Nel suo ultimo romanzo postumo, Riccardino, Andrea Camilleri ci pone un tema su cui riflettere: spesso siamo abituati a guardare a quello che abbiamo davanti agli occhi e a volgere lo sguardo verso ciò che tutti guardano. Esiste però una parte nascosta (potremmo dire una parte non raccontata, più che non vista) in grado di cambiare radicalmente il nostro modo di vedere e giudicare un concetto o un avvenimento.
L’esempio citato dallo scrittore siciliano è l’episodio di quel ragazzo che nel 1989 in Cina, in piazza Tienanmen, fermò con il suo coraggio la fila di carri armati dell’esercito. Tutti abbiamo ammirato quel coraggio, ma nessuno ha guardato dentro al primo carro armato della fila, guidato da un altro ragazzo ancora più coraggioso del primo. In realtà, infatti, mai e poi mai il ragazzo in piedi sarebbe stato in grado di bloccare i cingolati se dall’altra parte non ci fosse stato alla guida quel ragazzo che ha deciso concretamente di fermare il convoglio. E lui, lo sconosciuto conducente del carro armato apri-fila, ha pagato quel gesto di incredibile coraggio con la morte.
Questa capacità di guardare oltre le apparenze, oltre quello che tutti ci raccontano come evidente, è ciò che serve alle persone per comprendere correttamente il reale significato delle grandezze economiche che si leggono nei giornali o si ascoltano in TV.
La narrazione di un’Italia dissennata e sprecona nella gestione della spesa pubblica, con un alto rapporto in percentuale del debito pubblico rispetto al prodotto interno lordo, non deve farci cadere nella trappola del senso di colpa ma farci chiedere cosa ci sia dietro un elevato debito pubblico e cosa ciò rappresenti.
Il debito pubblico di uno Stato corrisponde al risparmio netto dei cittadini, fino all’ultimo centesimo. La semplice contabilità ci spiega come. Un alto debito pubblico segnala un’elevata propensione al risparmio dei cittadini di quel Paese e consente loro di indebitarsi il meno possibile con le banche.
Il rapporto di giudizio così si rovescia. Nei Paesi con un basso debito pubblico, come ad esempio l’Olanda, i cittadini (evidentemente meno formiche di noi Italiani) tendono a indebitarsi molto di più con le banche arrivando a un rapporto, rispetto al debito pubblico, ben quattro volte superiore a quello degli Italiani.
Alla narrazione positiva costruita ad arte dello Stato “frugale” (come è definita l’Olanda con Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia) corrisponde una realtà non positiva per i cittadini. La narrazione dei Paesi frugali ha sostituito quella delle cicale e formiche di qualche anno fa, ma una cosa è la narrazione mediatica e un’altra la realtà macroeconomica. I negoziati dell’Eurogruppo vengono condizionati da questa rappresentazione, che è inutilmente dannosa per il nostro Paese e per le possibilità di rilanciare l’economia e l’occupazione dopo la fase drammatica della pandemia.
In macroeconomia è nostro dovere guardare anche a quella faccia della medaglia che spesso viene nascosta o “dimenticata”, ma che ci aiuta ad avere un giudizio indipendente e consapevole sugli avvenimenti che guidano le sorti del nostro Paese.
Articolo pubblicato sul numero di luglio 2020 della rivista Bergamo Economia Magazine