Tizio compra del pane da Caio, spende 2 Euro. Il saldo del conto di Caio s’incrementa e quello di Tizio diminuisce della stessa cifra (2 Euro). Questa è una transazione come tante che avviene tra privati. Da tale semplice operazione possiamo però ricavare un principio economico fondamentale e cioè che alla spesa di qualcuno corrisponde necessariamente il reddito di qualcun altro. Se non c’è spesa non c’è nemmeno reddito. Vi è di più, l’acquisto di Tizio non genera ricchezza finanziaria, semplicemente la sposta verso Caio. Per cittadini e imprese complessivamente considerati (il settore privato) la consistenza della ricchezza finanziaria non cambia dopo l’acquisto di Tizio, la stessa rimane infatti invariata.
Come fanno allora cittadini e imprese nel loro insieme a procurarsi la ricchezza finanziaria necessaria a risparmiare? Attraverso la spesa del settore pubblico che si traduce in reddito privato. È, per esempio, il caso della costruzione/manutenzione di scuole, ospedali, strade, piuttosto che gli stipendi di medici, giudici ed insegnanti. Tuttavia lo Stato (il soggetto più importante di tutto il settore pubblico) oltre a spendere incassa e lo fa tramite la tassazione attraverso la quale, in buona sostanza, sottrae al settore privato la liquidità che gli ha accreditato in precedenza, al momento della spesa. Lo Stato spende per primo, dopo riscuote tassando. Se lo Stato spende più di quanto incassa realizza un deficit che diventa il surplus del settore privato, cioè ricchezza per cittadini ed imprese.
Il debito pubblico, essendo la somma dei deficit annuali di bilancio dello Stato, esprime essenzialmente la consistenza della ricchezza finanziaria di cittadini ed imprese. Se non vi fosse debito pubblico non solo non esisterebbe alcuna ricchezza finanziaria privata ma nemmeno lo stato sociale, reso possibile proprio dalla spesa pubblica.
Il debito pubblico, quindi, deve esistere, per forza. Moltissimi, però, affermano che il debito pubblico non debba essere troppo grande. Scopriremo nella parte seconda se tale opinione è corretta.
Ma quanto può essere grande?
Quanto può essere grande un debito pubblico? C’è un livello di sostenibilità dello stesso? Proviamo a ragionare. Concettualmente un debito è sostenibile se il debitore ha la piena capacità di onorarlo. Siccome il debito pubblico è, fondamentalmente, il debito degli Stati (in realtà delle amministrazioni pubbliche nel loro insieme), dovremmo domandarci se gli stessi, singolarmente considerati, abbiano la materiale possibilità di adempierlo. Ma come si fa ad adempiere un debito pubblico?
Per rispondere bisogna osservare che il debito pubblico è formato principalmente da obbligazioni, i titoli di Stato (Bot, Btp, Cct, etc… nel caso dell’Italia). Ogni Paese deve rimborsare annualmente i titoli di Stato che giungono a scadenza, si tratta di centinaia di miliardi (mld) di Euro, p. es. l’Italia nel 2014 deve rimborsare 334 mld di titoli in scadenza.
Ma gli Stati dove trovano tutti questi soldi? Essenzialmente ricorrono ai mercati finanziari, vuol dire che emettono altre obbligazioni che vendono ad investitori/risparmiatori privati. Con il collocamento del titolo, un soggetto facente parte del settore privato alloca nel titolo una porzione del proprio risparmio, e il settore pubblico acquisisce la disponibilità della liquidità necessaria a rimborsare i titoli in scadenza. In pratica gli Stati rifinanziano di continuo il loro debito. E se non si trovano investitori disponibili ad acquistare i titoli di Stato cosa succede? Qui viene il bello, le ipotesi sono due: o lo Stato esercita sovranità monetaria oppure fallisce. In tale ipotesi la sovranità monetaria può anche esplicarsi attraverso l’intervento di una banca centrale, in funzione di agenzia governativa, che acquista, creando la moneta in cui è denominato il debito, i titoli di Stato di nuova emissione. In realtà accade che la sola possibilità che la banca centrale possa intervenire in tal senso, esplicitata normativamente, consente ad uno Stato di godere della fiducia degli investitori in quanto quello Stato, dotato di tale potere sovrano, non può tecnicamente fallire essendo in grado, all’occorrenza e comunque in ogni momento, di generare la moneta necessaria a saldare ogni suo debito. La sostenibilità di un debito pubblico, pertanto, non dipende dalla sua consistenza, bensì dal fatto che sia denominato nella valuta che lo Stato può emettere nell’esercizio del suo potere di monopolio sulla stessa.