Nonostante l’aumento dell’occupazione avuto a giugno, in generale, il recupero è stato il più lento nella storia del dopoguerra e 7,8 milioni di persone continuano a cercare lavoro senza successo.
Non c’è niente di inevitabile o naturale nella jobless recovery [1].
Che questa sia diventata la norma, è intenzionale. Le politiche fiscali e monetarie arrivano sempre troppo tardi, quando le recessioni sono già in atto. È impossibile fermare una valanga quando è partita, così come è impossibile invertire il [trend] della disoccupazione di massa nel mezzo di una crisi.
Ci sono modi migliori per stabilizzare il ciclo economico e prepararsi per la prossima recessione, pensando in anticipo a politiche di prevenzione e mitigazione.
Ad esempio, adesso potrebbe essere avviato volontariamente un piano federale di lavoro per i disoccupati, per offrire la garanzia di un impiego ad un salario minimo a persone e famiglie che ne abbiano bisogno. Bisogna pensarlo come ad una rete di protezione dell’occupazione: il programma sarebbe permanente ma i lavori sarebbero [lavori] di transizione. Sarebbe finanziato a livello federale, ma pianificato e gestito dalle amministrazioni locali o dalle imprese sociali o non-profit. Permetterebbe ai disoccupati di lavorare nei servizi di pubblica utilità in cui è necessario [lavorino], in progetti di green economy o di assistenza, e garantirebbe la formazione professionale che aiuterebbe la transizione delle persone tra gli occupati del settore privato.
Questa è una vera politica preventiva. Arresta il proliferare della disoccupazione mantenendo il pieno impiego nel lungo periodo. Soprattutto minimizza gli elevati costi diretti e indiretti della disoccupazione che la società e lo Stato già sostengono, inclusi gli elevati tassi di criminalità e di incarcerazione, i problemi di salute mentale e fisica, gli alti tassi di mortalità, il degrado urbano e i fermenti sociali e politici. L’attuale politica di tollerare qualsiasi tasso di disoccupazione involontaria, pagandone al contempo le conseguenze sociali ed economiche, è semplicemente troppo costosa. Un piano federale per il lavoro sarebbe molto più economico.
Sarebbe anche un efficace stabilizzatore anticiclico: l’investimento nel piano dovrebbe aumentare al presentarsi di una recessione (quando più persone sono disoccupate e ne hanno bisogno) e diminuire nel momento in cui la ripresa del settore privato portasse ad un aumento delle assunzioni.
Inoltre, gli americani sono fortemente favorevoli a programmi governativi per la creazione di posti di lavoro. Un imponente 72% è a favore di un programma di investimento infrastrutturale per l’assunzione dei disoccupati finanziato a livello federale, e la stessa percentuale sosterrebbe una legge federale che creasse più di un milione di nuovi posti di lavoro.
Ma se vogliamo essere pronti per la prossima recessione, il momento per attuare il piano di lavoro è questo.
Note del Traduttore
1.^ Jobless recovery: letteralmente “ripresa senza lavoro”, è quella situazione per cui in seguito ad una recessione l’economia di un Paese riprende a crescere ma non aggiunge posti di lavoro. Anzi, il tasso di disoccupazione tende a crescere ulteriormente, nonostante il prodotto interno lordo abbia ricominciato ad aumentare
Originale pubblicato l’11 luglio 2016
Traduzione a cura di Luca Giancristofaro, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo