Sono spesso molteplici le cause di un grave incidente che concorrono a determinarlo. Nel caso dell’incidente ferroviario di Andria, già da ieri sono iniziate le prime comunicazioni difensive per dirottare le responsabilità. L’indice è stato puntato verso chi non ha saputo spendere i milioni di euro messi a disposizione dalla generosa Europa e sull’errore umano che, nella sua fatalità, assolve tutti eccetto il singolo che ha dato la comunicazione errata. Ma nei fatti abbiamo:
- Una società privata che gestisce una rete in concessione da cui deve trarre profitto e che investe solo nei settori da cui può aumentare il profitto.
- Una deroga alle procedure di sicurezza per far viaggiare i treni su una linea che, se fosse stata inserita nella rete gestita dallo Stato, sarebbe servita solo per far crescere margherite.
- Macchinisti costretti a viaggiare con macchine del 2016 con sistemi di sicurezza del 1916.
- Uno Stato che dice di voler investire nella rete ferroviaria ma che taglia i bilanci delle Regioni, che per far quadrare i conti danno le reti in concessione.
Uno Stato che persegue l’interesse pubblico sa capire fino a che punto il privato è bello e giusto. Ma soprattutto sa che, con la spesa in deficit, può creare quelle infrastrutture sicure e moderne anche per quei territori in cui il privato non investirebbe perché scarsamente profittevole.
Oggi è troppo tardi.
Ma non lo è per le prossime catastrofi che ci attendono a causa della folli politiche di austerità. Non lo è se lo Stato decide, da subito, di percorrere con le sue politiche economiche il binario dell’interesse pubblico, abbandonando il binario morto dell’austerità.