Approfondimento

Il caos in Europa e il sistema monetario imperfetto (2ª parte)

Il caos in Europa e il sistema monetario imperfetto

La nuova macroeconomia dei consensi.

Perché la BCE non ha ritirato liquidità dalle banche tedesche (come ha fatto alla Grecia nel mese di giugno 2015) per aver deliberatamente violato le regole della zona euro?

Non è necessaria una risposta.

Il 14 marzo 2016, Barry Eichengreen e Charles Wyplosz hanno delineato le loro Condizioni minime per la sopravvivenza dell’euro.

All’inizio essi rifiutano il racconto mainstream, che vede nella creazione di un’unione politica per completare l’unione economica la via da seguire.

Essi ritengono che l’integrazione politica, se mai fosse possibile, richiederà un tempo molto più lungo di quello “necessario per la sopravvivenza dell’euro”.

Loro stimano che “probabilmente la crisi esistenziale dell’euro sarà risolta, in un modo o nell’altro, ben prima di raggiungere l’obiettivo politico”.

La mia ricerca sarebbe d’accordo con questa valutazione.

Nel mio ultimo libro, Eurozone Dystopia: Groupthink and Denial on a Grand Scale [1] (pubblicato nel maggio 2015), ho descritto diversi modi in cui la zona euro potrebbe sopravvivere.

Un modo potrebbe essere quello di creare un vero e proprio sistema federale, come quello che abbiamo in Australia o che troviamo negli Stati Uniti.

Le principali armi della politica e le capacità del governo federale (cioè il Tesoro e le funzioni della banca centrale) sono allineate al livello corretto, il che significa che il governo nazionale eletto ha autorità legislativa sulla banca centrale.

Il Governo nazionale, in tal modo, ha sempre la capacità finanziaria con cui rimediare agli effetti che conseguono da una spesa asimmetrica nell’ambito territoriale di sua competenza.

Le regioni del sistema federale escludono, più o meno, che i trasferimenti redistributivi tra di loro saranno gestiti al fine di soddisfare gli obiettivi nazionali dal governo federale.

Le persone in queste regioni si identificano con la “Nazione” nel suo insieme prima ancora che come appartenenti alla regione. Non molto tempo fa, ho chiesto a due amici europei con quale identità regionale si presentassero, e la risposta è stata: olandese e italiana. Non europea. Mi hanno posto la stessa domanda; ovviamente, ho risposto australiano (non lo Stato in cui sono nato o lo Stato in cui vivo principalmente).

Questo è molto significativo.

L'”Europa” non c’è davvero. Il primo decennio dell’UME [2] ha visto gli Stati membri crescere per proprio conto, nonostante tutte le analisi degli anni ’90 del secolo scorso secondo cui l’unione monetaria avrebbe portato alla convergenza economica.

Il grafico qui sopra ci mostra quanto sia minima la convergenza.

Attualmente, in sostanza, a dominare è l’ideologia fiscale tedesca, che di certo è estrema. Ma, come Eichengreen e Wyplosz notano nel loro articolo, “Gli Stati membri dell’UE hanno preferenze profondamente diverse in materia di politica fiscale”.

Gli Stati membri dell’UE hanno atteggiamenti molto diversi nei confronti della politica sociale, della politica culturale e di altri aspetti che influenzano il loro atteggiamento nei confronti di ciò che si aspettano dai loro Governi nazionali.

Con la moneta unica, queste differenze vengono soppresse dalle ferree leggi stabilite dalla Germania. In molti Stati membri, le conseguenze sono state disoccupazione di massa ed instabilità sociale.

Tuttavia i Tedeschi hanno una particolare maniera culturale di assimilare i risultati economici e di tollerare la soppressione dei salari reali, l’aumento dei tassi di povertà e tutto il resto. La capacità tedesca di accogliere l’austerity è del tutto eccezionale (e lo intendo in senso atipico, piuttosto che in senso lato).

Anche la macchina industriale tedesca è senza pari – ancora una volta, atipica.

