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L’agonia dei Comuni non è di competenza di Mattarella

L'agonia dei Comuni non è di competenza di Mattarella

Abbiamo già parlato di Gianfilippo Mignogna, Sindaco di Biccari (FG), un paese di quasi 3000 abitanti, che chiuse il Comune il 2 ottobre del 2015 in segno di protesta contro i tagli ai Comuni.

Come lui, altri Sindaci in questi mesi hanno avviato iniziative di protesta: si tratta per lo più di Sindaci di piccoli Comuni ignorati dai media perché non è su quel terreno che la politica trova la visibilità che cerca.

Oggi Mignogna, tramite il suo blog, lancia un duro attacco al Presidente della Repubblica, che si chiama fuori dai giochi di fronte alla sentenza della Corte Costituzionale dello scorso giugno. La Corte Costituzionale, infatti, ha dichiarato anti costituzionale la spending review applicata da Mario Monti ai Comuni nel 2012. Nel mirino i criteri stabiliti dalla norma per il riparto dei tagli: quella del Governo fu una decisione unilaterale, che non coinvolse la conferenza Stato-Città e autonomie locali. Cosa sta facendo Mattarella per dare seguito alla pronuncia di incostituzionalità? Nulla, silenzio. Di fronte alla disperazione dei Comuni, Mattarella tace.

Sindaco, come ha risposto la Presidenza della Repubblica alla sua richiesta di far valere la propria voce per garantire il rispetto della Costituzione?

« Con una nota di poche righe, scritte in burocratese e firmata dal Direttore dell’Ufficio degli Affari Giuridici e delle Relazioni Costituzionali, in cui si sostiene, incredibilmente, che il Presidente della Repubblica non ha competenze in materia. »

La Corte Costituzionale entra nel merito dei criteri utilizzati per decidere i tagli, ma il problema sono in realtà i tagli, cioè le politiche di austerità. Il decreto della spending review di Monti si chiamava “Salva Italia”, ma stiamo peggio di prima. Quali sono le conseguenze di anni di austerità per un Comune?

« Quando ci renderemo conto dei danni che sono stati fatti in questi anni forse sarà troppo tardi. I servizi pubblici locali sono ai minimi storici e sono stati ridotti tutti gli interventi in materia di sanità, servizi sociali, giustizia, assetto del territorio. La capacità di spesa per manutenzioni è pressoché a zero, e di investimenti non se ne parla proprio. Pian piano ci stiamo abituando a stare peggio e ci stiamo convincendo che tutto questo fa parte della normalità. Specialmente i piccoli Comuni vengono mantenuti, credo volontariamente, appena sopra la soglia della sopravvivenza. A me tutto sembra essere preordinato a creare i presupposti per la privatizzazione dei servizi pubblici e per la chiusura (anche) dei piccoli Comuni. »

Monti agì per conto dell’Unione europea. I Trattati europei si fondano sulla stabilità finanziaria degli Stati, la Costituzione sul lavoro. C’è una discussione su questo, all’interno dell’Anci?

« Non che io sappia. Insieme a tantissimi Sindaci sono uscito dall’ANCI da quando si è ridotta sostanzialmente ad un sindacato di comodo per i Governi e ad una quasi appendice del Partito Democratico. Basti vedere l’assenza di dibattito che c’è attorno alla successione di Fassino. Ad ottobre è in programma il congresso nazionale dell’ANCI e da nessuna parte si discute di chi e di come debba essere il nuovo Presidente. Per questo ho salutato con favore la candidatura di rottura di Ivan Stomeo, Sindaco di Melpignano e Presidente di “Borghi Autentici d’Italia”. È l’unica proposta che si poggia su una base valoriale e programmatica. Il resto sono giochetti di partito. »

Autorevoli economisti contestano il pareggio di bilancio e chiedono l’ampliamento del deficit come strumento per il rilancio. È arrivato il momento di unire Sindaci, docenti, studenti, lavoratori intorno alla lotta contro l’austerità?

« Credo di sì. Non penso ci sia ancora molto tempo, ormai. I danni inferti in questi anni agli Enti locali, al territorio, alla cittadinanza, ad un’intera generazione di giovani (disoccupati, precari o emigranti) rischiano di diventare irreversibili. Specialmente le aree rurali e montane sono state letteralmente abbandonate, e molte si presentano oggi come zone di guerra, con interi borghi avviati allo spopolamento e campagne abbandonate. La cosa che fa più rabbia, però, è che questa politica di tagli è applicata solo in periferia, nei confronti dei più poveri e dei più deboli, dal punto di vista mediatico e politico. Insomma, la sensazione è che con la scusa dell’austerità stiano aumentando le differenze sociali e le distanze a vantaggio di chi sta meglio. »


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