Introduzione
In questi ultimi mesi e anni la Banca Centrale Europea ha messo in campo una lunga serie di interventi di politica monetaria volti ad abbassare i tassi di interesse. L’intento? Favorire un’espansione del credito bancario, che rimettesse in moto gli investimenti e la domanda, portando l’inflazione verso il target del 2%.
Tutti gli strumenti utilizzati dalla BCE fanno capo ad un principio: inondare gli istituti di credito di liquidità, tramite prestiti o acquisti di attività, porterà tali istituti a riversare la stessa nel circuito economico, stimolando gli investimenti e la crescita.
Sembrerebbe un ragionamento ineccepibile, ma tale sembianza superficiale non è sufficiente a comprendere le vere criticità delle operazioni monetarie di una banca centrale: serve una conoscenza più approfondita di come funziona un sistema monetario moderno. Offriamo qui, pertanto, un’analisi che va oltre le considerazioni generiche. Si tratta di capire come è fatto il sistema bancario.
Il sistema bancario
Al centro del sistema, la Banca Centrale è l’unico emettitore della valuta. In quanto tale, essa è il monopolista della valuta, che viene creata dal nulla nel momento in cui è accreditata sui conti di riserva delle banche commerciali. Le riserve, cioè “i soldi delle banche”, sono la “moneta vera”, l’unica utilizzata nel sistema interbancario dei pagamenti quando facciamo acquisti.
Le banche commerciali, che detengono le riserve presso la Banca Centrale, non sono abilitate ad emettere valuta: sono però abilitate ad emettere depositi bancari, cioè promesse. I depositi sono i nostri conti correnti, cioè la quasi totalità dei soldi che circolano nell’economia reale, e non sono la “moneta vera” utilizzata per i pagamenti, ma la promessa da parte della nostra banca di renderci, su richiesta, una certa quantità di “moneta vera” della Banca Centrale sotto forma di contante cartaceo. Nel momento in cui leggiamo €1000 sul nostro conto corrente, dobbiamo interpretare quel numero come la promessa da parte della banca di trasferire 1000 euro “veri” dal proprio conto di riserva alle nostre mani, in contanti.
Il fatto che i depositi siano solo una promessa è ben dimostrato dal fatto che, nel momento in cui una banca fallisse, parte dei conti correnti dei suoi clienti sparirebbe insieme ad essa: una banca fallisce quando non è più in grado di tener fede alle proprie promesse.
Ultimo appunto: i mutui. Quando una banca eroga un mutuo, essa non fa altro che emettere nuovi depositi, accreditando il conto corrente del cliente con promesse create dal nulla. Le banche non prestano “soldi propri”, cioè riserve, ma creano nuovi depositi all’occorrenza. Si consideri che questo non crea problemi dal punto di vista della disponibilità di riserve per effettuare i pagamenti, poiché la Banca Centrale offre prestiti in riserve per ogni necessità delle banche commerciali (Marginal lending facility). Il non concedere tale possibilità sarebbe una pericolosa scelta politica della Banca Centrale.
Conclusioni
Abbiamo ora gli elementi per dedurre quali siano gli effetti reali della politica monetaria della Banca Centrale Europea. Le misure prese dalla BCE seguono tutte modalità affini: l’immissione di riserve nei conti delle banche commerciali, a seguito di prestiti (LTRO, TLTRO) o acquisti di attività (Quantitative Easing).
Abbiamo quindi il monopolista della valuta che accredita i conti di riserva, creando soldi che resteranno sempre e solo nel circuito interbancario, fino a quando verranno restituiti al monopolista (cioè distrutti).
In tutto ciò, i nostri soldi, cioè i depositi, non sono minimamente interessati. Come abbiamo visto (e come confermato da Bank of England) le banche commerciali creano depositi per erogare credito, non usano le proprie riserve. È pertanto assurdo pensare che le banche possano riversare nell’economia reale le riserve ricevute dalla Banca Centrale.
Inoltre, economisti di alto calibro come Warren Mosler e L. Randall Wray hanno spiegato come anche l’abbassamento dei tassi d’interesse legato alle immissioni di riserve non porti alcun effetto benefico all’economia reale: da un lato “il cavallo non ha sete”, cioè la bassa domanda aggregata non invoglia certo le imprese ad investire nonostante i bassi tassi d’interesse, dall’altro ogni euro risparmiato a causa del calo dei tassi d’interesse corrisponde necessariamente ad un euro di mancato reddito per un altro agente economico. Ed anzi, essendo il settore privato un risparmiatore netto per l’esistenza dei titoli di Stato, l’effetto sulla domanda aggregata di una diminuzione dei tassi d’interesse potrebbe addirittura essere negativo.
La politica monetaria della Banca Centrale Europea risulta quindi inefficace nel perseguire i suoi obiettivi, e inadeguata nel suo proporsi come risposta alla crisi economica. L’unico strumento in grado di svolgere una funzione anti-ciclica di stimolo all’economia reale è il deficit pubblico, che immette ricchezza finanziaria netta nel settore privato, aumentando la spesa totale ed incentivando così gli investimenti. Solo abbattendo il mantra dell’austerità espansiva e recuperando gli adeguati strumenti di politica fiscale gli Stati europei potranno sperare in un futuro più roseo, che sarà invece lastricato di disperazione, se si mantenesse invariata l’attuale rotta della politica economica europea.
Articolo pubblicato su Caffè Graziani