Approfondimento

Il Giappone mostra i reali limiti della spesa pubblica (seconda parte)

Il Giappone mostra i reali limiti della spesa pubblica

Solo “2˙700 delle 29˙000 abitazioni pianificate sono state completate”. Il Governo continua a rivedere gli obiettivi per la ricostruzione al ribasso man mano che la realtà si rende chiara.

Diversi sono i fattori concomitanti:

  1. Burocrazia: i processi di approvazione sembrano molto lenti e ritardano i lavori pubblici.
  2. C’è una “carenza di manodopera, aggravata dal trasferimento di lavoratori dalla zona del disastro alla costruzione delle strutture commerciali per i Giochi Olimpici di Tokyo del 2020 … [che] … ha tardato la ricostruzione”.
  3. La carenza di manodopera e il boom edilizio hanno provocato un “picco del costo dei materiali da costruzione e difficoltà nel procurare terreni nella zona del disastro”.
    La cosiddetta Reconstruction Agency ha previsto nel 2011 un investimento di 158˙000$ per una nuova casa, ma ad aprile di quest’anno la stima ha ormai raggiunto “217˙000$, quasi il 40% in più della stima iniziale”.

Al manager dell’opera è stato sentito dire che non riescono a tenere il passo con l’aumento dei prezzi, e che gli appaltatori non sono interessati a partecipare agli appalti a causa dell’incertezza contrattuale relativa ai costi.

Un paio di cose da notare:

  1. Le implicazioni fiscali dei costi in aumento sono irrilevanti, il Governo potrebbe aumentare gli stanziamenti ogni volta che lo vuole.
  2. Il trend inflazionistico suggerisce che ogni ulteriore spesa nominale si tradurrebbe solo in un aumento dei costi. Il Governo è dunque ostacolato da vincoli imputabili a carenza di risorse reali, presumibilmente nella forma di un collo di bottiglia a livello regionale.

La carenza di risorse reali può essere globale (estesa a tutto il Paese) oppure localizzata e, senza una perfetta mobilità [delle risorse], le carenze locali possono persistere anche in caso di risorse sottoutilizzate in qualche altro settore economico.

Il problema del Giappone è che sta tentando la scalata a grandi progetti (la colossale ricostruzione del nord-est e la meno significativa preparazione alle Olimpiadi) con poche risorse lavorative disponibili.

Dove è andato [a finire] il denaro non utilizzato?

Il report di Reuters recita:

“Gran parte del denaro dedicato alla ricostruzione è finito sul registro contabile della 77 Bank a Sendai, a circa 50 chilometri ad ovest (30 miglia) di Ishinomaki. I depositi del Governo alla 77 Bank, il più grande ente finanziatore della regione, sono quadruplicati negli ultimi tre anni, man mano che veniva stanziato denaro per la ricostruzione, fino a raggiungere quasi 17 miliardi di dollari… il rapido afflusso di depositi è stata per la banca una sfida da gestire, in quanto il denaro poteva essere ritirato con breve preavviso. La soluzione … è stata quella di investire in titoli di Stato a breve termine. Come risultato, i titoli di Stato detenuti dalla 77 Bank sono aumentati di due volte e mezzo dal 2011, fino a [raggiungere l’equivalente in yen di] 20 miliardi di dollari.”

Il report segnala che tutto questo ha creato un “circuito chiuso di finanziamento. Acquistando titoli di Stato, gli investimenti bancari stanno fondamentalmente aiutando a finanziare il prestito che il Governo ha sottoscritto per inserire al primo posto le allocazioni riconducibili al disastro”.

D’accordo, ma i fondi usati per acquistare i titoli devono esser provenuti in prima istanza dalla spesa pubblica. La scarsità di risorse reali che ha portato a non spendere i fondi non ha facilitato il Governo giapponese a “finanziare” la sua spesa. In termini nominali, il Governo giapponese ha capacità di spesa illimitata in yen.

Il Governo può sempre dare mandato alla Banca Centrale di elargire credito per suo conto in cambio di qualche asset che possiamo chiamare Titoli di Stato.

