La pandemia è stata uno tsunami che si è abbattuto sulla narrazione del deficit. Per far fronte all’emergenza sanitaria e a quella economica gli Stati hanno dovuto ampliare il deficit. Eppure, dal punto di vista della stabilità finanziaria, non si è abbattuto nessuno dei cataclismi prospettati dagli economisti pro austerità: lo spread non è aumentato, i mercati finanziari non ne hanno risentito, nessun ministero delle finanze ha finito i soldi.
Questo è valso chiaramente per gli Stati monopolisti della valuta come gli Stati Uniti, dove Biden ha implementato il più grande pacchetto di stimoli del dopoguerra (2.000 miliardi di dollari), ma anche per i paesi che non lo sono, come quelli dell’Eurozona dove la BCE ha iniziato ad agire come una vera e propria Banca Centrale.
Nell’Eurozona però la temporanea sospensione del Patto di Stabilità convive con le pressioni dei frugali per il suo ripristino e questo ci porta a non condividere l’ottimismo del premio Nobel Joseph Stiglitz quando dice: “l’Europa oggi sembra avere imparato la lezione di ciò che non ha saputo fare 10 anni fa”.
Pochi giorni fa i ministri delle Finanze di Finlandia, Paesi Bassi, Danimarca, Lettonia, Slovacchia, Svezia e Repubblica Ceca hanno presentato il documento Una visione comune sul futuro del Patto di Stabilità e Crescita in cui dicono che “Misure di bilancio senza precedenti hanno aiutato a combattere i notevoli effetti economici negativi della crisi, ma al tempo stesso hanno danneggiato la sostenibilità delle finanze pubbliche in molti Paesi. In particolare quelli in cui tali misure hanno creato un onere permanente sui bilanci e dove il livello del debito pubblico era già alto prima”.
Siamo di fronte ad un cambiamento di paradigma ad intermittenza.
Tutti parlano della necessità di politiche espansive, ma tanti restano ancora intrappolati all’interno dei dogmi che la pandemia ha smentito: esiste un reale pericolo iperinflazionistico di fronte alla spesa in deficit tanto da non poter essere gestito con un’adeguata politica economica? Nel 2020 l’inflazione non ha neppure sfiorato il 2% con spese in deficit del 10%. È possibile nell’Eurozona coniugare ripresa e ripristino delle regole fiscali? Solo una profonda revisione delle regole dell’Eurozona consentirà all’Europa di non restare indietro rispetto alle altre potenze.
È tempo di analisi e di apprendimenti se non vogliamo che questo ultimo anno sia passato invano.
Non c’è crisi finanziaria così profonda che un sufficiente taglio delle tasse o aumento della spesa pubblica non possa risolvere.
[Warren Mosler]
Articolo pubblicato sul numero di settembre 2021 della rivista Bergamo Economia Magazine