Approfondimento

PLG in Italia, facciamo due conti

PLG in Italia, facciamo due conti

Lo scorso 17 aprile Bloomberg.com ha pubblicato un interessante articolo di Katia Dmitrieva, U.S. Jobs Guarantee Held Out as Path to True ‘Full Employment’, in cui l’autrice illustra, seppure in termini generali, la proposta di un Piano di Lavoro Garantito (PLG) di economisti a noi ben noti come Randall Wray, Flavia Dantas, Scott Fullwiler, Pavlina Tcherneva e Stephanie Kelton. La proposta di PLG è declinata sulla realtà statunitense, che ha oggi un tasso di disoccupazione più basso del 2000.

Partendo dall’articolo possiamo però fare qualche ragionamento sui costi del PLG riportati sulla realtà italiana, facendo i conti sella serva, un modo di dire che indica un calcolo con una buona dose di approssimazione ma sufficiente per capire se una cosa ha una sua convenienza oppure no.

Il costo calcolato dagli economisti MMT per la situazione americana è di 378 miliardi di dollari l’anno per i primi cinque anni, e di 415 miliardi di dollari all’anno per i cinque anni successivi. Questi numeri fanno riferimento a 15 milioni di disoccupati. Tenuto conto che in Italia i disoccupati ufficiali sono 3 milioni, cioè in termini assoluti un quinto di quelli statunitensi, possiamo stimare il costo per i disoccupati italiani pari ad un quinto dei costi USA.

Considerato che il tasso di cambio euro-dollaro è pari a circa 1,2 (oggi per difetto), il costo del PLG in Italia sarebbe di circa 63 miliardi di euro per i primi cinque anni e di circa 70 miliardi di euro per i successivi cinque.

Una prima osservazione: parliamo di un costo che corrisponde a circa il 4% del PIL italiano. Se si decidesse di sforare il famigerato vincolo del 3% deficit/PIL, celebrato ogni giorno dai sacerdoti dell’austerità, per arrivare al 7%, avremmo da subito la disponibilità finanziaria per un PLG che punta a un tasso di disoccupazione dello 0%.

Non è tutto. Un altro elemento da valutare è l’effetto del PLG sul rapporto debito/PIL. L’esperienza argentina del Plan Jefes ci ricorda che la spesa per il PLG ha un effetto positivo sul PIL. In Argentina il coefficiente fu stimato pari a 2,57, che a consuntivo si dimostrò molto prudente.

Ora ritorniamo ai nostri conti della serva.

Ipotizziamo che nel 2016 il Governo italiano avesse deciso di attuare il PLG spendendo 63 miliardi di euro per garantire un posto di lavoro a tutti i disoccupati.

Alla fine dell’anno ci saremmo trovati con un tasso di disoccupazione prossimo allo 0%, ma, a dispetto delle credenze dell’austerità, avremmo avuto un rapporto debito/PIL pari al 126,3%, ovvero 5,7 punti inferiore rispetto a quello realmente registrato!

Il PLG può realmente risolvere il dramma della disoccupazione garantendo anche la riduzione di quel parametro, ossessione della scuola liberista, che è il rapporto debito/PIL. Perché resta allora ancora un tabù nel dibattito economico politico?

La risposta è tristemente semplice: la politica economica italiana ed europea intende mantenere un tasso di disoccupazione adeguato a garantire una continua deflazione salariale e una permanente disuguaglianza sociale. Ma è una questione di scelta politica, non un destino ineluttabile.


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