L'Editoriale

Perché il pieno impiego?

Il primo argomento a favore della piena occupazione è il fatto che i costi sociali della disoccupazione, diretti e indiretti, sono sconcertanti. La disoccupazione causa perdite irreparabili nella capacità produttiva di beni e servizi; problemi economici, sociali, psicologici sfociano nella criminalità, lesioni allo stato di salute (psicofisica), divorzi, suicidi e così via; il peggioramento della capacità lavorative e della produttività; ed altro ancora. La ragione per cui il pieno impiego è la chiave per raggiungere la stabilità sociale potrebbe essere agevolmente contenuta qui. Piuttosto semplicemente, una ragione convincente risiede nel fatto che i benefici della piena occupazione sono di gran lunga superiori rispetto ai costi per ottenerla, e che la disoccupazione, al posto dell’inflazione, dovrebbe esser vista come “il nemico pubblico numero uno”.

Il secondo argomento per la piena occupazione si basa sull’idea che, così come esistono diritti umani, civili e politici che possono essere considerati come inalienabili, alla stessa stregua esistono “diritti” economici e sociali, dei quali il diritto al lavoro è uno dei più importanti. Questa visione fu espressa da Franklin Delano Roosevelt nello Stato dell’Unione del 1944, e si ritrova anche in molti documenti delle Nazioni Unite, compresa “la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”. Proclami simili si trovano anche in molte altre nazioni. Se le persone sono pronte, disposte e capaci di lavorare, ma non hanno possibilità d’impiego, la responsabilità di garantire l’occupazione ricade sul governo. Di conseguenza, anche se venisse argomentato o dimostrato che il costo per eliminare la disoccupazione sarebbe superiore ai benefici economici, un governo resterebbe comunque responsabile di garantire la piena occupazione.

Il terzo argomento è che la promozione e il mantenimento della piena occupazione è contenuta nelle leggi di molti paesi. Negli Stati Uniti d’America, questo avviene per messo delle leggi quali l’Atto per l’Occupazione del 1946 e l’Atto per la Piena Occupazione e la Crescita Bilanciata del 1978 (il disegno di legge Humphrey-Hawkins). Atti che precedono questi due risalgono al rapporto governativo del 1944 sulla politica dell’impiego. Legislazioni di questo tipo esistono anche in molti altri paesi industrializzati. Pertanto, anche se ci fosse chi obietta che i costi sono proibitivi e che l’occupazione non è un diritto inalienabile, si potrebbe sostenere che secondo le leggi attualmente in vigore, molti governi sono obbligati a garantire la piena occupazione.

Il quarto argomento è che la piena occupazione è un obbligo etico per un’economia capitalista. In una società nella quale la disoccupazione è sistemica, l’inerzia dello Stato costringe i lavoratori e le loro famiglie alla povertà e/o a diverse forme di assistenzialismo. Perciò, anche se i costi fossero proibitivi, l’occupazione non fosse considerata come un diritto inalienabile, e la legislazione in vigore non venisse interpretata come obbligo legale per il governo di promuovere e mantenere la piena occupazione, sarebbe in ogni caso errato per un governo non provvedere alla piena occupazione.

Senza ombra di dubbio, ci sono molte altre ragioni, e queste categorie si sovrappongono e dovrebbero esser considerate come provvisorie. Chiaramente, gli argomenti sulla piena occupazione sia singolarmente che nella loro totalità sono convincenti. Il punto cruciale è che la disoccupazione è endemica nel capitalismo. Certamente, anche se la disoccupazione non fosse insita al capitalismo, le ragioni per la promozione di politiche di governo per la piena occupazione sarebbero molto forti, ma l’esistenza della disoccupazione involontaria giustifica fortemente il dare la priorità alle iniziative per la piena occupazione.

 

Originale pubblicato il 7 novembre 2013

Traduzione a cura di Anna Rondina


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