Con valuta in regime di cambi fissi/convertibile la “base monetaria” non include i titoli di stato essendo tali obbligazioni dei diritti sulle riserve dello Stato (oro, valuta estera, etc) che sono parte del “risparmio nazionale” come definito.
Ad ogni modo, con l’attuale valuta in cambio fluttuante/non convertibile i titoli di stato (detenuti all’esterno del settore pubblico) sono logicamente aggiunte alla “base monetaria”, essendo il concetto di riduzione delle riserve del settore pubblico (di nuovo, oro, valute estere, etc) inapplicabile a una valuta non convertibile.
Vale a dire, con il sistema odierno a cambio fluttuante, io definisco la base monetaria come valuta in circolazione + le voci di bilancio in $ nei conti FED. E le voci in $ nei conti FED includono sia i “conti di riserva” che i “conti deposito” (titoli emessi dal Tesoro). E per me, inoltre, non è sbagliato includere ogni altro debito garantito dal settore pubblico, inclusi titoli emessi da agenzie federali, etc.
Ovvero, con una valuta fluttuante, la “base monetaria” può essere logicamente definita come il totale degli attivi finanziari netti nel settore non governativo.
(Notare per esempio che ciò significa che il QE non altera la base monetaria come così definito, il che inoltre combacia con l’osservazione che il QE nel contesto odierno è niente più che una tassa che rimuove il reddito di interesse dell’economia).
E la riduzione del deficit è la riduzione nell’incremento della base monetaria dell’economia, con i prevedibili effetti di rallentamento come noto.
Il punto di questo post è “ripensare” la spesa in deficit del settore pubblico andando dal “finire in mezzo ai debiti” come sarebbe con un regime a cambio fisso, all’ “incrementare base monetaria” come è il caso nel sistema a cambi fluttuanti in cui la spesa netta nel settore pubblico incrementa il possesso da parte dell’economia di passività pubbliche, dette anche “crediti fiscali”.
Originale pubblicato il 14 agosto 2013
Traduzione a cura di Daniele Basciu