Né i valori sociali né il modello basato sulle esportazioni, che definisce la Germania moderna, possono eventualmente rappresentare un modello da seguire per gli altri Paesi.

Quindi, senza la macchina industriale, l’austerità diventa intollerabile e genera instabilità sociale, depressione e altre malattie psicologiche (con elevati tassi di suicidio) e [cresce] la probabilità che emergano comportamenti ed atteggiamenti estremi.

Nessuna unione politica sarà sufficiente a correggere i drammatici difetti progettuali generati dal Trattato di Maastricht.

Di conseguenza, io continuo ad essere un sostenitore di un ordinato smantellamento dell’unione monetaria e del ripristino della sovranità monetaria nazionale a livello di [ogni] Stato membro.
Come ho descritto nel mio libro sull’Eurozona, se Bruxelles non può accettare un tale processo di riforma (io uso [il termine] riforma per indicare un miglioramento), allora i cittadini dei singoli Stati membri dovrebbero esigere dai loro Governi di uscire unilateralmente dal disastroso sistema. Nel libro ho fornito un modello per una strategia del genere.

Anche se Eichengreen e Wyplosz sono d’accordo (pare) sull’impossibilità di un’unione politica significativa, pensano ancora che la zona euro possa essere salvata se fossero soddisfatte quattro condizioni minime:

1. “una normale banca centrale in grado di perseguire un obiettivo d’inflazione flessibile e di sostenere i mercati finanziari, proteggendo così la zona euro dalle crisi che potenzialmente si autoinfligge”.

Essi concludono che la BCE sostanzialmente non ha svolto “queste funzioni” ed elencano vari fallimenti, tra cui l’aumento degli interessi nel 2008 e nel 2011, le minacce “di porre fine all’assistenza attraverso la concessione di liquidità d’emergenza all’Irlanda nel 2010 – a meno che il suo Governo non si fosse impegnato in un piano di salvataggio e non avesse concordato un programma di austerità e di ricapitalizzazione bancaria” – e il disastroso fallimento nel dare “assistenza con liquidità alla Grecia nel 2015”.

In questi ultimi casi, la BCE ha agito più come un ricattatore che come una banca centrale responsabile.

I Tedeschi, comunque, non accetteranno mai che la BCE operi come una vera banca centrale e supporti le posizioni fiscali richieste dagli Stati membri.

2. “Una seconda condizione minima per la sopravvivenza dell’euro è il completamento dell’unione bancaria europea”. Ho evidenziato prima che la recente politica bancaria è un disastro.
La Germania ha obbligato gli altri Stati membri ad evitare la creazione di un sistema comune di garanzia bancaria. Allo stesso tempo, gli Stati membri, dato che non hanno la capacità di emettere valuta, non sono in grado di salvare le proprie banche qualora fosse necessario.

In altre parole, non ci sono vere e proprie tutele che evitino un grave collasso bancario. Un semplice schema di garanzia “federale” sarebbe stato sufficiente, se sostenuto dalla capacità di emissione di valuta della BCE.

È un ponte troppo distante per la zona euro (vittima di bullismo da parte della Germania), quindi la situazione resta cronicamente a rischio. Sono stati fatti davvero pochi progressi negli 8 anni di crisi.

Eichengreen e Wyplosz dicono che:

Alcuni Paesi, in particolare la Germania, si preoccupano del fatto che gli altri Paesi membri tenderanno ad andare ancora più a fondo (come esempio, i commentatori tedeschi citano regolarmente la Grecia). Rifiutano la mutualizzazione dell’assicurazione dei depositi, che costituirebbe un trasferimento fiscale de facto. La risposta è suddivisa in tre parti. In primo luogo, la stabilità del sistema bancario è un bene pubblico prezioso assoggettato ad un aumento sufficiente dei rendimenti, tale da garantire la centralizzazione della funzione di assicurazione dei depositi [3]. In secondo luogo, tutti gli Stati membri, non ultima la Grecia, sono tenuti ad implementare le nuove regole di risoluzione dell’unione bancaria per limitare la responsabilità dei contribuenti. In terzo luogo, si tratta di una mutualizzazione limitata e specifica dei poteri fiscali mirata ad uno specifico problema finanziario intimamente connesso con l’unione monetaria, non della completa centralizzazione del controllo fiscale a livello dell’UE o dell’Eurozona.

