L'Editoriale

Pacta sunt severanda

I patti vanno rispettati. È sulla base di tale principio, formalmente corretto, che l’Italia, al pari di tutti gli altri Stati europei firmatari, non può non rispettare il limite del 3% del rapporto deficit/Pil ed il piano di riduzione del rapporto debito/Pil fino al 60%. I trattati europei che prevedono questi vincoli sono accordi (patti) internazionali e vincolanti.

Il rispetto di tali parametri (in realtà anche il solo tentativo di rispettarli) comporta, però, l’adozione di tutte quelle misure di austerity (tagli alla spesa pubblica ed inasprimenti fiscali) che aggravano il ciclo recessivo in atto innescando addirittura la deflazione.

Ne derivano una disoccupazione dilagante e la disintegrazione dello stato sociale poiché la capacità di spesa del Governo viene compressa a tal punto da non consentirgli di disporre delle risorse finanziarie necessarie a garantire il diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, alla giustizia.

Tali diritti, però, sono diritti fondamentali della persona, costituzionalmente garantiti, e quindi nessun accordo può avere l’effetto di limitarli. La Costituzione peraltro, giova ricordarlo, è la legge più importante dello Stato; nessuna norma, se non di pari rango, può contrastare le disposizioni ivi contenute.

In altre parole, i patti vanno rispettati (pacta sunt servanda) ma non ad ogni costo, perché c’è un principio ancora più elevato che non può essere violato e cioè: Constitutio servanda est. La Costituzione deve essere rispettata sempre, comunque e per forza.


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