a basso valore aggiunto. E, ovviamente, non tutti i Paesi in via di sviluppo possono seguire simultaneamente un tale modello [di crescita]. Se alcuni Paesi vogliono ottenere avanzi commerciali, devono essercene altri disposti a registrare disavanzi commerciali.

La crescita trainata dagli IDE aumenta le importazioni di energia e costringe i Paesi africani a una corsa al ribasso senza fine allo scopo di attirare investitori [esteri] attraverso sgravi fiscali, sussidi e regolamentazioni del lavoro e ambientali più deboli. Essa conduce anche a volatilità finanziaria e a significativi trasferimenti di risorse nette verso i Paesi più ricchi, con alcuni che assumono la forma di flussi finanziari illeciti.

Il turismo aumenta sia le importazioni di energia che di cibo, aggiungendo al contempo sostanziali costi ambientali in termini di impronta ecologica e di consumo di acqua.

La maggior parte delle IPB vennero privatizzate negli anni ’90 (ad esempio aziende di telecomunicazioni, società elettriche, compagnie aree, aeroporti, ecc.). Ulteriori privatizzazioni devasteranno qualsiasi piccola rete di protezione sociale rimasta sotto il controllo pubblico.

La liberalizzazione dei mercati finanziari tipicamente richiede di deregolamentare la finanza, abbassare le tasse sui guadagni in conto capitale, rimuovere controlli sui movimenti di capitali e di aumentare artificialmente i tassi d’interesse e i tassi di cambio – tutto ciò garantisce un ambiente attraente per i maggiori speculatori finanziari nel mondo. Questi ultimi si riverseranno con un’ondata di “soldi caldi” solo per “comprare a basso prezzo e vendere ad alto prezzo”, per poi fuggire lasciandosi indietro un’economia depressa.

Infine, tutti gli accordi di libero investimento e scambio hanno l’obiettivo di accelerare e intensificare queste cinque strategie, spingendo le economie africane più a fondo in questo pantano. Questo modello di sviluppo economico fallace aggrava ulteriormente la “fuga di cervelli” dell’Africa, la quale tragicamente, in alcuni casi, assume la forma di barconi e strade della morte per migranti economici, della salute e climatici.

Queste cinque soluzioni politiche temporanee tendono ad essere attraenti perché forniscono sollievo temporaneo sotto forma di creazione di posti di lavoro e danno l’illusione di modernizzazione e industrializzazione. Tuttavia, in realtà, questi posti di lavoro sono sempre più precari e sensibili a shock esterni sulla catena dell’offerta globale, sulla domanda globale e sui prezzi globali di materie prime. In altre parole, il destino economico dell’Africa continua a essere manovrato dall’estero.

La pandemia da Covid-19 ha messo alla luce le radici dei problemi economici dell’Africa. Dunque, la ripresa post-pandemica non sarà sostenibile a meno che non affronti deficienze strutturali preesistenti. A tal fine, data l’imminente crisi climatica e la necessità di adeguamenti socio-ecologici, la politica economica deve essere basata su principi e proposte alternativi.

Facciamo appello a tutti gli Stati africani per sviluppare un piano strategico focalizzato sulla rivendicazione della loro sovranità monetaria ed economica, la quale deve includere la sovranità del cibo, la sovranità dell’energia (rinnovabile) e una politica industriale centrata sul manifatturiero dal contenuto ad alto valore aggiunto. L’Africa deve porre fine al suo approccio allo sviluppo economico di gara verso il basso in nome della competizione e dell’efficienza.

I partenariati di commercio regionale all’interno del continente devono essere basati su investimenti coordinati finalizzati a creare connessioni industriali orizzontali in aree strategiche quali, ad esempio, la sanità pubblica, il sistema dei trasporti, le telecomunicazioni, la ricerca e sviluppo e l’istruzione.

Facciamo anche appello ai partner commerciali dell’Africa affinché riconoscano il fallimento del modello economico estrattivo e abbraccino un nuovo modello di cooperazione che includa il trasferimento di tecnologia, partenariati veri in ricerca e sviluppo e strutture di insolvenza sovrana – includendo la cancellazione del debito sovrano [denominato in valuta estera] – che preservino la produzione e l’occupazione.

Gli Stati africani devono sviluppare una visione di lungo termine chiara e indipendente per costruire resilienza agli shock esterni. La sovranità monetaria ed economica non richiede isolamento ma un impegno a priorità economiche, sociali ed ecologiche che implica la mobilizzazione di risorse domestiche e regionali per migliorare la qualità della vita del continente. Ciò significa divenire più selettivi quando si tratta di industrie estrattive, industrie orientate all’export e agli IDE. Significa anche dare priorità all’eco-turismo, all’eredità culturale e alle industrie indigene.

La mobilizzazione delle risorse dell’Africa inizia con un impegno [politico] a [perseguire] politiche per la piena occupazione (quali, ad esempio, un programma di lavoro garantito), infrastrutture sanitarie pubbliche, istruzione pubblica, agricoltura sostenibile, energie rinnovabili, gestione [pubblica] sostenibile delle risorse naturali e una dedizione intransigente a dare potere ai giovani e alle donne attraverso la democrazia partecipativa, la trasparenza e la responsabilizzazione.

È il momento per l’Africa di andare avanti ed aspirare a un migliore futuro in cui tutte le persone possano prosperare e realizzare il loro pieno potenziale. Questo futuro è nell’ambito delle nostre possibilità e inizia con la rivendicazione dell’Africa della sua sovranità monetaria ed economica.

Firmato:

  • Fadhel Kaboub, Denison University, Ohio, USA
  • Ndongo Samba Sylla, Dakar, Senegal
  • KaiKoddenbrock, Goethe University, Frankfurt, Germany
  • Ines Mahmoud, Tunis, Tunisia
  • Maha Ben Gadha, Tunis, Tunisia

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