L’unico modo per ripristinare la sicurezza bancaria è che gli Stati membri recuperino la capacità fiscale necessaria a salvaguardare i depositi. Questo non accadrà, pertanto le banche rimangono centri di rischio e di instabilità.

3. Per “rinazionalizzare la politica fiscale … La storia di fantasia secondo cui la politica fiscale può essere centralizzata dovrebbe essere abbandonata, e la zona euro dovrebbe riconoscere che, dopo aver abbandonato le politiche monetarie nazionali, il controllo nazionale della politica fiscale è ancora più importante per la stabilizzazione.”
Scrivono che “l’unione monetaria senza unione fiscale non funziona”. Tutte le cosiddette “riforme” [messe in atto] da quando c’è la crisi (le modifiche al Patto di Stabilità, il Six Pack, il Two Pack, ecc.) hanno fallito.

Eichengreen e Wyplosz dicono che:

L’unica cosa che queste misure hanno in comune è che non funzionano.

Essi riconoscono che “gli Stati membri dell’UE hanno preferenze in materia di politica fiscale profondamente diverse. Essi sono riluttanti a mutualizzare il gettito fiscale o a delegare alla Commissione e al Parlamento europeo le decisioni sulle politiche fiscali nazionali”.

Tuttavia, essi in realtà non ci dicono come dovrebbe funzionare, considerando il fatto che gli Stati membri non hanno la capacità di emissione di valuta che consentirebbe loro di supportare grandi deficit qualora fossero necessari.

Infatti, essi suggeriscono che i Governi degli Stati membri dovrebbero essere limitati nelle loro decisioni di spesa dalla “disciplina di mercato”, che in realtà non risolve nulla. Lo dico perché i mercati sono abbastanza intelligenti da capire che ogni Stato membro comporta un rischio di credito su ogni debito che emette, cosa che limita la scala d’azione.

Abbiamo già visto nel 2010 il modo in cui i mercati obbligazionari valutano il rischio di credito – Grecia, Portogallo, quindi dell’Italia – improvvisamente hanno sperimentato rapidi aumenti dei rendimenti da offrire sul proprio debito, che, senza l’intervento della BCE, avrebbero mandato ciascuno di loro in bancarotta.

È molto probabile che i limiti di sopportazione degli investitori obbligazionari privati ‌‌abbiano un effetto sui livelli di deficit, che non sarebbero sufficienti a stabilizzare efficacemente la crescita economica e i livelli occupazionali nel caso di un duro collasso della spesa privata (analogamente alla crisi finanziaria globale, CFG).

4. “L’eliminazione … [del debito pubblico] … in eccesso è … la nostra quarta condizione necessaria per la sopravvivenza della moneta unica”. Gli autori raccomandano, per tale ristrutturazione del debito, un “approccio onnicomprensivo coordinato a livello centrale”.

Cosa significa?

In sostanza, la BCE deve solo cancellare tutto il debito pubblico pendente ed usare la sua capacità di emissione di valuta per finanziare i deficit di bilancio necessari a ristabilire e sostenere la crescita.

Vi prego di leggere il mio blog OMF – paranoia for many but a solution for all [4] per un’ulteriore discussione su questo punto.

La BCE ritiene che i tassi d’interesse negativi e l’alleggerimento quantitativo siano sufficienti a compiere il suo ruolo di emettitore di valuta. È profondamente errato.

Vi prego di leggere il mio blog The ECB could stand on its head and not have much impact [5] per un’ulteriore discussione su questo punto.

Il problema è che i Tedeschi non permetteranno mai alla BCE di svolgere il ruolo che dovrebbe giocare in quanto emettitore della valuta. Il risultato saranno una stagnazione ed una deflazione persistenti.

La risposta tedesca è esemplificata nel rapporto Causes of the Eurozone Crisis: A nuanced view [6], che vuole introdurre quello che chiamano “Maastricht 2.0”.

