L'Editoriale

La Terra non è piatta e il bilancio della UE non è un forziere che non ha più dobloni

“I soldi del bilancio UE sono finiti”. Così esordisce Repubblica riportando una dichiarazione del commissario europeo al Bilancio, Jacek Dominik (qui). In seguito vengono paventate una serie di nefaste conseguenze come la sospensione del progetto Erasmus, i tagli ai finanziamenti per le PMI nonché dei fondi di coesione.

A leggere così sembra che il forziere con i dobloni custodito con parsimonia del buon Dominik sia ormai vuoto, chissà magari c’è un buco sul fondo. O forse non c’è nessun forziere ma semplicemente un sistema monetario non adatto a supportare le politiche di sviluppo dei paesi membri UE, ormai ridotte al lumicino della carità.

Proviamo a fare chiarezza. Attualmente la più cospicua fonte di entrate del bilancio dell’Unione Europea è rappresentato dai trasferimenti effettuati dagli Stati membri (attualmente pari allo 0,7% del loro reddito nazionale lordo), seguito da altre voci minori consultabili (qui). In sostanza viene applicato il meccanismo “prima raccolgo e poi spendo”, il comportamento di un soggetto privato che prima di effettuare spese o investimenti deve raccogliere i fondi necessari prendendoli a prestito oppure risparmiando sulle proprie spese correnti.

Questo è l’esatto contrario di ciò che la MMT spiega, ovvero che il monopolista della valuta non ha necessità di raccogliere il denaro per perseguire le proprie politiche, bensì deve necessariamente spendere per primo perché sia possibile in seguito la riscossione con le tasse di una parte di ciò che ha speso. Monopolista della valuta, la crea dal nulla e la spende per il raggiungimento degli obiettivi politico/economici prefissati. Questa era la condizione degli Stati eurozona, prima della loro adesione al sistema attuale.

Questo sistema dispiega il suo massimo valore soprattutto nelle attività che non hanno una redditività immediata ma che richiedono un investimento nel medio/lungo periodo, pensiamo ad esempio alla ricerca scientifica o all’istruzione; se tali attività fossero subordinate all’esclusivo intervento di soggetti privati, questi ultimi parteciperebbero solo di fronte ad un ritorno economico evidente (profitto), diversamente tali attività non verrebbero nemmeno prese in considerazione in quanto non considerate remunerative, con enormi danni per quello che è lo sviluppo tecnologico, scientifico e umano di una nazione.

Pensiamo alle stesse attività culturali che non generano di per sé un profitto, pertanto verrebbero finanziate solo quelle in grado di “far cassa”, che abbiano una facile commerciabilità, diversamente il soggetto privato si assumerebbe un rischio senza prospettive certe di profitto, sobbarcandosi gli oneri di un’attività in potenziale perdita. Pensiamo al Teatro dell’Opera di Roma.

Uno Stato monopolista della propria moneta, può finanziare dette attività spendendo in deficit, in quanto non ha necessità di un ritorno economico che generi profitto. Ciò che in seguito non avrà tassato sul distribuito tramite la spesa pubblica, rappresenterà il risparmio del settore privato.

Purtroppo lo spoglio di sempre maggiori competenze degli stati membri a favore dell’UE, unitamente alla predominante ideologia della necessaria austerità al fine di stabilire un presunto ordine contabile nei loro bilanci, costringe milioni di persone a vivere nella superstizione della scarsità del denaro, bene finanziario illimitato.

Ciò comporta continui tagli e precarietà anche in quelle politiche che paradossalmente vengono presentate come parte fondante dell’Unione stessa, come l’ERASMUS, a rischio perché le risorse disponibili “stanno finendo”; una sorta di assurdo auto-cannibalismo a cui si condanna l’UE.

Non c’è nessun forziere bucato, bensì ideologie errate che vengono usate per rimpiazzare fondamentali regole della macroeconomia; ideologie che la MMT è in grado di spazzare via, perseguendo quello che dovrebbe essere l’unico obiettivo di qualunque governo: il benessere per i propri cittadini.


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