Dice correttamente Reuters che “Il Governo è sotto una pressione crescente per tagliare un carico di debito pubblico che è più del doppio della produzione economica annuale”, ma avrebbe anche dovuto dire che questo è solo un nonsense politico, più che realtà economica.

Per lo Stato non c’è mai alcun problema di copertura o di rinnovo del debito. Se il settore non governativo dovesse stufarsi dell’acquisto di titoli pubblici, il Governo potrebbe chiedere di acquistarli alla Banca del Giappone, oppure fermare completamente l’emissione di [titoli di] debito (opzione preferibile).

Questo è quello che succede se arriva il momento critico. I Governi giocano il gioco dei vincoli volontari ed elaborano procedure contabili (alias mescolano denaro qua e là) che fanno sembrare che stanno spendendo “tasse” o “prestiti”, ma in fondo in fondo tutti sanno come stanno le cose e se la situazione politica diventa urgente si mettono subito a spendere.

Abbiamo visto questo pragmatico dettaglio emergere durante i primi giorni della crisi: nessuno ha chiesto al Governo degli Stati Uniti quando avesse trasferito miliardi con un colpo di penna per salvare il sistema finanziario. Da dove arrivava il denaro? Ben Bernanke ci ha raccontato che la Federal Reserve ha creato i soldi dal nulla.

Allora tutte queste questioni finanziarie mancano il punto [essenziale], cioè il fatto che il Governo non può comprare ciò che non è in vendita e, se cerca di competere con altri offerenti per accaparrarsi risorse reali, allora il prezzo salirà e l’aumento della spesa nominale si tradurrà in inflazione.

Le ragioni burocratiche sono diverse. Nel suo rapporto, Reuters legge i ritardi con un’ottica diversa, ribadendo ancora che semplicemente gli Stati sono inefficienti.

Abbiamo imparato che i problemi connessi alla ricostruzione sono molto complessi. I diritti di proprietà privata vanno rispettati a norma di legge, e la negoziazione dei contratti d’acquisto di nuovi terreni per l’edilizia residenziale richiede tempo.

Per esempio, abbiamo appreso che:

Prima che la città abbia potuto acquistare della terra, è stato necessario rintracciarne i legittimi proprietari. Questo è assodato essere noioso… I funzionari hanno scoperto che in molti casi le proprietà erano state tramandate senza procedure di ereditarietà appropriate.

Questo sa più di inefficienza del settore privato (frode o trasgressione) che di inefficienza pubblica.

Inoltre, mentre è in corso un’enorme sfida per la ricostruzione di massa, “molti funzionari pubblici, che sarebbero stati altrimenti chiamati in causa nella ricostruzione, o sono morti nello tsunami o si sono ritrovati la casa distrutta e vivono, essi stessi, in dimore temporanee”.

Sviluppare forza lavoro abile richiede tempo, a volte anche molti anni da quando la formazione richiesta ha avuto inizio.

Conclusione

La ricostruzione è la “più grande operazione mai tentata nel Giappone moderno” e “a livello aggregato, l’industria dedicata alle costruzioni ha un ammontare di lavoro di molte volte quello che era solita avere prima del disastro. Ecco perché è naturale assistere ad una carenza di lavoratori e di macchine… È come costruire in soli tre anni qualcosa che nel dopoguerra ne ha richiesti cinquanta”.

Vista la cosa in modo diverso, ci si potrebbe chiedere perché l’industria delle costruzioni sta attraversando una fase di boom. La risposta è ovvia: l’espansione fiscale ha stimolato la spesa ed il settore privato ne ha beneficiato con l’aumento del reddito e dell’occupazione.

Chi sostiene che la politica fiscale non crea lavoro e crescita? Risposta: gran parte degli economisti neoliberisti.

Chi sostiene che esistono limiti reali a quanto è possibile ottenere con la politica fiscale? Risposta: i promotori dell’MMT.

Per oggi basta così!

 

Originale pubblicato il 4 novembre 2014


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