Approfondimento

La crisi dell’Argentina? Una crisi da manuale. Liberista

La crisi dell'Argentina? Una crisi da manuale. Liberista

A settembre il Presidente dell’Argentina, Mauricio Macri, ha annunciato un nuovo piano di austerità per combattere l’inflazione. Per comprendere in pieno l’obiettivo reale del programma, dobbiamo fare un passo indietro per ripercorrere la storia politico-economica recente dell’Argentina.

Macri è stato eletto Presidente nel 2015 a seguito della vittoria al ballottaggio con il candidato populista kirchnerista Daniel Scioli, promettendo all’Argentina l’uscita dalla crisi. Un’uscita in chiave neoliberista.

Il suo programma era semplice quanto noto: per combattere inflazione e povertà bisogna coniugare sacrifici e crescita. Cosa ha ottenuto? Una crisi. Una crisi da manuale.

Una crisi da manuale non è un’espressione figurata, ma il riferimento vero e proprio ai manuali d’economia d’ispirazione neoliberista. In questo caso il manuale di cui parliamo è “I principi di economia”, in Italia edito da Zanichelli (5° edizione), di N. Gregory Mankiw e Mark P. Taylor, uno dei più diffusi testi di macroeconomia utilizzati negli atenei italiani.

Nell’introduzione, il testo elenca i dieci principi che descrivono i processi economici:

  • i primi quattro regolano le decisioni individuali;
  • i tre che seguono riguardano l’interazione tra individui;
  • gli ultimi tre riguardano il funzionamento dei sistemi economici nel loro complesso.
    Principio n.9: i prezzi aumentano quando lo stato stampa troppa moneta; principio n.10: nel breve periodo i sistemi economici si confrontano con un trade-off tra inflazione e disoccupazione.

Le scelte del Presidente Macri si collocano nel contesto di questi principi.

Come ho detto prima, il principale punto del programma di Macri è il contenimento dell’inflazione. Il manuale del perfetto neoliberista prescrive la riduzione dell’emissione di moneta da parte dello Stato argentino, ovvero il contenimento della spesa pubblica.

In termini aggregati, la riduzione dell’emissione di moneta da parte dello Stato si traduce in una riduzione del deficit dello Stato. Il grafico evidenzia la riduzione della spesa in deficit del governo Macri. La ricetta neoliberista è rispettata.

Il ricorso alla ricetta neoliberista è confermato anche dal contenimento della spesa governativa, che diventa costante a partire proprio dal 2016, dopo anni di crescita.

Macri, immediatamente dopo l’insediamento, affronta l’inflazione seguendo la ricetta neoliberista. Come da manuale. Due anni di riduzione di spesa in deficit e austerità, però, portano l’inflazione ai livelli mostrati nel grafico sotto.

Il valore dell’inflazione rimane decisamente elevato e in crescita dal 2016. Il risultato, nella realtà, è esattamente l’opposto di quanto il principio n. 9 prevede nella teoria.

Proviamo a far riferimento, allora, al principio n.10 del manuale di macroeconomia: l’aumento dell’inflazione potrebbe essere spiegato dal trade-off tra inflazione e disoccupazione. In altri termini, l’inflazione può essere generata da un aumento dell’occupazione con un conseguente aumento della domanda aggregata di beni e servizi ed il conseguente aumento del loro prezzo?

Proprio no. La disoccupazione in Argentina è cresciuta. Non solo. È cresciuta con il crescere dell’inflazione, disconoscendo il principio teorico del modello neoliberista.

Un economista neoliberista potrebbe obiettare che l’inflazione è da imputare a una crescita dei salari dei lavoratori occupati. Ancora una volta, la realtà non si è mossa nella direzione dei principi teorici del manuale. Lo stipendio medio dei lavoratori argentini si è ridotto dal 2016 ad oggi!

Le politiche economiche del Governo Macri sono state fallimentari nel ridurre l’inflazione. Hanno però ridotto la povertà?

La percentuale di popolazione al di sotto della soglia di povertà dal 2016 in poi, dunque sotto il governo Macri, riprende a crescere del 2% circa.

I due obiettivi sbandierati in campagna elettorale dal presidente Macri, contenimento dell’inflazione e riduzione della povertà, sono stati clamorosamente mancati.

Ma cosa è realmente avvenuto in Argentina da un punto di vista macroeconomico?

