Lo scorso 30 ottobre Reuters ha pubblicato un articolo – Special Report: Tsunami evacuees caught in $30 billion Japan money trap [1] (grazie a Scott Mc per il link) – in cui si dimostra in modo eccellente quali sono i veri limiti di spesa per un Paese che emette valuta [propria]. I principi di fondo dovrebbero essere acquisiti da tutti come parte integrante della personale missione di ognuno di liberare il proprio pensiero da tutti i miti neoliberisti e anche per aiutarsi a capire meglio la natura delle emissioni di valuta. Purtroppo il caso qui esaminato è piuttosto triste e carico di tragiche conseguenze umane e ambientali, ma ciò non ne inficia certo la rilevanza in termini di riflessione concettuale. In poche parole, il Governo centrale giapponese ha trasferito qualcosa come l’equivalente in yen di 50 miliardi di dollari statunitensi all’amministrazione locale per contrastare la distruzione causata dallo tsunami a marzo 2011. 30 miliardi non sono ancora stati spesi, nonostante ci siano ancora persone che vivono in alloggi temporanei e soffrano ancora, anche per questo, traumi psicologici drammatici. Perché sta accadendo questo? La Modern Monetary Theory (MMT) non ci dice che un Paese sovrano può spendere quanto vuole? Non esattamente. Quello che la MMT ci dice è che un Paese che emette la propria valuta può comprare qualsiasi bene sia in vendita nella propria valuta e che la propensione [alla spesa] è limitata dalla disponibilità delle risorse reali. E questa è una classica dimostrazione dell’esistenza dei limiti alla spesa pubblica nominale.
Prima di affrontare la questione, mi aspetto di ricevere e-mail di protesta: parlare di questa tragedia in termini di economia monetaria è crudele e denota mancanza di empatia nei riguardi della sofferenza umana. Non si tratta di nulla del genere, però. Quindi non perdete tempo, ho abilità molto sviluppate quando si tratta di cestinare [messaggi]).
Il 10 ottobre 2014, l’agenzia di stampa giapponese NHK World riportava:
Il calderone olimpico al National Stadium di Tokyo è stato rimosso in preparazione del rifacimento della struttura in occasione delle Olimpiadi estive del 2020 e delle Paralimpiadi.
E fin qui niente allarmi. A quanto pare, “il cimelio olimpico sarà prestato alla città di Ishinomaki nel nordest del Giappone fino a Marzo 2019”.
Ishinomaki è situata nella prefettura di Miyagi, circa 400 km a nord di Tokyo e a 150 km di costa di distanza dalla sfortunata centrale nucleare di Fukushima Daiichi.
La città di Ishinomaki è un porto di pesca ed è diventata famosa per essere Manga Land, avendo adottato come obiettivo civico quello di “creare una città dove le persone familiarizzassero quotidianamente con i manga”. Il Manga è un particolare stile giapponese di fumetto e un importante artista che ha sviluppato l’arte manga, Shotaro Ishinomori, è nato proprio in questa regione.
La città ha creato una “Strada Manga” lunga un chilometro, “delimitata da 20 personaggi manga in scala naturale”, dove “i tombini, le panchine e persino le cassette postali sono caratterizzati da motivi manga”. La strada “termina su un grande fiume la cui riva sabbiosa è stata soprannominata ‘Mangattan’ dai residenti. Qui sorge il museo ‘Mangattan’ di Ishinomaki, che ospita manga di Ishinomori, anime e opere originali. Ci sono aree giochi e librerie. Il museo promuove la comprensione della cultura e della storia manga”.
L’Ishinomori Manga Museum è stato riaperto alla fine del 2012 successivamente alla chiusura del 2011 per riparazioni.
Questo riconduce all’altro motivo per cui la città di Ishinomaki è famosa, ossia la totale devastazione subita durante il terremoto di Tōhoku e lo tsunami del 2011. La regione è stata una di quelle maggiormente colpite dallo tsunami l’11 marzo 2011.
- La città ha subito onde alte circa 10 metri, che si sono spinte fino a 5 km nell’entroterra.
- La popolazione nel 2010 contava 164˙294 persone. Di queste, 29˙000 hanno perso la casa. 56˙000 edifici sono stati danneggiati. Son morte più di 3˙700 persone.
