L'Editoriale

Recovery fund. Il vuoto cosmico

Recovery fund. Il vuoto cosmico

Abbiamo finito le parole per commentare i nulla di fatto che caratterizzano gli incontri delle istituzioni europee. Tutto quello che sta avvenendo era già stato previsto e l’unico elemento inatteso è l’inverosimile lentezza con cui ci si rimpalla da una dichiarazione di intenti a una decisione inutile, da un incontro interlocutorio all’impegno di una decisione da prendere.

Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea, respinge le critiche, ma la sua dichiarazione tradisce la reale natura del tecnocrate:

La precedente proposta prevedeva un contributo pari all’1,1% del Reddito nazionale lordo, adesso intendiamo portarlo attorno al 2%. Non è poco, soprattutto per chi si è sempre schierato contro ogni idea di bilancio sostanzioso. Si va verso un bilancio ancora più sostanzioso.

Ovvero: quel poco che stiamo facendo è per noi uno sforzo inimmaginabile.

Al netto della retorica sullo spirito dei padri fondatori dell’Unione europea da recuperare, non è realistico aspettarsi di più.

L’ennesima evidenza è offerta dal Consiglio europeo di giovedì scorso. Il MES light è ancora sul tavolo, così come l’inutile SURE, tra l’altro operativi (compresi i fondi BEI) da giugno. Ora la Commissione europea è incaricata di trovare una soluzione, ma in realtà l’obiettivo è dare un ruolo alla Commissione nell’estenuante trattativa, nel segno dei tempi lunghi e delle cifre basse. L’unico a festeggiare è Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, che si dichiara entusiasta per l’esito della videoconferenza, la quarta in sette settimane…

E il Recovery fund? Uno slogan sbandierato come un risultato. Tutti d’accordo sullo strumento, ma non su come finanziarlo. Un tema ricorrente nell’Eurozona. Sarà un prestito o un fondo? La sottile linea rossa che fa la differenza.

Sarà un prestito agevolato che si somma al debito pubblico e che quindi, per stare nel solco del dogma europeo, ci condannerà a percorsi di rientro e sacrifici? Nella migliore delle ipotesi passerà la proposta di Ursula Von der Leyen, che ha dichiarato “dobbiamo trovare un equilibrio tra prestiti e trasferimenti”. Proponendo un compromesso: un po’ in prestito e un po’ a fondo perduto.

Nel meccanismo perverso dell’Eurozona gli Stati sono costretti a dipendere dal giudizio dei mercati e delle agenzie di rating anche nel momento di maggiore difficoltà. Solo ora interviene la BCE, che amplierà la gamma dei titoli da acquistare includendo i junk bond, ovvero quelli “spazzatura”, per evitare il declassamento del rating dei Paesi a seguito dell’aumento del debito pubblico. Ennesima dimostrazione del fatto che la sorte finanziaria dei Paesi è sempre una questione di scelte. Scelte adottate o volutamente ignorate.


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