L'Editoriale

Piano Colao: continuità e un po’ di slides

La crisi Covid-19 ha reso evidente agli occhi di tutti il disastro del modello “meno Stato” e qualche inguaribile ottimista ha sperato che questo disastro servisse almeno a generare il ripensamento della linea liberista degli ultimi trent’anni.

Gli entusiasmi sono andati smorzati ben presto: il Governo di fatto sta lasciando la porta aperta al ricorso al MES e, invece di pretendere che la BCE faccia il mestiere di una Banca Centrale, ha speso energie per l’inutile negoziazione sul Recovery Fund.

La risposta a una crisi che rischia di mettere gran parte del tessuto economico KO definitivamente? Il nulla.

Accanto alla completa assenza di strategia economica e politica, che faciliterà la linea del ricorso al MES, c’è la narrazione delle “poderose” azioni strategiche e risolutive. Per essere più convincenti nella narrazione è stata costituita un’improbabile task force di pronto intervento, il “comitato di esperti in materia economica e sociale”, composto da 22 esperti e capitanato da Vittorio Colao, uno degli eroi del turboliberismo italiano.

L’8 giugno scorso il comitato ha pubblicato i risultati del lavoro: 121 slide evocative che potranno servire al Governo per dimostrare alla Commissione europea che l’Italia si impegna nelle riforme e avere in cambio i pochi fondi del Recovery Fund o, peggio ancora, del MES.

Finalmente l’intervento statale riprende la guida della strategia di rinascita? Ancora una volta no, tanto che l’economista Mariana Mazzucato, che ha fatto parte del team, non ha firmato il documento di Colao.

Non c’è agenda politica, nazionale o europea, che non proclami ufficialmente l’obiettivo di intervenire urgentemente per difendere l’occupazione, ma sono il contenuto della proposta e gli strumenti utilizzati a fare la differenza. Come non essere d’accordo con “Potenziare il welfare inclusivo e territoriale di prossimità, per promuovere resilienza individuale e coesione sociale”? Ma la differenza tra un titolo e la realtà è data dalla portata degli investimenti statali. Tanti degli interventi proposti nel documento sono no funding.

Anche in questo caso l’Italia si dimostra docile ai diktat dell’Unione europea in termini di bilancio, deficit, svendite e privatizzazioni.

In nessuna parte del documento sono spiegate le cause di questa crisi finanziaria:

  1. un sistema sanitario impossibilitato a dare una risposta veloce e strutturata all’emergenza perché distrutto da decenni di tagli alla spesa;
  2. il crollo della domanda aggregata interna ed esterna;
  3. l’impossibilità di dare una risposta ampia e tempestiva per bloccare l’emorragia di redditi, consumi e occupazione e l’innesco della spirale deflazionistica.

Il documento snocciola invece un lungo elenco di idee, in un accattivante format aziendale, senza mai ricercare una soluzione ai tre reali punti nodali della crisi. Nuovamente, come nel passato, una situazione di crisi economico-sociale è l’occasione per proporre ricette liberiste. Emblematiche le indicazioni per l’occupazione rintracciabili nei punti:

  1. competenze gestionali e assunzioni specialistiche,
  2. riqualificazione dei disoccupati/cassaintegrati,
  3. creazione di piattaforme formative pubblico-private per filiere produttive.

Il punto di vista è quello del pensiero neoclassico e fallimentare: il problema risiede nell’offerta. I disoccupati e i cassaintegrati, per trovare un lavoro, devono riqualificarsi. I tanti cani davanti ai pochi ossi vanno formati e riqualificati, dimenticando che gli ossi resteranno scarsi e quindi che ci saranno sempre cani che non mangeranno. E con questo gli ossi sono destinati a essere sempre più esigui.

Se c’è qualcosa da salvaguardare, per Colao, è sicuramente l’export, al punto 17, in piena continuità con le politiche deflazionistiche dei salari che da anni l’UE ci impone per sopravvivere. Più volte lo stesso documento indica come finanziamento naturale il ricorso agli strumenti messi a disposizione dell’UE, quando di naturale ha ben poco.

Il documento del comitato di esperti è in definitiva un esercizio di intenzioni che lascia tiepidi persino i sostenitori delle politiche liberiste, tanto è evidente anche a loro che il problema vero è la scarsità delle risorse con cui si affronterà il drammatico calo del PIL.

All’interno delle regole dell’Eurozona l’Italia non ha gli strumenti per combattere una crisi e il documento di Colao dimostra che purtroppo non ha neanche una strategia.


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