La Teoria

Quando la stabilità è destabilizzante

Quando la stabilità è destabilizzante

Uno dei partner più importanti per un’impresa è la sua banca. Tramite la banca l’impresa riesce ad andare oltre il limite dell’autofinanziamento potendo così esprimere al meglio le sue potenzialità.

Ma questo partner che tipo è? È un compagno fedele nei momenti più prosperi come in quelli più difficili? Purtroppo, per sua natura, non è così.

Le banche basano i loro comportamenti prima di tutto sulla storia delle imprese: se le imprese hanno una storia di ricavi costanti per un lungo periodo tendono a concedergli prestiti crescenti, se al contrario un azienda vede i suoi ricavi diminuire, la banca fidandosi meno, sarà portata a restringere il credito.

Va da sé che quando l’economia conosce un lungo periodo di crescita, tutte le aziende tenderanno a ottenere buoni risultati e il sistema bancario concederà sempre maggiori prestiti con garanzie sempre minori.

L’effetto di un periodo di stabilità economica induce il sistema bancario ad esporsi sempre più arrivando ad autoalimentare la crescita e a diventare “euforico”: l’aumento degli investimenti porta ad un aumento generalizzato della spesa totale nell’economia e quindi dei profitti totali innescando un circolo vizioso che determina il surriscaldamento dell’economia.

Essendo i bilanci delle imprese interconnessi, le spese di una sono i ricavi di un’altra, all’espansione dell’ investimento di un azienda corrisponde l’accrescimento dei ricavi delle imprese fornitrici e se tutti ampliano contemporaneamente gli investimenti vi sarà un aumento generalizzato dei profitti che renderà tutti sempre più ottimisti portando aziende e banche a rendere la propria situazione finanziaria sempre più esposta.

Il contrario succede quando si è in un periodo recessivo, in questi periodi i profitti delle aziende subiscono un calo generalizzato e le banche, per via della crescente paura di non vedere rimborsati i prestiti, chiudono sempre più i rubinetti del credito. Questo fenomeno è del tutto comprensibile,voi vi fidereste ad aumentare i prestiti in un periodo di crisi generalizzata?

Non c’entra la cattiveria dei banchieri e tanto meno la qualità tecnica del tessuto produttivo: è nella natura del sistema che i privati spingano, accelerino nello stesso senso dell’economia. Quando le cose vanno bene banche, imprese e cittadini tendono a diventare euforici adottando comportamenti di spesa ed investimento che pompano sempre più il sistema economico, ed al contrario, quando c’è recessione tutti limiteranno spese ed investimenti facendo crollare vendite e ricavi.

Hyman Minsky, l’economista americano a cui era intitolato il dipartimento dell’Università degli studi di Bergamo fino a poco tempo fa, ha scritto molto su queste dinamiche arrivando a dire che “la stabilità è destabilizzante“.

Tutto ciò ci fa capire come non sia pensabile che un’economia sana, un’economia che non soffra di schizofrenia, sia basata esclusivamente sulle scelte degli agenti privati.

I comportamenti “prociclici”, che accelerano in un senso o nell’altro il ciclo economico, devono essere compensati da comportamenti “anticiclici” che solo un soggetto è in grado di realizzare: lo Stato.

Normalmente lo Stato è l’emettitore della moneta e la banca centrale è un ente pubblico subalterno al Parlamento. Per questo il settore pubblico può spendere ed investire diminuendo le tasse anche in periodi di crisi evitando che l’economia si schianti.

Lo Stato che emette la sua moneta non può rimanere senza soldi, come una biglietteria che stampa i biglietti non può rimanere senza biglietti.

In queste condizioni lo Stato può stabilizzare l’economia evitandone i crolli.

Il problema vero si ha quando lo Stato non è più l’emettitore della moneta ed anche lui, subalterno alle aspettative delle banche, può rimanere senza soldi.

Il vero problema dell’Euro non è né il nome né il numero di nazioni in cui è usato: il problema vero è che è una moneta che gli Stati non possono emettere ma solo utilizzare; di conseguenza non possono garantire le obbligazioni, che assumono, denominate in quella moneta. Basterebbe che la Banca Centrale garantisse i debiti pubblici degli Stati nazionali e questi avrebbero gli strumenti per salvare le loro economie… ma niente del genere si vede all’orizzonte.

 

Articolo pubblicato sul numero di settembre 2014 della rivista Bergamo Economia Magazine


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