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Soft Currency Economics. Dove tutto ebbe inizio

Soft Currency Economics. Dove tutto ebbe inizio

Soft Currency Economics È la MMT, così amano ripetere alcuni nostri referenti economici. È così.

Il primo paper accademico di Warren Mosler vede la luce nel 1995, quando l’allora finanziere d’alto rango e gestore di hedge fund incentrati sui titoli di Stato inizia ad esporre la sua personale comprensione del sistema monetario. Una visione maturata nel corso dell’esperienza pluridecennale, non accademica ma sul campo, tra i grandi protagonisti del mondo finanziario, che nel 1992 gli permette di “chiudere il cerchio” e gettare finalmente luce su uno dei concetti fondamentali, eppure meno compresi, della teoria economica: la valuta.

E nel farlo introduce l’elemento teorico cardine della MMT (o meglio ancora della Mosler Economics), che la distingue da ogni altra scuola di pensiero economico preesistente e non permette di ricondurla a semplice “rivisitazione” di elementi già noti: la valuta come monopolio pubblico. Un concetto assolutamente originale nella sua semplicità, l’applicazione di un’analisi in apparenza quasi banale, qual è quella del monopolio, a un oggetto che non sembrerebbe centrarvi nulla. Ma che permette finalmente di descrivere in maniera chiara e accurata i meccanismi più intimi di un sistema monetario, come le profonde conseguenze dell’adozione della moneta fiat, il ruolo dei titoli di Stato, la dinamica delle riserve, il funzionamento del sistema bancario. E di scardinare dalle fondamenta alcuni evergreen del dibattito economico come il moltiplicatore monetario, la monetizzazione del debito o le nefaste conseguenze del deficit e del debito pubblici.

C’è dell’altro. Grazie a questa nuova comprensione è finalmente possibile ricondurre la disoccupazione alla sua origine effettiva e l’autore inizia a delineare un programma, poi esposto in dettaglio in pubblicazioni seguenti, che come una chimera riesce a conciliare l’inconciliabile: la piena occupazione e la tanto acclamata stabilità dei prezzi.

È opportuno sottolineare che Soft Currency si dedica a descrivere propriamente il sistema monetario in essere negli Stati Uniti d’America, ma le stesse dinamiche essenziali si possono riconoscere, con solo piccoli aggiustamenti, in tutti i sistemi monetari moderni che fanno uso di moneta fiat. Un’estensione di quei concetti ci permette poi di comprendere anche altri sistemi monetari, ormai superati o semplicemente meno diffusi, quali il gold standard o i currency board.

Quello che dalla prossima settimana vi andremo a offrire è il frutto di un progetto di traduzione lungo e impegnativo, iniziato alcuni anni fa e che solo ora ci sentiamo di rendere pubblico. A questo lavoro abbiamo voluto dedicare un’attenzione particolare non solo per l’importanza che riveste l’opera, ma anche per la natura tecnica e il suo linguaggio quasi “ermetico”, a tratti distante dalla divulgazione e proprio in fondo dell’uomo d’affari, che rende ostico afferrare il pieno significato di alcuni passaggi e ancor più renderlo in una lingua diversa dall’originale.

Proprio perché ogni passaggio merita la giusta attenzione, lo pubblicheremo a puntate, in un percorso di lettura che saprà offrire un adeguato ritorno all’impegno che lo studio richiede.

Abbiamo scelto di offrirvi per primi la versione più recente dell’opera, nota come Soft Currency Economics II e data alle stampe nel 2012, che, rispetto all’originale, oltre ad alcune piccole correzioni, si differenzia particolarmente per l’ordine con cui i concetti vengono presentati al lettore. In aggiunta comprende un ricordo personale di Mosler (l’“Intuizione Italiana”) che, sin dal principio, collega indissolubilmente la MMT all’Italia, e un discorso che l’autore tenne a Roma nel 2012 ad una conferenza sul debito pubblico alla presenza di Mario Draghi.


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