Partiamo dal dato sulle esportazioni. Il Paese sudamericano, negli ultimi tre anni, ha invertito il flusso della sua bilancia commerciale diventando un Paese di importazione. Se controlliamo il rapporto peso-dollaro notiamo che dal 2016 ad oggi il valore del dollaro è praticamente quadruplicato.

Questo significa che l’Argentina ha subito una forte pressione inflazionistica a causa della bilancia commerciale.

Per ridurre la pressione inflazionistica l’Argentina avrebbe dovuto puntare all’equilibrio della bilancia commerciale, come succedeva prima del 2012.

Come suggerisce la scuola economica MMT.

Ora torniamo al piano annunciato da Macri. Il bravo boy scout ripete bene ciò che prevede il suo manuale:

[…] far fronte a un problema di base cioè di non spendere più di quanto abbiamo, di fare degli sforzi per equilibrare i conti dello Stato.

Questo è il vero obiettivo, sicuramente ben diverso dalla propaganda sbandierata della lotta all’inflazione e alla povertà: una politica economica perfettamente coerente con i principi economici del manuale e che ha come scopo la distruzione della domanda aggregata interna.

I danni purtroppo non sono finiti. Lo scorso ottobre Macri, di fronte ad una crisi che non può più risolvere, ha chiuso un accordo con l’FMI: un prestito di 56 miliardi di dollari a fronte di altra austerità, of course. In particolare si è impegnato a raggiungere il pareggio di bilancio. Mauricio Macri si indebita dunque in una valuta di cui non è il monopolista e si impegna a pareggiare il bilancio entro il 2019.

Sono purtroppo in arrivo ulteriori effetti catastrofici per gli Argentini, sia dal punto di vista economico sia da quello sociale.

Il vero intento del programma economico di Macri è ben illustrato e auspicato nei principi n.6 e n.7 del testo macroeconomico di Mankiw e Taylor:

Principio n.6: I mercati sono di solito uno strumento efficace per organizzare l’attività economica.

Il prestito dell’FMI, motivato dalla profonda crisi economica dell’Argentina peggiorata dalle politiche di austerità di Macri, imporrà ulteriori riforme e misure che continueranno a ridurre la domanda interna, aprendo sempre più spazio all’aumento del profitto delle grandi imprese di esportazione e impoverendo sempre più gli Argentini.

Lo Stato argentino non ha messo in campo misure a favore della collettività, ma a favore del profitto delle multinazionali e dei gruppi finanziari operanti nei mercati, nel pieno rispetto del…

Principio n.7: A volte l’intervento dello Stato può migliorare il risultato prodotto dal mercato.

La crisi dell’Argentina non è una conseguenza di eventi esterni e di stagnazioni internazionali, ma una precisa scelta di politiche economiche volte a indirizzare l’economia verso una soluzione neoliberista. Come da manuale. Le scelte macroeconomiche del Governo Macri consentono alle multinazionali e ai gruppi finanziari di sfruttare le risorse umane e naturali dell’Argentina a loro unico vantaggio e profitto. Parliamo di quelle risorse che, utilizzate a favore dell’interesse pubblico, permetterebbero nel breve periodo la crescita economica e sociale del Paese.

È fondamentale capire la dinamica dell’Argentina perché non è un caso a sé, ma un esempio di applicazione dei principi del modello liberista come nell’Eurozona: principi teorici di funzionamento dell’economia che non hanno riscontro nella realtà, il cui vero obiettivo è l’esclusivo vantaggio e profitto delle élite.


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2 Commenti

  • Ottimo articolo. Peccato che cosi’ tante persone preferiscano credere alla teoria piuttosto che ai fatti che la smentiscono.

  • La mia esperienza di vecchio: alla fine della prima guerra mondiale l’Italietta era come oggi pressoché fallita economicamente. In più era osteggiata e colpita da sanzioni internazionali. Il governo di allora, ricorrendo all’autarchia, in venti anni riportò l’economia del Paese ai primi posti in campo civile, industriale, opere pubbliche bonifiche e agricoltura. Il contrario di oggi. A differenza di altri Paesi, noi produciamo tutto. Quando lo Stato spende troppo, l’inflazione è un ottimo e rapido correttore delle ricchezze accumulate in poco tempo e in poche mani. Meglio essere primi tra i secondi, che gli ultimi tra i primi specie se sono malati di finanza e non di sana economia. La purga? Uscire dall’€ e svalutare l moneta come ci veniva rimproverato, come opera l’America quando le fa comodo.

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