L'Editoriale

Salvini di oggi è incoerente con il Salvini di ieri? W Salvini!

Salvini di oggi è incoerente con il Salvini di ieri? W Salvini!

Abbiamo assistito a una campagna elettorale piuttosto irrilevante dal punto di vista del dibattito sui temi nodali dello sviluppo e dell’economia (vincoli alla spesa in deficit dello Stato, euro, ecc.). Questo è valso anche per i partiti che si presentavano agli elettori come “anti-establishment”; Salvini nelle interviste sottolineava che si sarebbero trovate le coperture per ogni proposta, in sintonia con la fede del pareggio di bilancio. Di Maio dichiarava apertamente di voler ridurre il debito pubblico, glissando sul come rivedere il rapporto Debito/PIL.

Chi ci segue sa perché un Paese con milioni di disoccupati, dunque con un’enorme capacità produttiva lasciata inattiva, ha l’obbligo di fare deficit per garantire l’interesse pubblico.

È necessario creare valuta con la spesa pubblica in deficit per attivare l’economia, per esempio aumentando la spesa pubblica e abbassando le tasse. Solo così si può rimuovere quel laccio al collo che sta strozzando economia e occupazione. Non c’è economia se non c’è spesa. Se si limita la spesa pubblica tramite i vincoli di bilancio si crea il peggiore degli sprechi: la produzione non “fatta” da un disoccupato. Ogni produzione non fatta è una produzione persa e mai più recuperabile. La produzione di quel giorno, di quel mese, di quell’anno andrà perduta completamente.

Oggi nel nostro Paese tre milioni di disoccupati NON producono ogni anno una produzione dell’ordine della PIL della Toscana.

Per questo la retorica liberista del debito pubblico brutto e cattivo! e del senza coperture non si è seri sentita in campagna elettorale non prometteva nulla di buono.

Ma lunedì l’illuminazione.

Accendo la tv e sento Salvini dire:

Io devo sbloccare la possibilità di spendere soldi bloccati da vincoli e regole esterne perché voglio che i nostri ragazzi entrino in classe senza che i soffitti gli cadano in testa. Fra ieri e oggi gli ENNESIMI incidenti sul lavoro a Padova e La Spezia. Io voglio che le imprese abbiano tutta la possibilità di pagare meno tasse per investire sulla sicurezza e sulla dignità del lavoro. Ad oggi ho vincoli esterni che non me lo permettono. O riesco a dare vita ad un Governo che ridiscute questi vincoli esterni… oppure è un libro dei sogni. Io non voglio prendere in giro nessuno. Il Governo parte, e sarebbe una bellissima avventura, se può fare le cose. Se ci rendessimo conto che non siamo in grado di fare le cose per cui gli Italiani ci hanno votato non cominciamo neanche.

Queste frasi declamate nelle sedi ufficiali delle istituzioni repubblicane sono, a prescindere della fede politica di ognuno, un evento di rottura. Una rottura anche dal punto di vista della narrazione.

Una novità anche nel contesto europeo; a oggi, e spero di essere smentito, non ho sentito dire quelle frasi neanche da Mélenchon o da Iglesias.

E il suono della rottura devono averlo sentito anche i Commissari europei se ieri Dombrovskis e Katainen hanno tuonato contro ogni ipotesi di scostamento dal percorso del rigore. Il Vice Presidente della Commissione Dombrovskis ha detto:

L’Italia rimanga nel percorso attuale, riducendo gradualmente il deficit e riducendo gradualmente il debito pubblico

mentre Katainen ha aggiunto che

la Commissione è guardiano dei trattati e tutte le regole del Patto di Stabilità e Crescita si applicano all’Italia.

Siamo giunti davanti alla madre di tutti i problemi, la riduzione del deficit. Stiamo toccando la carne viva lacerata da anni di ferite inflitte dall’austerità.

Non sappiamo se i due partiti giungeranno compatti sul tema e soprattutto in sintonia davanti a Bruxelles. Ma il tabù oggi è infranto. Per risollevare il Paese bisogna fare deficit. Questo ridefinisce i contorni del dibattito politico e le forze politiche si divideranno tra chi starà da una parte e chi dall’altra.


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