L'Editoriale

A.A.A. Svendita in corso!

Nel mezzo del turbinio mediatico per Sanremo, Ucraina e nottate Renziane in Parlamento, si scorgono ancora notizie di svendita del nostro paese. È un po’ come nelle vecchie cantine, se si cerca bene in mezzo a tutte le cianfrusaglie messe davanti, qualcosa di interessante si trova sempre. Questa volta si parla della (S)vendita del cosiddetto “Colosseo quadrato” e si può leggere la notizia sul Corriere della Sera dove un acuto Alessandro Capponi dopo averci definito un popolo di (forse) debitori, fa notare che per questioni di cassa, la società Eur Spa potrebbe doverlo cedere.

Tralasciando le questioni relative ai recenti scandali romani, balzati agli onori di cronaca insieme al nome dell’ex-Sindaco Gianni Alemanno, questioni che avrebbero coinvolto anche l’amministrazione dell’Eur Spa, la domanda è un’altra: com’è possibile che con la lira si siano costruite opere simili, si sia fatta manutenzione per decenni (ricordiamo che l’opera risale agli anni ’30) e con l’euro invece si sia costretti a chiudere bottega?

Eppure a sentire gli eurofili la liretta non valeva nulla, con tutte quelle svalutazioni truffaldine che l’Italia attuava per invadere i mercati stranieri! Mentre l’EURONE così forte come mai ci fa andare a fondo? (Chissà, forse Draghi ha esagerato coi rubinetti del QE e adesso siamo annegati in una pioggia di denaro!). Non solo, pare che nell’Italia dell’euro-signoria la cultura non dia più da mangiare, sia un vezzo che non ci si possa permettere, salvo quella pseudo-cultura (detta all’americana “entertainement”) che “tira”, quella che fa cassa a breve e che permette di rispettare i vincoli dell’assurdo pareggio di bilancio. Ecco quindi che anche quest’opera, pare inutilizzata, sia stata affidata al gruppo Fendi (oggi potenziali acquirenti) col vincolo museale, cioè lo Stato si spoglia di una struttura-museo perché non riesce a gestirla e la concede ad un gruppo privato perché lo faccia. Beh, qualcuno obietterà: Fendi però ci mette i soldi e la tiene in piedi, la fa funzionare. Ebbene, anche l’Italia con la sua cara e vecchia lira la faceva funzionare, facendo DEFICIT; uno Stato con la propria moneta non ha bisogno di capitali privati, mai; può spendere tranquillamente nell’interesse pubblico, anche in quei settori che non fanno cassa come la cultura ma che rappresentano e contribuiscono allo sviluppo sociale di una comunità. Con l’euro invece no, si deve fare pari: spendo 100 e devo rimettere 100, a 101 mi cappotto e chiudo bottega anche se sono lo Stato. Questo pare un po’ il destino che attende non solo la cultura del nostro paese, bensì un po’ tutto il suo funzionamento: lo Stato non può far fronte perché si sforano i vincoli di bilancio? Privatizziamo! E quindi ospedali, acquedotti, scuole e servizi pubblici in generale, che lo Stato se ne liberi e li conceda ai privati che sono più bravi. Se poi qualcuno non ne ha accesso vuol dire che non lo merita, gli resterà pur sempre un sussidio o un reddito di cittadinanza per sopravvivere (forse) con l’essenziale, perché anche le cose più elementari alle quali siamo abituati diventeranno un lusso, con lo Stato che diventa sempre più una sovrastruttura burocratica inutile e talvolta dannosa perché non persegue più quello che è il suo unico obiettivo: il benessere pubblico. Una nota per l’autore dell’articolo: il problema non è essere debitori bensì esserlo in una moneta non nostra come l’euro che ci viene prestata e dobbiamo restituire fino all’ultimo centesimo; chissà forse per tenere il “Colosseo quadrato” venderemo il “vecchio” Colosseo o magari l’Altare della Patria, perché alla fine i conti devono sempre tornare. E occorre siano pari.


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