L'Editoriale

L’isola che non c’è

Oggi lo Stato tende a spendere tanto quanto incassa (cioè tassa) perché ha deciso di essere, come si suol dire, virtuoso. Pur di non sforare limiti e vincoli di bilancio lo Stato non si cura minimamente di stabilire se la spesa che effettua sia sufficiente a garantire una corretta ed adeguata erogazione dei servizi pubblici. La logica della cosiddetta disciplina di bilancio prevale su ogni altro aspetto.

Un modello alternativo però esiste, eccolo. Lo Stato spende il necessario sia per garantire ai cittadini servizi adeguati, sia per realizzare opere funzionali al benessere collettivo come infrastrutture, interventi di riassetto idrogeologico del territorio, edilizia scolastica etc…

Il livello della tassazione viene successivamente determinato dallo Stato non per bilanciare le spese bensì per regolare l’economia, ponderando l’inflazione e garantendo l’equità e l’efficienza del sistema economico stesso. Se il livello della spesa pubblica dovesse risultare superiore all’entità complessiva delle entrate tributarie tale differenza costituirebbe il deficit dello Stato che rappresenta il surplus del settore privato, cioè ricchezza finanziaria per cittadini ed imprese prodotta, peraltro, in funzione dei servizi resi alla collettività.

Tale modello sarebbe assolutamente realizzabile in uno Stato a moneta sovrana in quanto lo Stato stesso, attraverso l’esercizio del suo potere di monopolio sulla valuta, potrebbe generare in qualsiasi momento le risorse finanziarie necessarie a sostenere le proprie spese ed i propri deficit, prescindendo dal livello della tassazione.

Tutto ciò non esclude affatto, bensì rafforza, la realizzazione di una spesa pubblica realmente efficiente, orientata cioè al benessere della collettività. Questa non è la rappresentazione di un’isola che non c’è, ma è la descrizione di come, in democrazia, potrebbe e dovrebbe funzionare un moderno Stato modello.


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