Si veda anche Consequences of the Greek Crisis for a More Stable Euro Area: Special Report [7], pubblicato nel luglio 2015 dal Consiglio Tedesco degli Esperti Economici.

Vi farà piangere!

Propongono due possibili percorsi:

Primo, “Il trasferimento della sovranità fiscale ed economica a livello europeo e, contemporaneamente, la completa assunzione di una responsabilità congiunta da parte dei partner europei”.

Ma questa “autorità decisionale centrale” avrebbe “il potere di imporre aumenti fiscali, tagli alla spesa e riforme strutturali” in ciascuno Stato membro.

Per le stesse ragioni, come ho sottolineato sopra, essi rifiutano questa opzione.

Concludono dicendo che “è molto improbabile che un trasferimento della sovranità fiscale ed economica a livello europeo legittimato in maniera democratica si realizzerà a breve.

Qualsiasi implementazione parziale di questa opzione, tuttavia, con un sostanziale controllo nazionale residuo vis-à-vis, sarebbe lo scenario peggiore di tutti”.

Quindi, come seconda [opzione] propongono:

Continuare con la sovranità nazionale in materia di politica fiscale ed economica, escludendo qualsiasi responsabilità congiunta sul debito pubblico.

Ciò significa l’applicazione della clausola di non-salvataggio.

E questo richiederebbe, nella loro visione, che:

1. Gli Stati membri dovrebbero “sopportare le conseguenze di politiche fiscali insostenibili”, il che significa, in assenza di un aumento del deficit, che un aumento della disoccupazione e della povertà fungerebbero da riserve di aggiustamento [del sistema].

Una posizione contraria agli interessi di un popolo.

2. “La politica fiscale nazionale è monitorata sulla base di regole fiscali comuni definite dal Patto di Stabilità e Crescita e le violazioni sono sanzionate severamente”.

Così la Germania potrebbe continuare a realizzare questi elevati surplus delle partite correnti, ma uno Stato membro subirebbe la sorveglianza e le interferenze da parte dei tecnocrati di Bruxelles (e di Francoforte e di Washington) se osasse incorrere in deficit sufficienti a far calare la disoccupazione nel caso di un dannoso shock della spesa (importato, come nel caso della CFG).

3. “I freni al debito pubblico e il loro monitoraggio prevengono l’accumulo di un debito pubblico eccessivo”. Dunque la restrizione al deficit di bilancio e la spinta al surplus di bilancio, la cui immagine è la tendenza ad un maggiore indebitamento privato, sono considerate appropriate.

Questo, più o meno, riassume la posizione tedesca. Si tratta di un modello insostenibile per la sopravvivenza dell’Eurozona.

Anche Eichengreen e Wyplosz sarebbero d’accordo.

Conclusione

L’Eurozona continuerà a sopravvivere solo finché i diritti democratici sono soppressi e la BCE ricatta il Governo dello Stato membro che vuole uscire dal modello dell’austerità.

La stagnazione e la dislocazione sociale che seguiranno non possono costituire un modello per una società stabile in alcuno Stato membro.

Stiamo vedendo la disfunzione ogni giorno – a volte sono in aumento le persone che si suicidano, altre volte saltano in aria nei terminal aeroportuali.

 

Note del Traduttore

1.^ La distopia dell’Eurozona: pensiero di gruppo e rifiuto su larga scala

2.^ UME: Unione Monetaria Europea

3.^ La frase originale, di dubbia interpretazione, è: “First, banking stability is a valuable public good subject to sufficiently increasing returns that centralisation of the deposit-insurance function is warranted.”

4.^ OMF – Paranoia per molti ma una soluzione per tutti

5.^ La BCE potrebbe stare in piedi sulla sua testa e non avvertire molto l’impatto

6.^ Le cause della Crisi dell’Eurozona: Una visione sfumata

7.^ Le Conseguenze della crisi greca per un’Area euro più stabile: Relazione speciale

 

Originale pubblicato il 23 marzo 2016

Traduzione a cura di Daniela Corda, Supervisione di Andrea Sorrentino


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