Dopo i feriti.
Dopo gas lacrimogeni, manganelli e carri armati.
Dopo che per settimane molti politici hanno descritto i gilet gialli come una minoranza di facinorosi.
Dopo che migliaia di persone hanno portato mobilio, cibo e contributi per pagare le trasferte verso Parigi alle rotonde dove i gilet gialli si incontravano.
Dopo tutto questo, il Governo ha dichiarato di fare ciò che fino al giorno prima diceva impossibile: diminuire le tasse e aumentare il salario minimo di 100 euro.
La ministra del lavoro, di colpo, è costretta a far riferimento a logiche “Keynesiane” per giustificare la direzione dei provvedimenti.
Ovviamente si tratta di briciole che non cambieranno la situazione. Gli straordinari non saranno tassati (ma cosa faranno i lavoratori di quelle aziende che non hanno più lavoro da portare avanti?). E chi prende poco più del salario minimo? Cosa fa chi è oggi disoccupato?
Emerge un elemento significativo: la pressione sociale di poche settimane ha orientato il linguaggio di un Governo che incarna l’approccio liberista pro-austerità verso un netto cambiamento. Ancora una volta la storia non evolve linearmente. Superate certe soglie si creano biforcazioni storiche, momenti favorevoli per il cambiamento dei modi di pensare e di agire: la radicalità dei contenuti e la relativa pacatezza nei toni hanno spesso sostituito nella storia quegli insopportabili, quanto stupidi, bisticci sul nulla a cui i media e la politica ci hanno abituato.
Ciò che dà speranza è la consapevolezza che, in una situazione come quella francese, la MMT potrebbe a un certo punto penetrare e dare organicità, struttura e supporto alle rivendicazioni del popolo.
La storia è sempre stata fatta dagli uomini.