- L’80% delle case nell’area portuale sono state distrutte.
- Il 46% della città è stato inondato.
- Molte scuole sono state distrutte (senza menzionare l’enorme perdita umana).
- Il terremoto ha abbassato parti della città fino ad 1,2 metri e creato nuove zone di inondazioni durante l’alta marea.
In altre parole, una distruzione che quasi non si può immaginare. Il 27 gennaio 2014, tre anni più tardi, il quotidiano inglese The Guardian scrive, nell’articolo Ishinomaki: new communities rise from tsunami’s devastating divisons [2]:
È solo quando la si guarda da una collina vicina che diventa evidente la reale portata delle distruzioni provocate a Ishinomaki, nella prefettura di Miyagi. Il centro della città non esiste più. Tutto ciò che è rimasto è una striscia enorme di terreno pianeggiante, ridotta in macerie…
Ora, ecco una domanda: dareste priorità alla costruzione della nuova struttura olimpica a Tokyo oppure preferireste far tornare Ishinomaki a condizioni di quasi normalità?
Anche se la risposta del Governo giapponese al disastro naturale è stata rapida –con la promessa di un’enorme somma di denaro contante – allo stesso tempo sta finanziando anche la costruzione dei giochi olimpici.
La MMT ci dice che si possono fare entrambe le cose, giusto? Sì e no. Si può certamente finanziare sia la ricostruzione sia la costruzione dei Giochi Olimpici, nessun problema.
Tuttavia, non si possono mettere risorse reali (lavoro e capitale) a disposizione di entrambe le attività se la disponibilità di tali risorse non è sufficiente. I limiti alla disponibilità di risorse reali pongono un vincolo a ciò che un Governo che emette valuta [propria] può fare, non sussistono limiti finanziari intrinseci.
Il problema è che le scelte di politica pubblica sono guidate dai mitici limiti finanziari, spesso volontariamente auto-imposti, e ciò preclude che vengano prese decisioni ragionevoli.
In Australia, ieri ho sottolineato come il Governo australiano stia tagliando la retribuzione reale del personale delle forze di difesa nello stesso momento in cui sta chiedendo loro di esporsi a situazioni che mettono a rischio la loro vita, il tutto perché crede sia desiderabile realizzare un avanzo di bilancio. E attualmente l’economia australiana sta rallentando e la disoccupazione è in aumento. Incomprensibile.
L’interessante Special Report: Tsunami evacuees caught in $30 billion Japan money trap [3] di Reuters del 30 ottobre 2014 ci informa che, dei 50 miliardi di dollari USA allocati dal governo giapponese per la ricostruzione:
“Trenta miliardi di dollari stanziati per finanziare strade, ponti e migliaia di nuove case nelle aree devastate dallo tsunami in Giappone tre anni e mezzo fa giacciono in banca non spesi… I fondi governativi giapponesi allocati in bilancio per la ricostruzione e trasferiti alle amministrazioni locali sono bloccati nelle banche di tutto il nordest devastato dallo tsunami… Il Governo centrale ha erogato direttamente più di 50 miliardi di dollari alle amministrazioni locali delle prefetture di Miyagi, Iwate e Fukushima, le aree più duramente colpite dal disastro, ma circa il 60% di tali risorse rimane nei depositi bancari della regione.
Ishinomaki, città con più di 3˙700 morti a causa dello tsunami (il maggior numero di vittime tra tutte le città coinvolte nel disastro), è stata profondamente colpita dalla paralisi dei fondi. L’area portuale, dove 56˙000 edifici sono stati danneggiati, è stata inondata di fondi per la ricostruzione, per un totale di circa 4,1 miliardi di dollari nel triennio successivo al disastro.
Ma quasi il 60% delle risorse (2,3 miliardi di dollari) rimane nei depositi bancari. E delle nuove case programmate per i quasi 25˙000 evacuati della città sono state completate meno del 5%.”
Note del Traduttore
1.^ Report Speciale: gli sfollati dello Tsunami caduti in una trappola monetaria di 30 miliardi di dollari
2.^ Ishinomaki: dalle devastanti divisioni dello tsunami nascono nuove comunità
3.^ Report Speciale: gli sfollati dello Tsunami caduti in una trappola monetaria di 30 miliardi di dollari
Originale pubblicato il 4 novembre 2014