L'Editoriale

3° innocente frode capitale: il deficit dello Stato e i deficit degli economisti

Se diamo del “deficiente” ad una persona è indubbio che si tratta di un giudizio negativo. Il latino insegna che deficiente è colui a cui manca qualcosa, in genere un poco di cervello. Ugualmente in economia alla parola DEFICIT è associato un valore negativo, e questa associazione negativa è ripetuta quotidianamente da politici sostenitori dell’Euro e giornalisti asserviti alla finanza, ma non solo: fanno anche peggio. I discorsi sul deficit vengono colorati con un tono di gravità che serve a spaventare i cittadini riguardo i conti dello Stato (“abbiamo un deficit troppo elevato, rischiamo di fallire!”) così da costringerli a subire le più drastiche scelte politiche ed economiche. Il presupposto è che uno Stato non possa operare una spesa in deficit, cioè una spesa pubblica superiore alle entrate.

Ma l’economia ha le sue regole ed una fondamentale è questa:

In uno Stato con moneta sovrana il deficit dello stato EQUIVALE esattamente all’aumento totale netto del risparmio finanziario di tutti noi, imprese, famiglie residenti e non residenti in Italia, che formiamo dal punto di vista macroeconomico il settore non governativo.

In altre parole i deficit pubblici aumentano i nostri RISPARMI.

Seguitemi nei passaggi.

Quando i contabili del Governo sottraggono dei soldi dal conto della Stato li aggiungono sul conto di chi riceve i soldi. Quindi il debito dello Stato corrisponde SEMPRE al credito di qualcuno.
Ora una semplificazione che non modifica assolutamente la sostanza ma che aiuta nella comprensione. Ipotizziamo che la somma dei conti corrente del settore non governativo (famiglie, imprese, ecc) equivalga ad un unico conto. La stessa semplificazione la facciamo valere anche per i conti titoli ipotizzando che esista un unico conto titoli per il settore non governativo.

Quando il settore non governativo decide di acquistare dei titoli di stato ad esempio per un valore di 100 milioni di dollari, si rivolge al settore governativo e, di propria volontà senza nessuna costrizione effettua l’acquisto. La Banca Centrale svuota il conto corrente del settore non governativo di 100 milioni di dollari e li accredita sul conto di risparmio (conto titoli ) sempre del settore non governativo.

Successivamente quando lo Stato deve effettuare i suoi pagamenti ( stipendi degli insegnanti , dei medici, della polizia o le varie forniture) lo fa accreditando sul conto corrente del settore non governativo ad esempio 100 milioni di dollari.

Il risultato finale è questo: i Titoli di Stato hanno semplicemente spostato i beni finanziari del settore non governativo da un conto corrente ad un conto risparmio, mentre la spesa a deficit dello Stato ha aumentato il conto corrente del settore non governativo. L’acquisto dei Titoli di Stato non ha aumentato i beni finanziari di nessuno, mentre la spesa a deficit dello Stato ha aumentato i risparmi del settore non governativo.

Analizziamo il flusso dei soldi in senso inverso, dal settore non governativo (famiglie, imprese, ecc) al settore governativo (Stato), per esempio il caso del pagamento delle tasse. Il settore non governativo tassato di 100 milioni di dollari vede ridursi i risparmi dei privati di quella stessa cifra, che diventa un accredito di 100 milioni di dollari per lo Stato.

Pertanto se uno Stato vuole applicare una politica di avanzo primario di bilancio, deve incassare più tasse di quanta moneta spenda, determinando nel conto corrente del settore non governativo una riduzione pari alla differenza tra tasse e spesa dello Stato.

Il settore non governativo non sarà mai in grado di realizzare un risparmio quando contemporaneamente lo Stato realizza un avanzo di bilancio. Sono due dati inconciliabili.

Ma oggi i politici e i loro consulenti economici agiscono esattamente nella maniera contraria di quello che serve all’economia. Partono dal presupposto errato per cui lo Stato deve risparmiare i soldi prima di investirli. Guidati da questa convinzione impongono allo Stato un avanzo di bilancio per avere i soldi da spendere riducendo reddito e risparmio del settore privato.

Ma, come abbiamo appena spiegato, nella realtà avviene l’opposto. I soldi che lo Stato non spende sono i nostri mancati risparmi. Quando lo Stato non spende, semplicemente non crea i soldi.

Non esiste una cassaforte dove lo Stato deposita i soldi che crea ma non spende. Quando non spende non crea moneta.

Gli avanzi primari di bilancio dello Stato riducono il potere di spesa del settore non governativo e determinano meno acquisti di prodotti, quindi determinano più disoccupazione!

Nessuno di noi si sognerebbe di pensare che in agricoltura la siccità si combatte riducendo ulteriormente l’acqua a disposizione per gli agricoltori. In economia da circa 30 anni nessuno si accorge che sta succedendo esattamente questo. Vogliamo combattere i danni che i bassi deficit creano riducendo ulteriormente i deficit.

Nella storia del pensiero economico degli ultimi decenni abbiamo per fortuna avuto delle eccezioni (e per sfortuna poche). Uno di questi era Wynne Godley, economista inglese, che attraverso il rigore analitico del suo studio sui saldi settoriali era capace di leggere con esattezza gli scenari economici futuri e raccontare esattamente quanto spiega la MMT sul valore positivo dei deficit dello stato.

Probabilmente gli unici deficit su cui Godley non ha potuto dare spiegazioni sono quelli dei suoi colleghi economisti. Deficit culturali così gravi da lasciare interdetti sul fatto che siano difficoltà di comprensione quanto piuttosto sfacciata collusione con chi trae giovamento dall’impoverimento di tutti.

E quando Warren Mosler afferma con semplicità che:

Quando il governo ha un deficit spende molto e tassa di meno. Quello che rimane è il deficit pubblico che però si ritrova nel vostro conto in banca. E’ un vostro risparmio.

Allora non è più tollerabile il vero deficit da sanare: quello culturale degli economisti e dei politici.


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