L'Editoriale

MMT e la demarcazione con il resto dell’economia politica

MMT e la demarcazione con il resto dell'economia politica

Breve excursus sul rapporto tra mercato e Stato

L’impostazione di fondo condivisa dal panorama scientifico e politico sta nel vedere il mercato come un’entità complessa, caratterizzata da una serie di dinamiche proprie, che precedono lo Stato, il quale non può che intervenire solo quando queste si sono già manifestate. A seconda delle diverse correnti di pensiero economico, l’intervento pubblico può essere visto come una forzatura “innaturale”, oppure necessario per ammortizzare, aggiustare o stabilizzare. In ogni caso lo Stato viene sempre individuato come qualcosa di distinto dal mercato o in contraddizione con esso.

Tale visione è sostenuta da tutti gli approcci macroeconomici, tranne uno… quello della MMT. La Modern Money Theory — oggetto di un crescente dibattito in USA e ora anche in Europa —riconosce infatti come le premesse fondanti del mercato siano necessariamente poste dallo Stato, il quale ne definisce sempre le caratteristiche. La valuta e la proprietà, istituzioni su cui il mercato è fondato, non emergono spontaneamente dall’interazione dei privati, ma sono (e storicamente lo sono sempre state) emanazioni di un’autorità politica.

Questa grande distanza dagli altri approcci nasce dal fatto che la MMT spiega ciò che per altre correnti di pensiero sono semplici assunti. In particolare evidenzia come la messa in vendita sistematica di beni non ha nulla di naturale ed avviene solo quando un’autorità — lo Stato appunto — pone le premesse perché questo si verifichi.

Per intenderci, ipotizziamo che lo Stato emetta valuta X. Quando lo Stato impone la tassazione in valuta X ad una popolazione più ampia numericamente rispetto a quella che rifornisce direttamente con la spesa pubblica (per esempio lo Stato impone le tasse a 65 milioni di persone, ma tramite l’emissione di nuova valuta raggiunge direttamente solo un milione di loro), ottiene due risultati. In primis induce un’offerta di beni e servizi venduti nella valuta X, con la quale si dovranno pagare anche le tasse, obbligando così gli attori economici sottoposti a tassazione a vendere qualcosa per procacciarsi quella determinata valuta. In secondo luogo, il fatto che la valuta X venga fornita direttamente solo alla frazione di popolazione da cui lo Stato si approvvigiona di beni e servizi reali, costringe la parte restante della popolazione ad ottenere valuta X rifornendosi da altri privati.

In poche righe eccovi descritto il cosiddetto sistema generalizzato di scambio di valuta, che si esprime collateralmente come scambio generalizzato di beni e servizi. O in una sola parola: mercato.

Ovviamente il fatto che non tutti abbiano lo stesso accesso alla valuta comporta che non tutti siano nelle stesse condizioni. Questa asimmetria, in combinazione con la definizione dei diritti di proprietà, definisce le caratteristiche dell’articolazione sociale e quindi il tipo di società: sistema schiavista, socialista, capitalista e la declinazione specifica di ognuno di questi sistemi.

Il mercato è un gioco in cui le regole, le caratteristiche fondamentali del terreno di gioco sono sempre necessariamente definite dallo Stato. Mercato e capitalismo sono quindi epifenomeni dello Stato e non realtà autonome. Ciò significa che la MMT dovrebbe essere implementata per rifondare l’economia politica e che anche il contributo delle altre scuole di pensiero dovrebbero essere organizzati a partire dai principi chiave della MMT.

 

Articolo pubblicato sul numero di luglio 2019 della rivista Bergamo Economia Magazine


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